Dal film Una Relazione passeggera potremmo imparare che l’amore non deve essere sempre sofferenza, anche se qualche cuore si spezza.
Charlotte e Simon non sono i disperati Brando e Schneider dell’Ultimo tango a Parigi, e nemmeno i protagonisti senza nome di Una relazione privata, bel film del 1999, ingiustamente dimenticato. Non sono i tragici Gérard e Fanny di La signora della porta accanto, e non sono certo gli amanti che si cercano senza saperlo di Un uomo e una donna, tempi di romanticismi lontani.
Siamo ai giorni nostri tutto è lecito, accettato, facile, fra persone civili basta mettersi d’accordo, decidere che tono deve avere una relazione quando inizia, addirittura negandone l’esistenza stessa. Certo se si è sposati un po’ di più cautela è necessaria, ma si può fare, nel benessere borghese privo di drammatiche urgenze.
Charlotte e Simon si incontrano, si piacciono, lei decide per lui che dovranno finire a letto (lui non si sarebbe mai deciso), lo fanno e poi pensano di non vedersi più. Lei è separata e ha tre figli, lui è sposato e ne ha due (non vedremo mai nessuno dei famigliari).
Invece (siamo alla fine di febbraio), si danno nuovi appuntamenti, sempre all’insegna del disimpegno più assoluto (sempre più lei che lui). I mesi passano, le stagioni si susseguono, gli appuntamenti crescono, le occasioni piacevoli si moltiplicano, aumentano i luoghi che li ospitano, a parte casa di lei e qualche hotel, sono locali, auto, strade, campagne, musei, mostre.
Potrebbe nascere un sentimento (in lui probabilmente è già nato, forse chissà anche in lei), ma non erano queste le regole. In nome di un capriccio trasgressivo, incontrano un’altra persona e questo incontro farà cambiare direzione al loro rapporto.
Chi ne soffrirà di più? Chi sarà colpevole di questa sofferenza? Si era deciso fin dal principio che la storia non avrebbe dovuto generarne, “nessun dolore, no, nessun dolore”. Ma i sentimenti sono una cosa impalpabile, l’attrazione sessuale è un conto, la frequentazione che permette la conoscenza reciproca, un altro. In attesa che la storia finisca, che arrivi quella che sarà l’ultima volta che si vedranno, i due sembrano anticiparne la fine.
Quando ci si parla, si racconta di se stessi, si emettono dettami, chissà l’altro cosa percepisce, cosa fa veramente suo, cosa realmente spera che succeda. Sono le cose della vita, sono cose semplici, meccanismi elementari.
Resta che, essendo Una relazione passeggera un’impalpabile commedia francese (e luogo comune vuole che nessuno sia bravo come loro in questo genere), niente di eccessivo succederà, tutto avverrà all’insegna della civiltà più assoluta.
Gli amanti che negano di esserlo (ma cosa significa davvero “amante”?) parlano, definiscono, attribuiscono nomi e categorie, lei soprattutto afferma la sua indipendenza, la libertà di fare sempre ciò che desidera, lui vorrebbe ma fatica a starle dietro, si adegua anche se in fondo vorrebbe altro. Ma se si verificasse, sarebbe in grado di accettarlo fino in fondo?
Quello che è certo è che loro non finiranno come i due sposi di Scene da un matrimonio (chi mai vorrebbe finire come loro), film che si troveranno a rivedere insieme. Perché l’amore deve diventare massacro?
Semplicemente perfetti i due attori protagonisti Vincent Macaigne, l’amante goffo, insicuro e vulnerabile, e Sandrine Kiberlain, impegnata a dimostrare di non essere l’opposto, entrambi volti noti agli appassionati di cinema francese.
Il regista Emmanuel Mouret da vent’anni attento alle dinamiche dei rapporti sentimentali con film come Cambio di indirizzo, Solo un bacio per favore, Lady J e molti altri, qui scrive insieme a Pierre Giraud e sembra riallacciarsi al suo film precedente, mai distribuito in Italia purtroppo, “Un conto sono le cose che diciamo, un conto quelle che facciamo”. Titolo profetico.
In nome di tutte le volte in cui abbiamo chiesto “La verità, vi prego, sull’amore”, per tutte quelle volte in cui ci è capitato qualcosa di simile a quanto avviene fra i protagonisti del film, per questi motivi Una relazione passeggera, distribuito da Movies Inspired, diventa un film che potrebbe piacere a molti, e per motivi diversi, con quel suo modo di raccontare con uno sguardo a volte ironico, a volte malinconico. All’inizio e alla fine del film Juliette Gréco canta La Javanaise di Serge Gainsbourg “Ci amiamo il tempo di una canzone”. Potrebbe bastare.
Scheda tecnica
Regia: Emmanuel Mouret
Cast:Vincent Macaigne, Sandrine Kiberlain, Georgia Scalliet
Distribuzione: Movies Inspired
Genere: commedia