Un gentiluomo a Mosca Serie TV – Recensione

Un gentiluomo a Mosca è una bella serie tv, drammatica e sentimentale, con ottimi interpreti.

Siamo a Mosca, nel 1922, dopo quattro anni di feroce guerra civile i bolscevichi sono al potere, i tribunali del popolo hanno fatto strage della precedente classe dirigente, soprattutto degli odiati nobili.

E proprio il nobile Alexander Il’iĉ Rostov torna inopinatamente in patria dalla Francia, sfidando la morte. Torna perché è un incosciente, torna perché non vuole stare lontano dalla sua terra, indissolubilmente legato al suo passato dalla sua educazione, dagli affetti e dai ricordi di un’infanzia incentrata sull’amatissima nonna, la Contessa, che è rimasta in esilio in Francia.

Ma fra i suoi ricordi ci sono anche quelli sempre più strazianti, mano a mano che prosegue la narrazione e si accumulano i flashback, che riguardano l’amata sorella e un suo innamorato. Alexander è un bon vivant colto e raffinato, pur gravato da qualche impercettibile rozzezza di stampo “maschilista” (ma siamo ai primi del ‘900, è inevitabile).

Costretto a ritirarsi in un misero e gelido sottotetto dai suoi aguzzini (rivoluzionari sì ma descritti senza simpatia, gente in cerca di vendette personali), nei labirinti del monumentale hotel scopre alcune stanze segrete e disabitate e se ne impossessa, riuscendo a ricavare uno spazio confortevole dove vivere, ingannando i suoi controllori.

Ewan McGregor

Un nobile imprigionato e umiliato, il sogno di ogni rivoluzione di sinistra.

Il tempo passa, i giorni si srotolano a decine, centinaia, migliaia. Resterà 30 anni senza mai uscire dall’albergo. Inizialmente ci sarà l’amicizia con la sua prima grande amica, Nina, una ragazzina sensibile e brillante, figlia di un burocrate lontano, che poi tornerà a trovarlo regolarmente.

Intanto anche la Storia passa, all’esterno del Metropol, muore Lenin e si consuma la feroce lotta per la successione. Rostov, che ha trovato anche un accesso al tetto, vede da lontano tumulti, esplosioni. Cambiano i potenti che vengono a ripetere nell’albergo i riti del lusso alla stessa stregua di quelli che hanno sterminato.

Arriva una diva sulla cresta dell’onda, la bellissima Anna Urbanova, giovane donna di umili origini in cerca di affermazione, con la quale inizia un rapporto conflittuale ma duraturo. Alexander è amatissimo dal personale di servizio, con il quale intreccia un rapporto splendido.

Mary Elizabeth Winstead Anastasia Hille

La bella diva del muto, su modello americano.

Solo con uno non succederà, l’unica vera carogna, perché c’è sempre bisogno di un vero malvagio, e sarà un cameriere che a forza di servilismo e ortodossia farà carriera all’interno della magnifica struttura.

La situazione esterna si incarognisce e con la follia stalinista arriva un giro di vite, con i quadri coperti di vernice, le statue neoclassiche fatte sparire, anche i giardini distrutti e pure il vino pregiato, tutti simboli di mollezza e decadenza morale.

Ma l’implacabile capo dei suoi controllori gli chiede di aiutarlo a comprendere le classi agiate in modo da poterle meglio contrastare e così inizia a leggere i libri che Alexander gli fornisce, a guardare con lui i film americani.

Ewan McGregor Alexa Goodall

Alexander e Nina, la sua prima, adorata “protetta”.

Dieci anni dopo l’inizio della reclusone, Alexander si è convertito in un raffinato cameriere che cerca di conservare l’atmosfera mondana e cosmopolita del posto, a rischio di estinzione sotto i colpi delle terribili Purghe staliniste.

Subentra poi il tragico tema delle terribili carestie degli anni ’30 (si nomina il Donetsk in Ucraina) e un nuovo colpo di scena arriva a rivoluzionare il tran tran di Alexander, che però sarà capace di affrontarlo con grande capacità, anzi servirà per portare ancora maggiore consapevolezza a un uomo che sta compiendo un grande viaggio di formazione, riuscendo grazie alla sua sensibilità a trarre il meglio dal peggio.

Arriva la Seconda Guerra e partono i figli del personale ormai cresciuti, perché il “nuovo Sistema” è capace delle stesse durezze ingiuste di quello precedente, per cui a soffrire saranno sempre gli ultimi. Mentre il mondo cambia, la “Grande Madre Russia” non si dimentica di Alexander, che resta un nemico del popolo mentre si avvicendano leader, ministri e scagnozzi del potere.

Ewan McGregor Billie Gadsdon

Alexander con la piccola Sofia, la sua ultima sfida.

Alla fine resterà coinvolto anche in un’attività imprevedibile, che sarà quella che aprirà uno spiraglio nel muro che lo circonda da trent’anni. Se la sua classe di appartenenza lo aveva condannato automaticamente a una punizione, Alexander espierà e come risarcimento di tante sofferenze, godrà di un’evoluzione personale che altrimenti mai gli sarebbe arrivata.

Il protagonista è uno splendido personaggio, per come è descritto dalla sceneggiatura che è tratta dal romanzo di Amor Towles, adattata da Ben Vanstone e messa in scena in gran parte (5 episodi su 8) dal candidato agli Emmy Sam Miller. Il ruolo è stato giustamente affidato a Ewan McGregor, di cui aspettiamo un paio di film ancora inediti, dopo che un paio di anni fa aveva dato voce al Grillo del Pinocchio di Guillermo Del Toro.

Al suo fianco quella che è sua moglie nella vita vera, Mary Elizabeth Winstead, la diva del muto che dovrà adattarsi a molti cambiamenti pure lei. Fehinti Balogun è l’amico d’infanzia, dalla tormentata esistenza. E troppo lungo sarebbe l’elenco degli attori cui sono affidati i personaggi che creano con Alexander una grande solidale famiglia allargata, compresi i due negativi, uno irrimediabilmente un verme, l’altro con una sua dignità.

Ewan McGregor

Un aristocratico intellettuale, che nella sciagura maturerà.

L’unica perplessità è costituita dal fatto che una certa quantità di ruoli è affidata ad attori di colore, che falsa del tutto la prospettiva storica ma è comprensibile nell’attuale momento di “inclusività”, la solita operazione Bridgerton-Style. Che confonderà le idee alle future generazioni che penseranno che ci fossero nobili di colore nella Russia dei primi del ‘900.

Splendidi costumi e scenografia, sobria colonna sonora classicheggiante di Federico Jusid, che in qualche passaggio ricorda il tema di Schindler’s List. Nei titoli di testa eleganti geometrie dai colori pastello inglobano una sottile, fragile silouette umana.

Un gentiluomo a Mosca, distribuito in streaming da Paramount Plus, è un piacevolissimo feuilleton, in cui la lotta per la sopravvivenza dei protagonisti si intreccia strettamente a un quadro storico che qui non rimane sullo sfondo, qui resta proprio al di fuori della porta di un ambiente chiuso, in cui però si ricreano le condizioni di vita esterne, un luogo non cristallizzato, ma in continua evoluzione come il protagonista, come tutti gli altri personaggi.

Ewan McGregor Leah Balmforth

Alexander con la sua pupilla Nina da adolescente.

Con un’alternanza di toni per evitare una respingente cupezza, riesce ad appassionare e far riflettere. Alla piacevolezza dell’insieme contribuisce in modo decisivo la presenza di McGregor che riesce a rendere ogni sfumatura del suo nobile decaduto, nostalgico di un suo impossibile Eden.

E passerà da arroganza a umiltà, da depressione a entusiasmo, da determinazione a tenerezza, dal distanziamento passivo dell’intellettuale alla concretezza dell’uomo d’azione.

Un gentiluomo a Mosca, al di là della vicenda umana, ci ricorda una volta di più quanto folle sia la pretesa che il nuovo debba avanzare solo sulle macerie del vecchio, ripartendo sempre da zero, senza capire come sarebbe meglio sfruttare quello di buono che era stato realizzato, tagliando solo i rami secchi.

Devastante e inutile è infatti la furia iconoclasta che abbiamo visto colpire tutti i regimi che sono esplosi dopo un’eccessiva repressione, per poi degenerare loro stessi diventando peggiori di chi li aveva preceduti, perché più ipocriti.

Scheda tecnica:

Ideata da Ben Vanstone

Cast: Ewan McGregor, Mary Elizabeth Winstead, Alexa Goodall, Johnny Harris, Leah Harvey, Jason Forbes, Anastasia Hille, Billie Gadsdon, Beau Gadsdon, Fehinti Balogun, John Heffernan

Distribuzione: Paramount Plus

Genere: drammatico, storico

Pubblicato da Giuliana Molteni

Vado al cinema dalla metà degli anni ’50 e non ho mai smesso. Poi sono arrivate le serie tv.