La serie TV The Last Of Us, è la trasposizione riuscita del famoso videogame, arricchita da elementi che la rendono apprezzabile da più categorie di spettatori, appassionante e tragica.
C’è un’epidemia, un fungo o qualunque cosa atta a diffondere un contagio terribile, che provoca mutazioni, mostri e stragi bestiali.
Gli scienziati, come al solito inascoltati, ipotizzano prospettive drammatiche per il futuro che verrà. Questo è lo scenario da cui si sviluppa The Last of Us. E si dirà: ancora contagi e mutazioni e zombie? Ancora scenari post-apocalittici? Ma la serie TV di The Last of Us, distribuita su Sky Atlantic e da poco conclusa, ha saputo sorprenderci.
Si tratta dell’attesissima trasposizione del videogame sviluppato per Sony da Naughty Dog nel 2013 (già allora definito “un videogame bello come un film”), successo planetario e approvazione planetaria, in cui si racconta di un’umanità che a partire dal 2003 è devastata da un fungo, il Cordyceps, che rende gli infetti simili a zombi, di vario tipo in base all’evoluzione del contagio (ci sono i runner, i clicker, gli stalker e i bloater).
I sopravvissuti, costantemente decimati, si sono adattati come hanno potuto e in questa organizzazione hanno dato il loro meglio o il loro peggio, affidandosi a razionalità o superstizione, democrazia o autoritarismo, gestendo i pochi assembramenti in base ai vizi e alle virtù della vita precedente, con comportamenti a volte degeneri, a volte illuminati, con la brutalità, l’aggressività, l’inclinazione alla cieca vendetta e alla ferocia barbarica insite nella razza umana (siamo usciti dalle caverne da troppo poco tempo).
Nel prologo facciamo la conoscenza di alcuni personaggi, fra cui il protagonista, Joel, che ritroviamo poi vent’anni dopo, segnato da un lutto devastante, diventato un faccendiere di attività sporche ma che qualcuno deve pur fare, costretto per sopravvivenza a esporsi a rischi spaventosi che lo hanno reso letale, spietato, pragmaticamente insensibile.
La sua strada si incrocia con quella di Ellie, 14enne ragazzina vissuta sempre in una zona di quarantena, completamente all’oscuro di come sia il mondo fuori, di come fosse prima, polemica, aggressiva, insicura e impreparata. Ellie sembra essere immune al contagio, dal suo sangue forse si potrebbe ricavare un vaccino.
Joel la deve scortare in un luogo lontano dove esiste ancora una struttura in grado di eseguire la procedura. Dopo un inizio angoscioso, come riescono sempre ad esserlo le storie post-apocalittiche quando ci mostrano come tutto ha inizio, The Last of Us diventa la cronaca del loro viaggio.
Che si sviluppa da Boston verso Ovest in un vero e proprio on the road che, attraverso una raffigurazione da favola nera degli orrori, mostra un’umanità che sembra non aspettare altro che lasciarsi andare al Medioevo prossimo venturo.
Ci sarà anche spazio per gli scontri personali tra Joel ed Ellie, perché non potremmo immaginare una coppia peggio assortita, e per degli incontri potenzialmente mortali con creature infette o umani degenerati, tranne poche, luminose, a volte tragiche eccezioni.
Rare parentesi di effimera serenità, infatti, permettono di sopravvivere senza perdere del tutto l’umanità. Ma sono rare, appunto, in mezzo a perdite dolorose e ad abbandoni strazianti, e riescono ad avvincere e ad appassionare lo spettatore.
Il contesto horror, il virus, il contagio, i mostri agghiaccianti dai quali fuggire, da ammazzare, in questa trasposizione da gioco a serie tv sembrano quasi un pretesto per mettere in scena l’essere umano e la sua capacità di sopravvivere, di lottare sempre e comunque per la vita, senza arrendersi mai.
E la sua capacità di amare e per amore rischiare quel bene prezioso per cui ha tanto lottato; o, all’opposto, la sua capacità, in nome di quella sopravvivenza, di compiere ogni egoistico atto di violenza nei confronti dei propri simili, ciecamente, spesso autolesionisticamente.
Perché in questa narrazione il lato umano è molto forte rispetto ai pur angoscianti inseguimenti da parte dei velocissimi mutanti, agli agguati di inquietanti mostri e alle mire omicide degli umani sopravvissuti e imbarbariti. Senza dilungarci troppo per non togliere il piacere della sorpresa, The Las of Us si è rivelata una serie tv riuscita, apprezzabile anche da chi abbia amato il gioco, nonostante alcune variazioni non sempre necessarie, e da chi invece non sia appassionato di videogame.
Perché ha uno svolgimento che la sottrae alla banalità della solita ambientazione post-apocalittica, con una precisa scrittura dei personaggi e delle loro meccaniche, che rende credibile il graduale sviluppo del rapporto fra i due protagonisti, ma anche fra i personaggi minori.
La serie ha goduto di un’espansione narrativa che ha sacrificato alcuni personaggi interessanti, creandone altri invece inediti, e ridotto nella seconda parte gli scontri con le creature assassine (per limiti di budget, per mancanza di tempo o per scelta precisa?), senza però mai far calare la tensione. Molto suggestive le scenografie, bella la fotografia così come i titoli di testa e il tema musicale di Gustavo Santaolalla, già autore delle musiche del gioco.
Occasione della vita per la carriera di Pedro Pascal, dopo anni di gavetta e dopo la scarsa visibilità nella serie tv The Mandalorian, dove recita quasi sempre con un casco. Qui, nella sua evoluzione di Joel, è credibile e intenso. La giovane Bella Ramsey è una Ellie che si è rivelata ben scelta, nonostante le perplessità iniziali dovute alla sua diversità rispetto al modello originale, uno dei pilastri della serie.
Ottimo il cast di contorno che vede validi attori, tutte facce notissime per gli appassionati di cinema e serie tv, come Anna Torv, Nick Offerman, Murray Bartlett, Gabriel Luna, Melanie Lynskey, Graham Greene, Scott Shepherd e Ashley Johnson, solo per citarne alcuni.
Scrivono Neil Druckmann, uno degli autori del gioco, e Craig Mazin (due Scary Movie, due Una Notte da Leoni, la serie Chernobyl); nomi di livello anche fra i vari i registi, già al lavoro su serie tv (Craig Mazin, Peter Hoar, Jeremy Webb, Liza Johnson), film (Jasmila Zbanic e Ali Abbasi) e videogame (lo stesso Neil Druckmann). La serie prodotta da HBO si è rivelata un primato di ascolti e restiamo in impaziente attesa della seconda, annunciata stagione.
Negli anni il filone narrativo post-apocalittico ci ha dato molte soddisfazioni, in varie declinazioni, di libri, fumetti, film, serie tv e videogame. Ci piace spaventarci per minacce plausibili, convinti che tanto non succederà mai veramente (un brivido però ci ha colto all’inizio dell’epidemia del Covid, perché ricordava tante storie già lette, già viste).
Piacciono queste trame, perché per la maggior parte sono consolatorie e, tranne rare eccezioni, in fondo il meglio dell’uomo vince, sconfigge i suoi simili che si sono abbrutiti, riesce a schivare se non a distruggere l’eventuale causa dell’apocalisse (malattie, disastri naturali, creature mutate), e si avvia verso un futuro tutto da inventare, nel sole del tramonto.
The Las of Us, pur sfruttando ogni argomento già usato in anni di trattamenti cinematografici del tema, riesce a raccontare una storia che ha sfumature diverse e che fa riflettere, soprattutto nel bellissimo finale su cui sarebbe bene fermarsi a meditare a lungo, per tutte le sue implicazioni, come estrema dimostrazione della nostra assurda natura.
La conclusione ha infatti una sua sottigliezza psicologica che talvolta manca a certi blasonati film, per una storia bella e triste in cui l’essere umano nella sua perenne e intrinseca doppiezza, dà come sempre il suo peggio e il suo meglio. Riuscirà in questo modo a salvarsi? O soccomberà una volta di più? Forse un giorno succederà ma non ancora, non ancora… Molto significativo in tal senso è l’impiego di una delle più belle canzoni dei Depeche Mode, Never Let Me Down Again.
The Last of Us è una serie che si evolve come un contagio e in ciascuno attecchisce diversamente, toccando punti diversi del proprio cuore. Ci si può anche commuovere, e chi lo avrebbe mai detto per una serie tv tratta da un videogame post-apocalittico?
Scheda tecnica
Ideata da Craig Mazin, Neil Druckmann
Cast: Pedro Pascal, Bella Ramsey, Anna Torv, Nick Offerman, Murray Bartlett, Gabriel Luna, Melanie Lynskey, Lamar Johnson, Graham Greene, Scott Shepherd, Ashley Johnson
Distribuzione: Sky Atlantic
Genere: azione, drammatico, post-apocalittico