Nel film The Whale, drammatica storia di emarginazione, Brendan Fraser offre una sorprendente e toccante interpretazione.
Strani certi processi mentali e verbali. Le balene sono fra gli abitanti degli oceani più fascinosi, in tutta la varietà delle loro forme, e non solo grazie alla bianca Moby Dick.
Se al sostantivo si abbina l’aggettivo “spiaggiata”, si scatena il web intero, in nome della salvezza di qualche sfortunato esemplare. Ma se passiamo al genere umano, dare della “balena” a qualcuno diventa un insulto crudele, discriminatorio, sprezzante.
The Whale, la balena, è il titolo del nuovo film diretto da Darren Aronofski, tratto dal lavoro teatrale di Samuel D. Hunter, scritto nel 2012. E ha come interprete un Brendan Fraser il cui già massiccio aspetto è stato ulteriormente aumentato con una protesi totale (su modello di quella di Gary Oldman in L’ora più buia per intenderci).
Charlie, stimato professore universitario di mezz’età, è partito nella vita cercando di essere “normale”, si è sposato, ha avuto una figlia, poi le ha lasciate entrambe perché si è innamorato di un suo allievo, doppia imperdonabile colpa. La madre gli ha alienato la figlia, l’ambiente lo ha espulso, la società lo ha rigettato, un’altra tragedia si è abbattuta su di lui. Che si è chiuso nel suo modesto appartamento e ha iniziato ad ammazzarsi, divorando compulsivamente cibo.
Divenuto enorme, incapace di muoversi senza deambulatore, passa la vita spiaggiato sul divano a dare lezioni di letteratura online a webcam spenta. Solo una giovane donna si occupa inspiegabilmente di lui e altri personaggi entreranno da quella porta, un giovane fanatico religioso e la figlia, spietata accusatrice del padre, ribollente odio nei confronti del mondo.
Ma è proprio sulla figlia che ruotano quelli che Charlie sa essere i suoi ultimi giorni. Perché è con lei che vorrebbe riuscire a stabilire un rapporto, che superi quelle che l’uomo avverte come colpe esclusivamente sue, votato a una forma di martirio a conferma che la crudele emarginazione messa in atto dalla società ha funzionato benissimo.
Allo stigma di essere gay, si aggiunge quello, pure fortissimo, legato all’aspetto fisico, che è insistito, sottolineato, per essere davvero ripugnante, respingente. Per evidenziare ancor più come non si riesca a guardare sotto il guscio esterno, che si frappone fra noi e il resto dell’umanità.
Charlie paga non solo per essere stato omosessuale, ma per aver cercato di essere “normale”, per essersi sposato, per aver figliato. E quello paradossalmente non è stato perdonato nemmeno a moglie e figlia, derise, disprezzate, bullizzate da una società che ci auguriamo o ci stupiamo esista oggi nello Idaho, dove è ambientata la vicenda.
The Whale è una storia estrema, così volutamente respingente da essere quasi scoraggiante, con un finale ricattatorio ma indubbiamente toccante. Ma il film vale la visione soprattutto per la prestazione di Brenda Fraser, già premiatissimo per questo ruolo, attore passato attraverso vicissitudini personali drammatiche, che rendono la sua adesione a tratti autenticamente commovente.
Meno convincenti sono i pochi personaggi che si alternano sulla soglia del fatiscente appartamento, specie la figlia, così detestabile da non stimolare nessuna empatia. Sotto quella mostruosa massa di flaccido lardo, c’è un uomo buono, civile, devastato dal senso di colpa, che chiede continuamente scusa e che quasi nessuno “vede”, perché tutti fermano lo sguardo in superficie e quella superficie è degna di un film dell’orrore. E nessuno prova a comprendere perché.
Ma certi atteggiamenti autodistruttivi difficilmente possono essere compresi, da chi ne sia fuori, e in questo il personaggio di The Whale ci ha ricordato Nicolas Cage in Via da Las Vegas, il film del 1995 di Mike Figgis, anche se i suoi moventi partivano da presupposti differenti.
Charlie chiede ai suoi allievi, chiede al mondo intero di “ aprire l’anima”, e di non fermarsi alla superficie, di non vivere di frasi fatte, di non scivolare nel comodo conformismo, limitandosi ad accusare, giudicare, a emarginare, a infierire sui più deboli.
Vasto programma, verrebbe da dire, enorme illusione nella realtà. Da certi luoghi non si può che andare via, come la Donna cannone di Francesco De Gregori: “Così la donna cannone, quell’enorme mistero, volò”.
Scheda tecnica
Regia: Darren Aronofsky
Cast: Brendan Fraser, Sadie Sink, Hong Chau, Ty Simpkins, Samantha Morton
Distribuzione: I Wonder e Unipol Biografilm
Genere: drammatico