La fine non è sempre una fine.
Esiste qualche evento più traumatico di un matrimonio? Argomento non originale si dirà, si penserà all’ennesima variazione su un tema super-sfruttato dal cinema, quello del Wedding Day, sia se visto dalla parte dei partecipanti, sposi, parenti e amici, sia da quella degli organizzatori, camerieri, addetti al catering. Tutti stressantissimi nell’impegno impossibile di evitare ogni intoppo tecnico. Ma gli intoppi umani si sa che sono ben più duri da superare.
E saranno quelli che provocheranno un effetto domino distruttivo nel trionfale (sulla carta) weekend organizzato dai genitori Giovanni e Giacomo per il matrimonio dei propri figli. Ma sarà davvero tutto così distrutto, alla fine, o qualcosa si può ricostruire sempre, se si ha il coraggio di cambiare?
Giovanni e Giacomo sono soci da 30 anni nella conduzione di una fabbrica di mobili in puro stile brianzolo. Esuberante ed entusiasta il primo, pignolo e ansioso il secondo, hanno cresciuto insieme i figli, Caterina ed Elio, che stanno per sposarsi, dopo una vita passata nella reciproca frequentazione. Nella splendida villa sul lago di Como convergono tutti, protagonisti e invitati, compresa l’ex moglie di Giovanni insieme al suo nuovo misterioso fidanzato Aldo.
Durante il weekend succederà di tutto, da ogni possibile incidente tecnico a ogni prevedibile regolamento di conti, inevitabile perché tutti i presunti equilibri si fondavano su ipocrisia o semplicemente sul famoso “quieto vivere”. Tutti dovranno accettare un cambiamento, guardando oltre la facciata dietro la quale fino a quel momento si erano trincerati. La sceneggiatura de Il grande giorno (prodotto da Medusa Film) è scritta dallo stesso regista Massimo Venier, dopo il riuscito esperimento di Odio l’estate, insieme al Trio e a Davide Lantieri e Michele Pellegrini, anche per le musiche è stato chiamato nuovamente Brunori Sas.
La storia concede il necessario spazio a gag e situazioni grottesche, sempre condotto però con sobrietà, con quell’aderenza a varie realtà nei rapporti umani che la rende sempre plausibile, ance se non originalissima. E tutti i personaggi sono ben tratteggiati, con tenerezza e un’ombra di malinconia, mentre, volenti o nolenti, andranno incontro a un’evoluzione necessaria. Con una vena di amarezza che però non esclude il ravvedimento operoso, basta aprire gli occhi, trovare il coraggio e smettere di fingere.
Quanto al Trio, le loro meccaniche sono quelle di sempre: Giovanni e Giacomo, i pragmatici borghesi lombardi, e Aldo, il “terùn” che dal suo Sud porta scompiglio nell’aridità conservatrice dei “nordici”. Gioco sul quale si è fondato il consenso che ha sempre seguito i tre attori, in anni in cui l’isterismo del politicamente corretto non era ancora dilagato (oggi anche dire “terrone” fa sobbalzare le anime pie). Ben scelti però tutti gli attori che li circondano, specie il terzetto femminile delle mogli.
Il Trio si può permettere di replicare all’infinito ogni witz, ogni sfumatura del loro rapporto, un’interazione che dura da quasi 30 anni, che il pubblico conosce a memoria, per cui quasi anticipa ridendo quanto poi accadrà sullo schermo. Ma queste loro meccaniche, questi punti fermi del loro stile negli ultimi due film (compreso Una boccata d’aria, “a solo” di Aldo) hanno una sfumatura più adulta, perché tanta vita è passata anche per loro.
Mano a mano che si procede nel tempo, privato e professionale, che l’età e le esperienze aumentano, di cosa da ridere ce ne sono sempre, ma si affrontano con spirito diverso e in modo diverso se ne ride. E si sa che la fine può essere lieta o malinconica, ma fine vera magari non è, è solo un andare avanti accettando una direzione diversa. Fino alla fine vera, ovviamente, ma quello è un altro discorso.
Scheda tecnica
Regia: Massimo Venier
Cast: Aldo, Giovanni e Giacomo
Distribuzione: Medusa Film
Genere: commedia