Avatar – La via dell’acqua : Recensione

Noi eravamo Pandora.

Cos’è il cinema? Il cinema è una locomotiva che si avventa a tutta velocità verso una platea, dove gli spettatori terrorizzati si danno alla fuga. Il cinema è l’illusione che diventa realtà. Cos’è quindi Avatar – La via dell’acqua? È un film che ci illuderà di vivere, amare e morire in un mondo che invece non esiste, inventato da James Cameron: Pandora.

Dopo tredici anni (dieci nel film) il regista, che firma anche la sceneggiatura insieme a Rick Jaffa e Amanda Silver, ci riporta su quel pianeta, vaso di tutte le meraviglie, così ricco da essere bersaglio inevitabile del saccheggio dell’uomo “bianco”, quello stesso che ha distrutto, avvelenato, esaurito l’habitat meraviglioso che ha avuto a disposizione. E quindi è passato a cercarne un altro, sempre incapace di imparare dai propri errori, anzi ben felice di ripeterli. Dieci anni dopo Jake e Neytiri hanno messo su famiglia, con ben tre figli, e hanno adottato Kiri (“nata” dall’avatar in coma di Sigourney Weaver) e Spider, figlio del ferocissimo Colonnello Quaritch, che ritroviamo clonato con altri suoi ex marines dentro il corpo di un Na’vi.

Al momento di fronteggiare una nuova minaccia, Jake e la sua famiglia si rifugiano sulla barriera corallina dove vivono i Metkayina, popolo dell’acqua. Lì affronteranno lo scontro finale, che sappiamo però non conclusivo (altri tre film sono in lavorazione). Storia semplice, come lo era in fondo quella originale, con la sua riproposizione della meccanica invasori americani vs nativi non meglio specificati, con l’insistenza sui temi ecologici.

La trama trasferisce quasi specularmente gli elementi della narrazione del primo film in questo secondo capitolo, gli oceani con la loro fauna e flora al posto della terra, delle foreste e degli animali che la abitano; invece che verso un minerale, l’avidità dell’uomo è mirata verso una sostanza che si trova nel mondo marino; al posto della difficile accettazione di Jake da parte del popolo Na’vi qui sarà lui e il suo gruppo di “mezzosangue” a subire una situazione da “profugo” che deve integrarsi con un altro popolo ospitante.

Avatar – La via dell’acqua
Scenari fiabeschi in cui immergersi totalmente.

I cattivi sono sempre tali, se il Colonnello Quaritch nel primo film era un militare di cieca ferocia, qui è un clone che dell’originale ha non solo la vecchia ferocia, la crudeltà, l’indifferenza e il disprezzo per il rispetto delle vite altrui, ma in più aggiunge la sete di vendetta contro colui che ha contribuito alla sua morte, tradendo la sua origine umana. Quanto al messaggio, è chiaro l’intento edificante della storia, l’invito (purtroppo sempre inascoltato, decennio dopo decennio) a vivere insieme e non contro la natura, a trarre insegnamento dagli errori compiuti prima che sia troppo tardi, al rispetto e all’integrazione. Sono temi scontati, si dirà, ma bisogna ammettere che si tratta di inviti rimasti tutti inascoltati e quindi ribadirli non può far male, anche per le nuove generazioni.

Resta che in un film come questo la trama è al servizio della parte visiva e ci deve portare a spasso per un mondo di stupefacente bellezza, ricostruito con una perfezione tecnica eccelsa, ma che in fondo è bello quanto quello vero, quando è al suo meglio, non fosse per le fantasiose variazioni su molte specie animali che gli artisti al lavoro per questo film si sono divertiti a ricreare. Per questo motivo consigliamo, raccomandiamo di vedere in film in 3D o addirittura in Imax, perché questa è la sua dimensione e sottrargliela vorrebbe dire mutilarlo irrimediabilmente.

Visto che il film non è visibile in 3D in lingua originale, per una volta recediamo dalla nostra solita posizione (consigliamo di vedere i film sempre nella lingua originale con sub e mai doppiati), pazienza per un doppiaggio a tratti poco convincente a favore della magnificenza visiva. Gli attori protagonisti non si vedono mai con le loro fattezze, come succedeva nel film precedente, recitano sempre in motion e performance capture, anche nelle molte scene subacquee. Colonna sonora di Simon Franglen, in cui echeggia il tema originale di James Horner, morto purtroppo nel 2015, mentre sui titoli di coda scorre la canzone di The Weeknd, Nothing Is Lost.

Se idealmente potessimo dividere il film in tre parti, diremmo che la prima è quella introduttiva, dove si riprendono le fila del discorso lasciato 13 anni fa, funzionale a introdurre la nuova narrazione. La parte centrale poi è quella dove si flettono i muscoli “tecnici”, dove si mostra e ancora si mostra nuovamente di quali meraviglie oggi sia capace la tecnologia, mentre si procede nel lento avvicinamento delle due parti in guerra, gli invasori e gli indigeni, Jack e la sua famiglia e Quaritch e il suo manipolo di assassini. E si arriva alla travolgente parte conclusiva, drammatica, emozionante, nonostante a spanne si intuisca come andrà a finire, eppure ugualmente avvincente.

Non c’è film di tale durata monstre che non avrebbe potuto essere più breve, ma qui la lunghezza eccessiva è da addebitarsi al desiderio di far immergere lo spettatore in un mondo davvero fiabesco, che batte alla grande film precedenti come Aquaman o Wakanda Forever, ogni paragone sarebbe ingeneroso. La Weta e Joe Letteri portano la finzione a un grado di realismo davvero magico, permettendoci l’immersione in mondi che non esistono e che se anche esistessero non potremmo vedere mai.

Cameron conferma la sua predilezione anche per i naufragi e in generale per il mondo subacqueo, oltre alla sua inclinazione politica, perché se il primo film sembrava una chiara metafora degli abusi degli invasori americani (che allora erano tutti profughi del resto del mondo ma in particolare europei) sulla popolazione dei nativi, qui il discorso si amplia anche a etnie diverse, sudamericane o delle isole del Pacifico (con un eco di Vietnam nella parte finale dello scontro). E non mancano le allusioni alle spietate e inutili stragi di cetacei che l’uomo continua ostinatamente a compiere. A chiudere il cerchio di un discorso ecologista che aggiunge all’appello per la difesa di terra e foreste, la richiesta di fare lo stesso con il mondo acquatico, dal quale noi proveniamo, di cui noi siamo fatti.

Avatar – La via dell’acqua
L’incanto della simbiosi.

Come Tom Cruise con il suo Maverick, che è riuscito nell’impresa di riportare in sala tanti spettatori, anche James Cameron con questa operazione si prefigge lo stesso scopo, perché Avatar 2 è un viaggio da fare assecondando la volontà del regista, della produzione, perché certi spettacoli vanno goduti solo fuori di casa, immersi totalmente nel mondo che con tanta cura è stato ricreato per noi. Che è la magia del cinema cui nessuno schermo casalingo potrà mai essere pari.

Tecnicamente diciamo che il film è girato in 48 fps (fotogrammi per secondo) in molte sequenze, in altre in 24 (come nello Hobbit di Peter Jackson o due film di Ang Lee, Billy Lynn e Gemini Man), scelta che però in alcune sale non sarà rispettata per problemi legati ai proiettori e alla loro luminosità (che il 48fps abbassa molto). Quindi i puristi o i pignoli si informino su come il film sarà proiettato nella sala prescelta. Ignorando il problema però, la visione resta ottima.

Abbiamo volato con i draghi del Popolo dell’aria, combattendo a fianco degli animali che Madre Natura ci aveva consegnato come alleati. Con il Popolo dell’acqua sfrecceremo fra le onde cristalline a cavallo dei destrieri Ilu (specie di elegantissimi plesiosauri) e dei più feroci Skimwig (un mix fra un lepisosteide e un pesce volante, muovendoci fra pesci dalle forme più fantasiose, combattendo a fianco di giganteschi cetacei, i Tulkun. Ogni creatura ha una sua ragion d’essere, anche la più strana, la più “mostruosa”, in un equilibrio virtuoso che non esclude conflitti e uccisioni (si uccide per mangiare, per vivere). Gli unici veri “mostri” siamo noi esseri umani, capaci di meraviglie tecnologiche sterili perché votate alla distruzione.

Avatar – La via dell’acqua
Dall’acqua veniamo….

Noi che il diverso lo annientiamo a priori, che uccidiamo in nome di uno sfruttamento selvaggio e indifferente, che non rispettiamo nulla in nome del nostro interesse immediato, incapaci di una strategia, di alzare l’occhio al domani, con lo sguardo stolidamente fisso sul momento, in nome della nostra suicida avidità. Tanto che importa, ci sarà sempre un altro popolo da sfruttare, altre risorse di cui impadronirsi, senza mutare nessuno dei nostri comportamenti predatori, egoisti. Fino a quando? Chissà, vedremo se James Cameron alla fine della sua saga saprà darci una risposta non convenzionale.

Scheda

Regia: James Cameron

Cast: Sam Worthington, Zoe Saldana, Sigourney Weaver, Stephen Lang, Kate Winslet, Cliff Curtis

Distribuzione: Fox

Genere: fantastico, avventura, azione

Pubblicato da Giuliana Molteni

Vado al cinema dalla metà degli anni ’50 e non ho mai smesso. Poi sono arrivate le serie tv.