Puoi togliere un uomo dalla Frontiera, ma la Frontiera gli resterà dentro per sempre.
Arrivata alla sua quinta stagione, dall’esordio nel 2018, la serie tv Yellowstone, distribuita da Sky, conferma il suo indiscutibile successo, una serie che dimostra come stranamente il genere western, fallimentare su grande schermo, abbia invece raggiunto altissimo gradimento in tv.
Questo si deve non solo alla scrittura della serie, di cui parleremo più avanti, ma allo splendido cast che è stato scelto, su cui giganteggia Kevin Costner, che qui ha finalmente trovato il ruolo della sua vita matura (l’attore ha oggi 67 anni e faticava da tempo a trovare ruoli adatti alla sua fisicità, al suo carattere).
L’attore qui si è immerso in uno dei suoi ruoli prediletti, un uomo ancorato a valori di frontiera antichi, costretto a ricorrere a qualunque mezzo nel conflitto con un mondo che quei valori non li rispetta più (come in Open Range, il western da lui interpretato e diretto nel 2003). Ma ha un suo peso anche il fascino delle location, fiumi limpidi, montagne intatte e le sterminate praterie dove pascola il bestiame e galoppano cavalli e cowboy come se i secoli non fossero passati.
A sancire il successo dell’idea iniziale, Yellowstone ha generato un prequel, 1883, con un cast di facce note ma non notissime, come Isabel May, Sam Elliott, Tim McGraw e Faith Hill, in cui si narrava l’inizio dell’avventura dei Dutton nel Grande Paese, sempre sovrastati dalla tragedia. Adesso è in lavorazione 1923, con un cast nettamente più riconoscibile, Harrison Ford ed Helen Mirren, serie ambientata negli anni durissimi del proibizionismo e della Grande Depressione.
Lotte, sacrifici e sofferenze personali tutti tramandati all’interno della famiglia generazione dopo generazione, a giustificare il comprensibile odio attuale del patriarca latifondista verso chiunque tenti di violare i suoi confini, di ridurre il suo dominio, di cambiare le sue regole. C’è in lavorazione anche uno spin-off, intitolato 6666, ambientato ai giorni nostri in un ranch del Texas, il Four Sixes Ranch, il più grande negli States, fondato ai tempi delle guerre indiane. Tutta la serie è centrata sulla lotta di John Dutton contro gli speculatori che come avvoltoi calano dalle due coste sul suo Paradiso personale, contro gli affaristi locali che vogliono arricchirsi con la scusa (non del tutto infondata) di creare posti di lavoro.
Ma a che prezzo per l’ambiente? Lui, rude uomo d’altri tempi, allevatore che ancora recinta con il filo spinato il suo sterminato territorio, incalzato dai tempi d’oggi ma incapace di gestire la politica, rifiuta di smembrare i suoi possedimenti, stretto fra il Parco nazionale di Yellowstone e la locale riserva indiana. John vuole preservare il suo patrimonio, che però consiste non solo nei suoi beni finanziari (che anzi soffrono in questa contesa), ma proprio in quel luogo immenso e incontaminato. Il che lo renderà perplesso quando dovrà affrontare la contestazione di ambientalisti arrivati da contesti urbani che impediscono loro la comprensione degli equilibri locali.
Alcuni episodi nel corso delle stagioni sono proprio dedicati a momenti di svago e lavoro di queste comunità, la raccolta e le lente transumanze del bestiame, i rodeo in cui esibire le qualità dei cavalli, le feste intorno alla cerimonia della marchiatura, un mondo arcaico che sembra fermo all’800, non fosse per SUV e smartphone.
Dutton Senior, fallimentare nei rapporti umani, ha generato figli molto disturbati, che dopo la morte dell’amatissima madre hanno preso derive psicologiche distorte. Fra mille beghe anche feroci, si staglia il personaggio di una delle peggiori “cattive” della storia delle serie tv, la psicopatica, bipolare figlia Beth, da lui prediletta, avvocato e donna d’affari spietata, personaggio in cui l’attrice Kelly Reilly (Sherlock Holmes, True Detective) si diverte a dispiegare tutta la sua provocatoria avvenenza e la perfidia distruttrice derivate da una giovinezza senza regole.
Gli altri tre figli maschi (gli attori Luke Grimes, Wes Bentley, Dave Annable) sono per motivi diversi incapaci di portare avanti il suo lascito, quello per cui i Dutton hanno lottato per più di un secolo, perché schiacciati dalla figura paterna. Come spesso accade nelle famiglie dove un genitore è troppo dominante e rende impossibile per i figli replicare il suo modello.
Nel resto del cast si fa notare il cowboy ciecamente leale Cole Hauser, il capo indiano nonché businessman della riserva Gil Birmingham, mentre Josh Lucas è Costner da giovane. I vari avversari nel corso delle stagioni sono Danny Huston, Neal McDonough, Michael Nouri, Josh Holloway, Jacki Weaver, Will Patton. Il resto del cast è sempre all’altezza, anche per quanto riguarda il gruppo variopinto dei cowboy alle dipendenze di Dutton.
Yellowstone è un melò/western con il respiro di un film, con stupendi panorami e magnifici cappelli Stetson (appositamente realizzati per la serie svecchiando i vecchi modelli classici). Bella anche la sigla iniziale sulle note del tema scritto da Brian Tyler. Si tratta di una saga famigliare che va da Dinasty a Dallas, con il solito pizzico di “anche i ricchi piangono”, perché al popolo fa sempre piacere constatare che i soldi non fanno la felicità.
Ma a nobilitare tutta questa basica materia melodrammatica interviene Taylor Sheridan, giovane autore (oltre che attore) di film come I segreti di Wind River, Sicario, Soldado, Hell or High Water, oltre che dei due prequel che dicevamo, della serie poliziesca Mayor of Kingstown e di Tulsa King, con Sylvester Stallone. Sheridan oggi si può definire il massimo cantore dell’America della Frontiera, quella nata dal sangue, che nel sangue ha continuato a svilupparsi e dal sangue non riesce a uscire.
Una nazione di gente arrivata per disperazione dall’Europa in cerca di un nuovo mondo, di una nuova vita. E cosa importa se là c’era già chi ci abitava da secoli, in base a regole virtuose di rispetto dell’ambiente. L’uomo bianco è arrivato, sparando, sterminando, infettando, distruggendo, portando con sé ciò da cui fuggiva. Poi ha capito di avere esagerato, ma intanto il danno era stato fatto. E irrimediabile. Certo nel suo procedere ha pagato un prezzo altissimo, un prezzo di morte, che però ha avuto un effetto auto assolutorio, perché se la terra è costata tanta sofferenza, allora il contrappasso si è verificato e l’occupazione è avvertita come legittima.
John Dutton è il diretto discendente di quanti, in fuga da monarchie o dittature feroci, erano arrivati in cerca di libertà, con la precisa volontà di non sottostare mai più alle regole di un Governo lontano che faticano ancora oggi a riconoscere. Il suo personaggio (che dirà: per avere successo oggi devi sapere come incolpare e come lamentarti, how to blame and how to complain) condensa quella parte di paese lontanissimo dalle due esili fasce costiere liberal, da non confondere però con quell’America che ogni tanto si scrive con la kappa, che può arrivare a fondersi con il suprematismo bianco.
Senza risalire a Soldato blu, Piccolo grande uomo o Balla coi lupi, interpretato proprio da Costner nel lontano 1990, diversi film e serie tv si sono occupati di recente questo equilibrio mai stato facile. Le serie Longmire, The Red Road, Alaska Daily, la più teen Reservation Dogs, mentre Hell on Wheels e The Son risalivano più indietro nel tempo. Film come I segreti di Wind River, hanno mostrato i tesi rapporti fra le due comunità, con la Polizia tribale di estrema durezza nel far rispettare le proprie aree, dove non può entrare nemmeno l’FBI se non in casi particolari, grazie a una legislatura frammentata e confusa. E la concessione dei casinò è stata solo un ipocrita modo per fingere di lavarsi le coscienze, con un’attività che ha favorito i vizi peggiori nella popolazione locale.
Sono storie di finzione, ma aldilà degli eccessi melodrammatici dei rapporti interpersonali fra i personaggi, evitando di farsi sedurre dalla retorica di genere, spiegano del paese più e meglio di tanti trattati socio/politici, pervase come sono da un senso incombente di morte, dell’accettazione che il proprio figlio potrà morire prima del genitore, che si è da soli davanti alle conseguenze delle proprie azioni, mentre la violenza fa parte intrinseca dell’esistenze, oggi come allora.
Come recitano le ultime tragiche parole di uno dei due prequel: “La morte quando la incontri non ha zanne ma ti sorride, e sarà bellissimo”. La vita è sudore, lacrime e sangue, la morte, quando arriva, è pace, finalmente.
Scheda tecnica
Ideata da Taylor Sheridan, John Linson
Cast: Kevin Costner, Wes Bentley, Kelly Reilly, Luke Grimes, Cole Hauser, Gil Birmingham
Distribuzione: Sky, Now
Genere: western, drammatico