Challengers è il nuovo film di Luca Guadagnino, una commedia su un triangolo amoroso in ambito tennistico, un melò privo però dell’intensità dei suoi ultimi lavori.
Sono giovani, belli (lei più di loro), magri, atletici, sono delle promesse in campo tennistico, si amano fra loro, con diverse angolazioni, hanno successo (non sempre), sono ricchi (non tutti).
Si conoscono diciottenni, si sfidano e affrontano, chi sul campo da tennis, chi in camera da letto, si scelgono e vanno avanti a vivere in base a quelle scelte. Tredici anni dopo si ritrovano tutti e tre, in diversa situazione esistenziale, in un’occasione da cui dipenderà il loro futuro, come sportivi, come persone.
Tashi (Zendaya) era ed è ambiziosissima, ma un incidente l’aveva fermata. In qualche modo si è dovuta rifare. E circuisce, la perfida, il biondino Art (Mike Faist, il più debole dei due, anche fisiognomicamente), facendosi sposare e diventando la sua implacabile coach.
L’altro, Patrick (Josh O’Connor) si lascia andare, perde tante occasioni, in fondo vorrebbe di nuovo lei (o lui?). Nel corso di un eccessivo e frammentato andirivieni nell’arco di 13 anni (oggi, ieri, l’altro ieri, stamattina, ieri pomeriggio, avanti e indietro come la pallina sulla rete mediana), si arriverà al redde rationem.
Lei e uno di loro due.
Citando film e libri, si usa parlare di scherzi del cuore, di incroci del cuore, si dice “ và dove ti porta il cuore”. Sarebbe bene intendersi su quale sia l’organo preposto a comandare in certe situazioni.
Qui il “e io tra di voi” citato anche con la nota canzone anni ‘70 di Patty Pravo, Pensiero stupendo, se inizialmente fa da tramite, poi divide e poi chissà. E chi credeva di manipolare, forse resterà con un palmo di naso. Ma sono letture che ciascuno darà di un finale lasciato volutamente ambiguo.
Zendaya, vista di recente in Dune 2 in un ruolo di diverso spessore, è una che il triangolo non lo aveva considerato o (peggio) ha pensato di gestirlo a modo suo. Lei è l’ago della bilancia che inclina ora da un lato ora da un altro, a seconda del peso sul piatto, come il suo sguardo che segue le traiettorie della pallina, destra sinistra, sinistra destra.
E lei tra di loro.
Come attrice è il punto di richiamo per il mercato internazionale. Mike Faist (visto ma non notato nel West Side Story di Spielberg) è lo stressato Art, Patrick è bene affidato a Josh O’Connor, il migliore, quello meno figurina, più carnale e umano (classe 1990, carriera più lunga, è stato Carlo in The Crown).
La colonna sonora con bpm da sfilata di moda di Dolce e Gabbana è una “disco” di lusso inserita a spezzare le scene, quasi a tratti a sovrastare il parlato, opera della mitica abbinata Trent Reznor/Atticus Ross, ex Nine Inch Nails.
Luca Guadagnino con Challengers (distribuito da Warner) torna al melò, questa volta in ambito sportivo (si concede qualche virtuosismo di regia, specie nel match finale), dopo tre film di diverso spessore, ma più coinvolgenti, Chiamami col tuo nome, Suspiria e Bones and All.
Lei e un altro di loro due.
Challengers è una commedia troppo diluita (due ore e dieci, troppe) per raccontare una storia che oggi, anno di grazia 2024, ci rifiutiamo di considerare “audace”, dove due uomini e una donna si intrecciano amorosamente, alternando il ruolo di tentatrice/tentatore, traditore/ traditrice, tutti ugualmente poco simpatici, in una storia per niente coinvolgente, incapace di suscitare empatia.
Una storia che non parla di ciò che potrebbe sembrare, non solo di sesso o amore, non di sport, di amicizia o rivalità, vorrebbe parlare di vita, tout court, attraverso molte metafore anche eleganti. Ma ci riesce?
E se ci riesce, per quale, quanta parte del pubblico pagante lo farà? Al di là della capacità di Guadagnino di dirigere, di inquadrare, di trovare soluzioni scenografiche originali (che ormai è polemica ridicola che va lasciata agli haters a oltranza), è la storia che non appassiona (scritta da Justin Kuritzkes, giovane e lanciato drammaturgo americano e come tale, leggermente moralista) e alla lunga annoia.
Quando finalmente si arriva all’incontro fatale, in cui si giocherà non solo una coppa, ma il futuro dei tre, anche quel momento è eccessivamente dilatato (pur con i virtuosismi di cui sopra), mentre già dal gioco di sguardi, lo spettatore appena un po’ smaliziato prevede cosa accadrà.
Qualcuno si è fatto impressionare, scambiando una lingua fatta balenare durante qualche bacio per eros. Qualche scena di approccio sessuale in cui si vedono natiche nude (maschili, lei ha sempre il perizoma) per “soft porn”. Son tempi così, tocca rassegnarsi.
Scheda tecnica:
Regia: Luca Guadagnino
Cast: Zendaya, Josh O’Connor, Mike Faist
Distribuzione: Warner Bros.
Genere: commedia, drammatico