Dune Parte 2 – Recensione

Dune – Parte 2 è il secondo film con cui Denis Villeneuve sta traducendo per il cinema il famoso romanzo di Frank Herbert.

L’Imperatore della galassia aveva concesso al casato degli Atreides lo sfruttamento del pianeta Arrakis, detto Dune per la sua natura desertica, da dove viene estratta la “spezia”, una sostanza preziosissima che aumenta le capacità cerebrali e fisiche e consente di affrontare i viaggi interstellari.

Il pianeta, diventato un luogo di puro sfruttamento, è abitato dai Fremen, popolazione indigena di cui fino a quel momento non ha importato niente a nessuno.

Gli Atreides, nobile famiglia con un Re illuminato e generoso, arrivano dopo anni del dominio dei brutali Harkonnen, che non si rassegnano e organizzano una congiura per sterminare la famiglia e i suoi fedeli, con la collaborazione dei mostruosi mercenari Sardaukar.

Paul, il figlio, e l’amata madre, che appartiene alla casta della Bene Gesserit, specie di streghe/vestali dotate di poteri magici, sono costretti alla fuga nel deserto e trovano rifugio e protezione presso i Fremen.

Timothée Chalamet Zendaya

Un grande, difficile amore.

A causa delle doti speciali che Paul possiede, vista la sua ascendenza, i Fremen riconoscono in lui dei segni che lo fanno considerare il Messia a lungo atteso.

In questo secondo capitolo, che sarà seguito da un terzo, si sviluppa il percorso di Paul e anche quello della madre, entrambi destinati a fini diversi.

Paul non desidera (sa di non essere) il Messia che tanti Fremen vorrebbero, ma il suo destino in qualche modo è segnato e non potrà abbandonare una strada che sembra già scritta.

Florence Pugh

La tormentata figlia dell’Imperatore.

Nel gruppo che lo accoglie trova Chani, la ragazza che compariva da tempo nei suoi sogni premonitori e che lo affianca nel suo percorso di formazione, di preparazione.

Il film precedente si chiudeva con la prima uccisione di un essere umano da parte di Paul, la perdita dell’innocenza, il passaggio all’età adulta. E il processo di evoluzione del personaggio qui si compie, prova dopo prova, sacrificio dopo sacrificio.

Porterà il pallido principe che voleva solo essere il degno erede del suo amato padre, laico e saggio, a diventare il Messia di un popolo cui non appartiene, condottiero di eserciti costretto a stragi sanguinose, soverchiato da una profezia ancora più cupa. E da solo, perché in questo percorso, sarà costretto ad allontanarsi da chi più amava.

Zendaya

La sofferente guerriera interpretata da Zendaya.

Denis Villeneuve porta avanti la sua trasposizione del famoso romanzo scritto nel 1965 da Frank Herbert, primo del ciclo Dune, composto da altri cinque libri (ma ci sono anche due trilogie scritte dopo la sua morte dal figlio, insieme a Kevin J. Anderson).

In precedenza ne aveva tratto un film anche David Lynch nel 1984, già assai apprezzato dopo film come Eraserhead e The Elephant Man ma non ancora abbastanza potente da imporre un suo Director’s Cut, per cui il suo Dune era stato pesantemente rimaneggiato dal “padrino” Dino De Laurentiis.

Dune 2 dura 165 minuti (nessuna scena alla fine dei titoli di coda) e dopo un inizio capace di agganciare lo spettatore, si espande in una parte centrale un po’ troppo dettagliata, in cui si addentra nell’evoluzione di Paul, nelle sue sfide, fra i suoi incubi e le prove di iniziazione cui deve sottoporsi, mentre nasce il suo amore per Chani.

Timothée Chalamet

Timothée Chalamet nei panni del guerriero Fremen.

Intanto sullo sfondo continuano a svilupparsi gli intrighi degli Harkonnen, dell’Imperatore e delle Bene Gesserit. La parte conclusiva però, violenta e tesissima, ripaga della stasi precedente.

Nel film ci sono diverse sequenze memorabili: lo spettacolare assalto a un estrattore di spezie; la prima cavalcata di Paul su un verme della sabbia; il combattimento dello psicopatico Feyd, il nipote prediletto del Barone Harkonnen, che avviene in una gigantesca arena dalle architetture littorie; e tutta la parte finale, dallo scontro fra i due eserciti, al duello che contrappone Paul e Feyd.

Si confermano decisive le scelte del cast, vincente su tutte quella di Timothée Chalamet, per intensità e carisma, giovane uomo che si sta evolvendo dopo essere stato il gracile ragazzo in Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino, un giovanissimo alter ego di Woody Allen in Un giorno di pioggia a New York, un disperato cannibale in Bones and All e un lieve Willy Wonka nel film appena uscito. E qui in effetti conclude il film con un aspetto dolorosamente più adulto, in un trait d’union fra finzione e realtà.

austin butler

Austin Butler irriconoscibile nei panni dello psicopatico Feyd.

Sempre molto intensa Rebecca Ferguson, attrice vista negli ultimi Mission Impossible e nella bella serie tv Silo, che è la madre. Zendaya si espande nel suo ruolo di Chani, sempre vestita come una combattente del deserto e non certo come sulla passerella della première londinese.

Si fatica a indovinare Stellan Skarsgård sotto il trucco del mostruoso Barone, Dave Bautista è Rabban, lo spietato nipote, suo braccio destro, che sarà scalzato dal ben più pericoloso Feyd (un inquietante Austin Butler quasi irriconoscibile). Ritorna il leale Javier Bardem, il capo dei Fremen.

Ricompare l’icona Charlotte Rampling, nella parte della sacerdotessa delle Bene Gesserit, le vestali che “sussurrano” ai potenti, ma sempre nel proprio interesse. Torna anche un altro personaggio amato.

Timothée Chalamet Josh Brolin

Paul e uno dei personaggi del suo passato felice.

Come new entry abbiamo Christopher Walken che interpreta l’Imperatore, la riflessiva Florence Pugh è la figlia Irulan, che ritroveremo con maggiore peso nel terzo film. Léa Seydoux compare brevemente nel ruolo della Bene Gesserit personale di Feyd.

Si conferma anche la validità delle musiche di Hans Zimmer, davvero indispensabili, coinvolgenti nelle angoscianti scene di morte e distruzione, con un tema ricorrente che molto alla lontana ricorda la morriconiana armonica di La conquista del West, ma anche un bel tema d’amore.

Che arieggia poco però, perché Dune non è una storia d’amore, è una storia di potere e di morte. Cosa di diverso ci ha raccontato racconta Denis Villeneuve, lui regista di La donna che canta e due nerissimi film come Sicario e Prisoners, di altri due notevoli film di quella fantascienza più attenta ai risvolti umani che agli effetti speciali, Arrival e Blade Runner 2049?

Stellan Skarsgård

Stellan Skarsgård è il mostruoso Barone Harkonnen.

Villeneuve intende rimettere le cose a posto, con una sceneggiatura scritta da lui stesso, oltre che da Jon Spaihts (Prometheus e Prisoners). Perché davvero la versione di Lynch, se allora lasciava insoddisfatti, oggi proprio sembra un fumetto dai colori chiassosi, come un Flash Gordon che si prende troppo sul serio.

Villeneuve la sua visione ce la trasmette assai bene, restando molto più fedele al libro. La costruzione dei personaggi è approfondita, i loro legami ben articolati, la messa in scena è splendida.

Il “look” del film è del tutto in linea con lo stile del regista e con il gusto attuale, di sobria spettacolarità, di grande eleganza formale (da nominare il direttore della fotografia che è di nuovo Greig Fraser), a ricreare un mondo che di futuro fantascientifico non ha molto (e tutta la parte dedicata ai Fremen potrebbe essere ambientata nell’Afghanistan di oggi).

Dune parte 2

I mitici “vermoni” della sabbia.

Abbiamo avuto la grazia di vedere Dune 2 (prodotto come gli altri da Warner Bros) alla sala Energia del cinema Arcadia di Melzo, degna sede per un film che è vero, grande cinema e come tale non è immaginabile pensare di guardarlo in dimensioni più ridotte.

Se, parafrasando la famosa frase, il fine ultimo dello spettacolo è la meraviglia, la saga di Dune, sia il primo che questo secondo capitolo, è uno spettacolo per gli occhi e la mente, ma anche per il cuore.

Perché al di là delle tematiche ecologiste e anche politiche sottointese (la colonizzazione selvaggia, lo sfruttamento delle risorse altrui senza scrupoli), il film restituisce alla storia una sua drammaticità che è inevitabile definire shakespeariana.

javier Bardem

Javier Bardem è il leale capo dei Fremen.

C’era una volta un re con la sua amata regina e c’era un giovane e assennato principe ereditario, e c’erano dei malvagi che tramavano per portare via il loro regno, mai paghi delle loro già enormi ricchezze, mentre altri potenti facevano finta di non vedere.

E c’erano soldati leali e altri traditori, complotti e inganni, efferatezze e sofferenze. Così, più che per la lotta per il potere, per la crudeltà dei malvagi, per il fascino delle location di lontani deserti percorsi dai giganteschi vermi, per la grandiosità delle architetture, e per la fedeltà al romanzo, è per questo che Dune può coinvolgere ed emozionare di più.

Emoziona per la tragica evoluzione di Paul, un ragazzo che diventa brutalmente uomo, per le lacrime e il sangue che dovrà ancora versare, senza averlo né chiesto né voluto, per il suo destino che non ha mai cercato e su cui gravano solo cupi presagi, promessa di una vita che avrebbe meritato migliore.

Scheda tecnica:

Regia: Denis Villeneuve

Cast: Timothée Chalamet, Rebecca Ferguson, Zendaya, Josh Brolin, Javier Bardem, Dave Bautista, Florence Pugh, Austin Butler, Léa Seydoux, Souheila Yacoub, Christopher Walken, Stellan Skarsgård, Charlotte Rampling,

Distribuzione: Warner Bros.

Genere: avventura, fantastico, drammatico

Pubblicato da Giuliana Molteni

Vado al cinema dalla metà degli anni ’50 e non ho mai smesso. Poi sono arrivate le serie tv.