The Substance ci mostra come le donne siano ancora schiave dell’ideale di eterna giovinezza.
Diventare vecchi, vedere le modificazioni che il tempo opera sul nostro corpo, non piace a nessuno. Figurarsi se si è una donna di spettacolo, obbligata a essere eternamente bella, anche se brava lo è sempre stata e ancora lo è.
Agli uomini sono concesse le rughe, alle donne no, e il luogo da cui questo messaggio è arrivato con forza devastante, infettando anche altre nazioni, è l’America. Elisabeth Sparkle (nomen omen) è una donna ancora bellissima, con tutti i suoi magici e quasi invisibili ritocchi, un corpo modellata da faticoso esercizio fisico.
Il che le consente di condurre ancora con successo uno show di aerobica (Jane Fonda style). Ma il suo direttore di rete è un bruto maschilista, un cafone ripugnante come la corte di aiutanti/soci che lo circonda, di tale abiezione da far pensare a un clone di ciò che doveva essere Weinstein (e infatti si chiama Harvey), ripreso anche in modo da enfatizzare la sua volgarità, la grossolanità dei lineamenti, il disgusto dei comportamenti (splendida prestazione di Denis Quaid).
Il film si apre sulla posa della stella dedicata a Sparkle sulla Walk of Fame, 15 isolati di gloria lungo l’Hollywood Boulevard, avviata a veloce decadenza dopo lo scintillio iniziale, poi la routine e il degrado, dai piedi di divi e fotografi alle sneakers dei turisti e i carrelli degli homeless.
Intanto Elisabeth è rimasta a galla ma dal suo capo le arriva un affronto supremo, che sta per distruggerla. In un fortunoso ricovero in un pronto soccorso qualcuno però le mette in tasca un bigliettino, che potrebbe farla accedere a una magica possibilità.
Grazie a una rivoluzionaria sostanza, creare dal suo corpo un clone di se stessa perfino più bella e in forma di quando era giovane. Però, come in tutte le favole nere, c’è una condizione: lo scambio si potrà fare solo per sette giorni di fila. Poi tutto tornerà come prima, finché lei non desidererà ripetere l’esperimento o terminarlo.
Dopo il primo “parto”, che vede Elisabeth dischiudersi come una pupa che fa fuoriuscire la farfalla, ma con cronenberghiano orrore, la creatura, chiamata Sue, andrà in giro per il mondo, mentre il corpo di Elisabeth resterà in una specie di catalessi, e viceversa.
L’orrido produttore, non a caso di nome fa Harvey.
Guai però a sbagliare i conti, perché le due creature in fondo sono sempre una e ciascuna paga le conseguenze delle azioni compiute dall’altra, come il quadro di Dorian Gray. Demi Moore è la protagonista, bellissima 62enne, in tutto il suo splendore dovuto a inevitabili aggiustamenti ma assai ben fatti.
L’attrice nel suo personaggio riflette probabilmente un’indubbia situazione reale, sia per quanto riguarda i problemi legati all’avanzare dell’età (la bellezza ritoccata di una donna matura non sarà mai quella di una donna veramente giovane) e il rapporto con gli uomini che in quel settore detengono il potere.
Margaret Qualley (di cui parlavamo qui, come valida rappresentante delle seconde generazioni di attori figli di noti divi, vista di recente in Kinds of Kindness e Drive Away Dolls) in tutto il suo turgore da vera 30enne, è Sue, l’altra, che si ritrova il mondo ai suoi piedi, di nuovo, dopo anni di indifferenza e non può rinunciare. Così, come un vampiro, “estrae” troppo dal corpo della sua “matrice”, per prolungare il suo nuovo momento magico.
Una vera giovane è sempre più bella di una “vecchia” ritoccata.
Una che è diventata due, dovrà lottare contro un’altra se stessa. The Substance, distribuito da I Wonder, è scritto e diretto da Coralie Fargeat, autrice di Revenge, più convenzionale storia di vendetta al femminile, dimostrando o di avere dei sassolini nelle scarpe o di avere capito bene come si cavalca la tigre del momento.
I temi del film sono assai intriganti quindi, messi in scena con mano professionale, come scelte di regia e montaggio, inevitabile pensare a La morte ti fa bella o anche a Gloria Swanson di Viale del tramonto con i suoi cerotti e a Fedora di Billy Wilder.
Peccato che un finale eccessivamente horror/splatter (visivamente c’è un’eco di Society) diluisca negli ettolitri di sangue sparso un discorso assai interessante, perché l’eterna giovinezza è stata oggetto di patti con diavolo o soggetto di suggestive leggende.
C’è sempre uno “specchio delle brame” a ricordarci come eravamo.
Dentro ogni “vecchia” si nasconde l’ombra della ragazza, della giovane donna che è stata un tempo, mentre ogni giorno lo specchio riflette l’affronto subito dallo scorrere dei giorni. Intanto gli uomini, sempre al potere, possono comportarsi alla faccia di ogni metoo come macellai che scelgono il quarto di bue più fresco, più succoso, più saporito (vogliono sempre “carne fresca”).
Ma se The Substance può essere letto come un atto di accusa contro un maschilismo che non muore mai, lo è anche delle donne che non sono state capaci di sottrarsi a questo gioco feroce, alla totale oggettivizzazione, alla loro perenne sessualizzazione.
Insomma, finché un uomo esibirà le sue rughe con nonchalance, anzi quasi come prova della sua acquisita maturità artistica, e le donne di gonfieranno e tireranno per sembrare sempre venticinquenni, la loro sarà una sconfitta. Meditiamo però se ancora, nel 2024, sia necessario continuare a sottolineare, a spettacolarizzare (furbamente) questo argomento. Anche questo, forse, è indice di sconfitta.
Scheda tecnica:
Regia: Coralie Fargeat
Cast: Demi Moore, Margaret Qualley, Dennis Quaid
Distribuzione: I Wonder Pictures
Genere: horror, fantascienza