Con The Penitent, tratto da una pièce di David Mamet, Luca Barbareschi racconta una storia sulle attuali distorsioni morali.
A New York, come tante altre volte, uno studente prende la pistola e spara ai suoi compagni di liceo, ammazzandone otto. Si lascia catturare e accusa lo psichiatra Hirsch, che lo aveva in cura per i suoi numerosi problemi esistenziali, fra cui l’omosessualità, di non averlo fermato dal compiere il gesto, di non avere capito la gravità del suo disagio.
La stampa, i canali televisivi, i social, trovano un nuovo mostro da sbattere in prima pagina. Un giornale sbaglia (per caso, per volontà) nel pubblicare una frase sull’omosessualità scritta in un libro da Hirsch e questo fa arrivare le proteste fin sotto casa sua.
Il Professor Hirsch è un soggetto facile da colpire, un agiato professionista abituato a vivere lontano dalle ribalte mondane, un uomo anziano che già l’età ha portato a nutrire molti dubbi sul suo mestiere, sulla vita in generale, portandolo a cercare risposte in quella religione, ebraica, che aveva respinto in precedenza.
Gli vengono chieste cose precise, si esige che faccia dichiarazioni, che testimoni in favore dell’assassino, gli vengono fatte domande che richiedono risposte decise, un sì, un no. Ma non è quel tipo d’uomo, non ha certezze, ha solo dubbi, non riesce a dare risposte perché sovrastato da troppe domande.
Un uomo la cui scienza non può governare la realtà.
Questo lo mette in contrasto con la moglie e con il suo legale, che premono per una sua presa di posizione pubblica. E non piacciono all’avvocato che ha assunto la difesa del giovane assassino, che vorrebbe obbligare lo psichiatra a consegnare i taccuini con le registrazioni delle sedute con il suo paziente.
Hirsch sembra solo renitente, omertoso, evasivo. Ma su tutte le sue crisi, sui suoi dubbi professionali e privati, un evento, che sapremo solo a pochi minuti dalla fine, aveva avuto un peso per lui insostenibile. Ed è qui che il discorso da particolare si fa generale, con un fotogramma finale che fa pensare a una risposta più vasta.
Dare un giudizio su The Penitent è come darlo al lavoro teatrale del 2017 di David Mamet, perché il film è la sua precisa trasposizione, girato quasi sempre in interni, la calda, accogliente ma non felice abitazione di Hirsch, l’elegante studio del suo avvocato, quello più freddo e spartano dell’avvocato che difenderà l’assassino in tribunale, qualche rara passeggiata ci mostra le strade di New York, il suo skyline e l’East River.
Catherine McCormack, una moglie esasperata.
The Penitent, distribuito da 01 Distribution, è un film composto solo da dialoghi e come tale richiede molta attenzione, perché è proprio dagli scambi di battute, dalle discussioni di Hirsch con la moglie (Catherine McCormack), con il suo avvocato (Adam Jones) e con il difensore (Adrian Lester) che emergerà faticosamente la verità.
Ma The Penitent non è un thriller e la verità riguarda il protagonista, un uomo che non è fatto per questo mondo in cui tutto è bianco/nero, buono/cattivo, giusto/sbagliato. Luca Barbareschi scrive la sceneggiatura, produce, interpreta e dirige a quasi dieci anni dal suo ultimo lavoro, Something Good (2013).
Mamet è un autore da lui molto amato, ha già messo in scena (e anche tradotto) altri suoi lavori. Barbareschi è un personaggio controverso ma sarebbe un errore lasciarsi influenzare da eventuali pregiudizi, e speriamo che non succeda, perché il suo film merita la visione, una visione impegnativa come dicevamo, perché è una storia da seguire con attenzione, perché (soprattutto nel lungo confronto con l’avvocato della difesa) emergono molti temi degni di nota.
Luca Barbareschi e Adam Jones, cliente e avvocato.
Dalle lunghe discussioni risalta tutto quello che oggi può accadere di sbagliato, pur provenendo da istanze giuste. Perché ha ragione Hirsch che difende la sua privacy e quella del cliente, perché hanno ragione quelli che vogliono fargli dire o fare ciò che lui non vuole, mentre faticosamente cerca di dipanare il filo della sua esistenza ed esige di poterlo fare.
I mass media fanno il loro lavoro, avventarsi su un piatto ricco, perché il colpevole è giovane e gay, perché il Professore è ricco ed ebreo. I social fanno quello che fanno sempre, aizzano le masse a scagliarsi senza fermarsi a riflettere.
Ormai viviamo solo in mezzo a certezze granitiche, a opinioni fulminee e giudizi inappellabili, non è contemplato il tempo per una riflessione, un’analisi più approfondita. Il nuovo pensiero è così, inquietante nella sua impermeabilità, che lo rende uguale al pregiudizio di prima e altrettanto nefasto.
Un uomo in cerca della verità assoluta, arduo compito.
Anche se in un contesto e in un modo totalmente diverso, per quanto riguarda il linciaggio di un personaggio, abbiamo pensato a Dream Scenario con Nicolas Cage, film del 2023, di cui consigliamo il recupero.
La storia, scritta prima delle due recenti guerre, si ispira a un tragico fatto avvenuto nel 1969 a Berkeley, il caso della studentessa Tatiana Tarasoff, i cui genitori avevano fatto causa al terapista che aveva in cura lo studente che l’aveva uccisa.
Ma come dicevamo, non è solo questo il fulcro del film e il finale lascia spazio a una riflessione più universale, che condividiamo in pieno. Il protagonista non è un banale eroe, né una banale vittima a tutto tondo, è un uomo complesso, con le sue contraddizioni e le sue personali prese di posizione.
Si deciderà per chi parteggiare, a chi attribuire più torti o più ragioni, professionalmente, umanamente. Pensando però alle conseguenze di tanto discettare, di tanto procrastinare, in tutto il nostro pensoso analizzare, distinguere, seduti nelle nostre confortevoli case, prendendoci il tempo che serve, mentre fuori il mondo geme e sanguina.
Scheda tecnica:
Regia: Luca Barbareschi
Cast: Luca Barbareschi, Catherine McCormack, Adam Jones, Adrian Lester
Distribuzione: 01 Distribution
Genere: drammatico