Uomini e dei è un documentario che ci parla della civiltà egiziana e di quello che ci ha lasciato grazie al suo culto dei morti.
Cosa unisce Italia ed Egitto, Torino e Il Cairo, il Nilo e il Po, le dorate e calde dune del deserto e le umide e verdi sponde del Parco del Valentino?
Un Museo, anzi Il Museo Egizio, dove sono custoditi 40 mila reperti, di cui 12 mila esposti sui 4 piani del Museo.
Alcuni hanno una natura antiquaria, perché legati al collezionismo e alla raccolta reperti fatta da Bernardino Drovetti, il diplomatico piemontese che aveva venduto a Carlo Felice di Savoia il primo nucleo delle collezioni del Museo per la cifra, per l’epoca spropositata, di 400 mila lire.
L’altra è archeologica, legata alle campagne di scavo promosse da Ernesto Schiaparelli e Giulio Farina in Egitto all’inizio del Novecento. Con oltre un milione di visitatori nel 2023,il Museo Egizio è il più antico al mondo dedicato alla civiltà degli Egizi.
Mai dimenticare che sotto bendaggi millenari si trova il corpo di un defunto.
In questo viaggio, nell’anno del bicentenario della fondazione del Museo, saremo guidati da Jeremy Irons in persona, sulle note della colonna sonora scritta dal pianista e compositore Remo Anzovino.
Il documentario Uomini e Dei. Le meraviglie del Museo Egizio sarà nelle sale il 12 e 13 marzo grazie a Nexo Digital, cui di recente dobbiamo Il bacio di Klimt, un documentario sul mitico pittore.
Risaliremo così il corso del Nilo e visiteremo i luoghi da cui provengono i principali reperti delle collezioni torinesi, da Giza a Luxor fino all’antico villaggio di Deir el-Medina, abitato dagli scribi e dagli artigiani delle tombe della Valle dei Re e delle Regine.
Volti entrati nell’immaginario collettivo.
I manufatti esposti, sfingi, statue colossali, minuscoli amuleti, sarcofagi, raccontano quasi 4000 anni di storia antica.
Tra i reperti celebri nel mondo ci sono il Papiro dei Re, noto all’estero come la Turin King List, l’unica lista che sia giunta fino a noi che ricostruisce il susseguirsi dei faraoni, scritta a mano su papiro, o il Papiro delle Miniere, una delle più antiche carte geografiche conosciute.
E ancora sculture come la statua del sacerdote Anen, quella di Ramesse II, quella della cosiddetta Iside di Copto. E torneremo indietro nel tempo, alla metà del 1500, quando i Savoia, per dare prestigio alla loro capitale, riscrissero il mito delle origini egizie di Torino, sovrapponendo al toro, simbolo della città, il dio Api, che aveva le sembianze di toro ed era venerato nell’antico Egitto.
Insieme in vita e in morte.
Attraverso i sarcofagi e gli oggetti del loro straordinario corredo funebre, ci sarà raccontato il viaggio nell’Oltretomba dell’architetto Kha e dell’amata moglie Merit, dal momento della mummificazione ai funerali, fino al giudizio di fronte ad Osiride e alla vita nell’Aldilà, seguendo le pagine del Libro dei Morti, secondo il quale “sui piatti di una bilancia il cuore non deve pesare più di una piuma”.
Perché mentre ci porta non solo nel museo di Torino ma anche a Berlino, Parigi, Londra e al Cairo, la regia di Michele Malley con la sceneggiatura di Matteo Moneta, come perno della narrazione sceglie non tanto la storia della civiltà egiziana nel suo insieme e il loro stile di vita, quanto il loro senso della morte.
Che faceva sì che la vita fosse vissuta nella preparazione della dipartita che doveva garantire per il defunto la stessa qualità che aveva avuto da vivo, e il soggiorno funebre doveva essere confortato da ciò che aveva circondato i morti quando erano ancora vivi.
Perché, come anche la religione cattolica ammonisce, “ciò che sarete voi noi siamo adesso, e chi si scorda noi, scorda se stesso”.
Scheda tecnica:
Regia: Michele Malley
Cast: Jermy Irons
Distribuzione: Nexo Digital
Genere: documentario