Babylon – Recensione      

Con il film Babylon, torna il regista Damien Chazelle, dopo il suo premiatissimo La La Land e dopo First Man – Il primo uomo.

Cos’è stata realmente Babilonia, nella storia? Mitica città della Mesopotamia, oggi Iraq, 1800/1700 anni prima di Cristo era la più grande città del mondo con la sua famosa torre, si favoleggiava creata dagli dei, decaduta nel primo millennio dopo Cristo: nel Nuovo Testamento viene utilizzata come metafora del Male.

La Babylon di cui ci racconta Damien Chazelle è la Hollywood dei suoi albori, a cavallo fra gli anni 20 e ’30, più Sodoma e Gomorra che Babilonia in effetti. Sulle colline di Los Angeles, Hollywood era il luogo nato per fare film, per creare sogni da rivendere alla popolazione, per dare speranza, per distrarre da un periodo storico drammatico. Era stato uno sviluppo travolgente, come un’esplosione pari a quella di un Big Bang, con una conseguente (e rapidissima) ricaduta dei frammenti appena scagliati nel firmamento.

Quei frammenti erano tutti coloro che in quell’esplosione si erano trovati coinvolti, che quel mondo avevano creato, in cui lavoravano, in cui avevano disperatamente cercato di entrare, anche se era un mondo spietato, classista, becero, sessista, razzista, il “politicamente corretto” era ben lontano.

Babylon si può raccontare come la storia di alcuni personaggi, vite che ci ricordano che come Icaro si può arrivare a volare vicino al sole, con il rischio però di rovinose cadute. Siamo ancora ai tempi del cinema muto, ma sull’orlo del cambiamento epocale che il sonoro porterà con sé, cambiando tecnologie, mestieri, attori (e Chazelle ci offre almeno un paio di sequenze memorabili a riguardo).

Babylon, Brad Pitt, Diego Calva
Il divo magnanimo che accoglie il poveraccio nel suo mondo.

Conosciamo il divo affermato Jack Conrad (Brad Pitt), dissoluto ma capace ancora di porsi degli interrogativi, conscio della follia dell’ambiente in cui si muove da padrone. Nel quale sgomitano per entrare Nellie LaRoy (Margot Robbie), aspirante attricetta sfrenata e spudorata, già troppi vizi sulle giovani spalle, eppure veramente capace; Manny (Diego Calva), povero immigrato messicano tuttofare, alla ricerca disperata del suo posto al sole, anche lui con una marcia in più; Sidney il trombettista jazz (Jodan Adepo), dotatissimo ma nero e quindi automaticamente emarginato, unico capace di darsi dei limiti.

Intorno una folla di addetti ai lavori, di altri attori, di amanti e amici, di padroni e servi. Fin dall’inizio, Chazelle mette in scena con un gusto visivo travolgente un ambiente fuori da ogni norma, con un party che è una specie di sabba infernale, un’orgia collettiva in cui si intrecciano per la prima volta i destini dei protagonisti. Che da lì in poi avranno problemi diversi: Jack dovrà cercare di mantenere il suo successo, gli altri tre quel successo lo scaleranno per poi ritrovarsi con lo stesso problema. Perché quando gli dei vogliono perdere un uomo, esaudiscono i suoi desideri.

Sovraccarico, quasi “elefantiaco” (non a caso è un elefante uno dei primi “personaggi” che entrano in scena), Babylon il film non è la cronaca degli scandali narrati da Kenneth Anger nel suo libro del 1979, anche se tanti di questi scandali li cita e tantissimi sono i personaggi veri adombrati in quelli del film.

Babylon Margot Robbie
Un sabba demonico o un semplice party a Hollywood/Babilonia?

Che fra gli altri mette in scena con diverso nome l’attore Fatty Arbuckle, il regista Von Stroheim, la giornalista “pettegola” Louella Parson. Solo uno, il mitico produttore Irving Thalberg (quello interpretato da De Niro nel film di Elia Kazan Gli ultimi fuochi), qui affidato a Max Minghella, conserva il suo nome. Si nomina anche l’odioso magnate Hearst. Ma non è tanto l’esagerata vicenda dei protagonisti il punto della narrazione.

Babylon è anche e forse soprattutto un film da “guardare”, che sommerge visivamente in più di un’occasione, grazie a fotografia, montaggio, coreografie delle masse di comparse, costumi, scenografie, musica. A questo proposito va sottolineata l’importanza della colonna sonora di Justin Hurwitz, a fianco di Chazelle dal 2009, che si impone all’attenzione, premiata giustamente con un Golden Globe, nella quale serpeggiano citazioni di Una notte sul Monte Calvo di Rimskij-Korsakov, la Cavalleria rusticana di Mascagni, il Tristano e Isotta di Wagner.

Inutile soffermarsi sul cast, prestazioni eccelse di Pitt e Robbie e una quantità sterminata di caratteristi eccezionali. E alla fine della frenetica cavalcata da 183 minuti (tanti, anche troppi), rifulge l’intento del regista, che nel finale ci fa arrivare fino al 1952 e a Singing in the Rain, con la carrellata sulla platea affollata di una sala cinematografica, e con la sequenza dove a velocità subliminale compaiono spezzoni di tanti film che sono entrati nella storia del cinema.

Babylon Jovan Adepo
Il trombettista che può fare ricorso solo alla sua arte.

Il cinema è un sogno di cui non possiamo fare a meno e più bello è il sogno e più a lungo vorremmo che durasse, che non finisse mai. Perché si fanno i film? Per diventare ricchi e famosi, liberi di levarsi ogni capriccio, anche il più perverso, per essere amati e adorati da folle di ammiratori? Per entrare nell’eternità, pensa Chazelle, per essere guardati, ricordati, anche quando da decenni saremo scomparsi.

E senza sapere né quando davvero inizierà la fama né quando finirà. Ma avremo fatto parte di un mondo magico, quello della settima arte, il cinema, capace di farci sorridere anche quando siamo disperati. Babylon, per il quale Paramount ha investito più di 100 milioni di dollari, è un film larger than screen e una volta che se ne individua la direzione, una volta che si seguono i fili narrativi, si avverte anche quando il film deraglia e perde tempo e confonde, quasi a rischio di sprecare quanto costruito in precedenza.

Questo forse a causa di una tendenza fra molti dotati giovani registi di successo, incapaci di darsi una misura. Barocco e sovraccarico, con le inquadrature spesso tanto stipate di personaggi e situazioni contemporaneamente, tanto da meritare una seconda visione, Babylon però non lascia indifferenti e i difetti sono ampiamente bilanciati dai pregi.

E Chazelle, a 32 già premiato con un Oscar per La La Land, sul filo conduttore dell’amato jazz, nel suo film mette dentro la sete di quel successo che cambierà la vita, la durezza dei sacrifici che chi vuole arrivare deve affrontare, le umiliazioni che deve subire, l’obbligo ai compromessi, la capacità di accettare o rifiutare il proprio fallimento, l’esaltazione della fugace gloria.

E compone un quadro ammaliante di tutto quel mondo lurido ma luccicante che il cinema stesso ha goduto a raccontarci, da Viale del tramonto ai film tratti dai romanzi di James Ellroy, ripreso nella serie tv di Ryan Murphy Hollywood e Feud e nella più recente Swimming With Sharks. Perché ciclicamente sembra che tutto cambi per non cambiare affatto, come la natura umana.

E mentre ondate continue di aspiranti appartenenti a quel magico mondo continuano ad arenarsi sulle spiagge di L. A. noi dall’altra parte dello schermo, continuiamo a guardare e a sognare.

Scheda tecnica

Regia: Damien Chazelle

Cast: Margot Robbie, Brad Pitt, Diego Calva, Eric Roberts, Tobey Maguire, Max Minghella, Jovan Adepo

Distribuzione: Eagle Pictures

Genere: drammatico

Pubblicato da Giuliana Molteni

Vado al cinema dalla metà degli anni ’50 e non ho mai smesso. Poi sono arrivate le serie tv.