Tre belle commedie francesi viste in questi giorni ci rendono ancora più perplessi rispetto allo stato attuale del cinema italiano.
Non bisognerebbe mai generalizzare, giudicare in base alle categorie, perché in ogni categoria si ripresentano gli stessi pregi e difetti dell’intero campione preso in considerazione (gli uomini e le donne, noi e gli stranieri, i vecchi e i giovani, i bianchi e i colorati, gli automobilisti e i ciclisti e così via all’insegna della superficialità totale).
Questo per introdurre una riflessione sul cinema, generica appunto e pertanto discutibile: perché le commedie francesi sono più belle di quelle italiane? Pensiamo ad alcuni titoli di cui abbiamo parlato di recente, La petite, Il gusto delle cose, Una relazione passeggera, La moglie del Presidente, ma anche altri ce ne sarebbero e anche di genere diverso (come il noir La misura del dubbio).
A parte aggiungere pessimisticamente che ormai quasi qualunque cinematografia realizza prodotti migliori di quelli nostrani, l’argomento ci ha colpito dopo la visione di tre film francesi in distribuzione in questo periodo: Finalement, Making of e La sindrome degli amori passati, pensando alla totale impossibilità che prodotti simili potessero mai essere realizzati in Italia con questo risultato.
Finalement è un film d’autore, l’ultimo lavoro di Claude Lelouch, ormai 87enne, artista con un suo stile particolare, riconoscibile come fosse un musicista che usa sempre variazioni delle stesse amate melodie.
Kad Merad, splendido protagonista di Finalement di Claude Lelouch.
Finalement, distribuito da Europictures, racconta di Lino, avvocato di mestiere ma musicista a tempo perso, che ha lasciato la moglie attrice e il suo invadente entourage, ha buttato il telefono e vaga a piedi nella campagna francese verso una direzione che solo lui sa, per quello che è il suo piano.
Nella borsa ha solo una tromba, in testa ha l’Alzheimer che ogni tanto lo confonde ma non gli sottrae del tutto tanti, troppi ricordi. Nel film ci sono momenti molto toccanti, in cui si legge la nostalgia del regista verso il suo passato e i suoi amici più cari, che sono attori amatissimi ormai scomparsi, mentre Lelouch si cita e si rimpiange.
Lungo un filo di musiche, specialmente nello splendido finale, un cerchio si chiuderà, serenamente, perché quello è il cerchio cui nessuno può sottrarsi (da guardare i titoli di coda fino all’ultimo fotogramma). Fondamentale la presenza di Kad Merad come protagonista, visto in un’infinità di altri ottimi film, dai noir alle commedie.
La commedia Making of, agrodolce film nel film.
Anche Making of (distribuito da I Wonder) è un film d’autore, diretto da Cédric Kahn (Il caso Goldman), che ci porta sul set di un film che dovrebbe raccontare la chiusura di una fabbrica, con gli operai a interpretare dolorosamente se stessi, come comparse, mentre il ruolo principale è affidato al solito attore famoso, convinto della sua partecipazione solidale ma ancora più interessato alla propria visibilità.
La troupe ha fraternizzato con gli operai e gli abitanti del paesino, il regista crede nel progetto e si impegna, il produttore però finisce i soldi e si dilegua. Intanto il fronte degli operai si sfalda, l’azienda offre soldi a chi se ne va senza fare problemi, qualcuno accetta e quindi avrà senso lottare per portare a termine il film?
Un ragazzo del posto, infelicemente impiegato nella pizzeria della sorella, ha grandi sogni, scrive una sceneggiatura valida, riesce ad affiancarsi al regista nella realizzazione del Making of del film, forse per lui la vita cambierà davvero.
No, non è Boris.
Molte facce note, alcuni sconosciuti e altri non professionisti per una storia divertente ma anche toccante, che parla di singoli personaggi ma anche di una collettività devastata dai tempi attuali, di cui importa fino a un certo punto, tanto poi si sbaracca e si va via, ciascuno a seguire la propria vita.
Tutto raccontato con quella leggerezza che non impedisce sentimenti più profondi nella visione. Questo film appartiene al genere cosiddetto “meta cinematografico”, cioè film che raccontano della realizzazione di un altro film, mostrando la genesi dall’interno.
Come i due illustri precedenti di 8 e mezzo di Fellini ed Effetto notte di Truffaut e in tempi più recenti, il delizioso Il libro delle soluzioni, diretto da Michel Gondry, con Pierre Niney. Da citare anche le due serie tv Irma Vep, di Olivier Assayas, e Fiasco di Igor Gotesman, ancora con Pierre Niney, imperdibili se amate questo tipo di narrazione.
Un uomo e una donna, sempre loro e i loro problemi, con leggerezza.
Va segnalata anche la deliziosa commedia La sindrome degli amori perduti (distribuita da Wanted), una storia bizzarra e divertente che fa pensare a come sarebbe bello il mondo se tutti si comportassero come in certi film.
Convinzione che personalmente nutriamo fin dagli anni ’60 perché, almeno nei rapporti affettivi, grandi film francesi ci hanno illuso sulla possibilità che l’amore non dovesse essere solo farsa o tragedia, strazio o paradiso, ma che ci fosse una diversa via ai sentimenti (certi irripetibili film di Claude Sautet), film su cui qualche generazione potrebbe aver mutuato, speranzosa, la propria educazione sentimentale.
La sindrome degli amori passati è diretto da una coppia, Ann Sirot e Raphäel Balboni, già autori del bellissimo La folle vita, e racconta con grande humor e tono allegramente pop, una storia surreale.
L’amore ha mille colori.
Sandra e Remy sono una coppia che si vuole bene, ma non riescono ad avere bambini. Uno stimato specialista individua il rovello inconscio nella psiche dei due: entrambi non hanno risolto i problemi legati alla loro esistenza antecedente.
Quindi non resta che recuperare uno ad uno tutti i rispettivi ex, rifare l’amore con loro e pacificarsi, con loro e con se stessi. In questo modo nella serenità dell’anima, la procreazione sarà possibile.
Sandra e Remy si mettono al lavoro, al di là di imbarazzi e gelosie, delle oggettive difficoltà di ritrovare tutti gli ex (lei ne ha molti più di lui) e di riuscire a rifarci sesso. Il percorso sarà complicato da molteplici elementi, avviando la coppia a una soluzione del tutto imprevedibile, deliziosamente favolistica eppure nel suo esito tanto auspicabile.
Claude Lelouch 87 anni con lo stesso tocco.
Mai come in questi tempi di assurde violenze, di storie squallide, di polemiche sguaiate e toni sempre sopra le righe, questo tipo di cinema non può che fare del bene agli animi esasperati, miele per i nostri occhi stanchi delle brutture di un mondo sempre più incivile.