The Holdovers – Recensione

Con The Holdovers, il regista Alexander Payne ci racconta un’altra delle sue storie di persone che si sono arenate nella vita.

Il mondo non è fatto solo di vincenti. Ci sono altrettanti perdenti, se non di più, categoria senza la quale letteratura e cinema non sarebbero stati gli stessi.

Perché se è vero che le canzoni più belle sono quelle più tristi, questo vale anche per i personaggi e i “losers” sono stati protagonisti di infiniti bellissimi film.

Un regista che di personaggi feriti, abbattuti, sperduti, sconfitti ha raccontato parecchio e bene, è Alexander Payne, cui dobbiamo film come Nebraska, Paradiso amaro, Sideways e A proposito di Schmidt, solo per citarne alcuni. Qui mette in scena una sceneggiatura scritta da David Hemingson, più noto per ottime serie tv di commerciale leggerezza.

Con The Holdovers, distribuito da Universal, siamo nel 1970 in un liceo di solido nome ma con parecchi problemi di sopravvivenza, nelle gelide lande invernali dalle parti di Boston.

Paul Giamatti

Paul Giamatti, un professore all’antica.

I ragazzi sono per lo più rampolli inetti e viziati di famiglie di potere, il Preside pensa solo a conservare il suo posto e smussare gli spigoli. Paul, il Professore, protagonista della storia, è il classico topo da aula scolastica, anni e anni a cercare di interessare alla sua materia letteraria ragazzi che hanno ben altro per la testa.

Ma Paul, con il suo occhio storto, la pipa, i vestiti di velluto consumato e troppo amore per il whiskey, sadicamente si ostina, a massacrare di compiti e brutti voti gente che scalpita per andarsene al college, incontro a un futuro di successo, lui che di prospettive non ne ha più, non ne ha mai avite.

L’unica persona con cui scambia due parole è Mary, la responsabile della mensa, una donna di colore che ha appena perso in Vietnam il figlio, che a differenza degli altri era un promettente studente.

Paul Giamatti, Dominic Sessa, Da’Vine Joy Randolph,

Un terzetto di diversi che si trovano.

Siamo a ridosso delle vacanze di Natale, tutti fuggono a casa, in vacanza. Per un disguido un gruppetto di ragazzi deve restare nel liceo e Paul viene designato a essere loro custode, mentre Mary fornirà cibo.

Alla fine resteranno solo in tre, a formare una famiglia impossibile: Paul, che era ben deciso ad approfittare della sua posizione di potere per vessare ancora più i ragazzi; Angus, il più promettente dei suoi studenti ma il più polemico, con una dolorosa situazione famigliare; Mary a mettere un piatto in tavola ogni giorno, mentre cerca di accettare il suo lutto insopportabile.

Costretti alla difficile convivenza, come fosse un on the road attraverso i giorni festivi, i tre personaggi trarranno qualche insegnamento e si evolveranno, pagando prezzi diversi. Ma per certi valori, vale la pena anche pagarne uno alto.

Dominic Sessa, Da’Vine Joy Randolph

Dominic Sessa e Da’Vine Joy Randolph, lo studente e la cuoca.

Peccato che tutta la storia abbia un che di polveroso, con personaggi e situazioni che sono il concentrato di tutti i film edificanti che possiamo avere visto, ambientati in qualche high school o college di quella ricca provincia americana da cui dovrebbero uscire le future leve di un paese che si racconta da solo il suo passato glorioso, mentre si dibatte fra problemi mai risolti.

Tutti i personaggi sono già stati trattati (in chiave drammatica o comica), il professore rancoroso che il destino ha fatto arenare in una situazione mediocre; lo studente in rotta con il mondo che sta cercando di costruire un futuro sulle sue precoci macerie; un rappresentante di una classe sociale inferiore che si rivela ben più preparato ad affrontare nobilmente le ingiurie della vita dei più “altolocati” colleghi.

Anche quelle di contorno sono tipologie irrimediabilmente già viste. La narrazione segue un tono medio, senza picchi emotivi, senza nulla di gridato, precisa scelta stilistica che però addormenta il film facendolo arrivare alla sua conclusione (prevedibilissima) senza grande commozione, anche se palesemente l’intento era quello.

Paul Giamatti, Dominic Sessa, Da’Vine Joy Randolph

Natale è dove ci sono degli affetti.

Il giudizio finale si risolleva grazie alla recitazione di un ottimo (come sempre) Paul Giamatti, il “residuo”, “avanzo” di altri tempi, quello sempre in secondo piano, mai protagonista.

Vera scoperta da non dimenticare, il 21enne Dominic Sessa, esordiente assoluto, che rende il suo spigoloso personaggio con una professionalità inattesa. Da’Vine Joy Randolph, che è Mary, vista di recente in The Idol, si conferma ben più che una semplice caratterista. Compare brevemente Carrie Preston, che abbiamo amato nella serie tv The Good Wife e in True Blood.

Siamo comunque in un film di Alexander Payne, e questo garantisce una confezione pressoché perfetta, a partire dall’ambientazione, con una fotografia che indulge nel rifare la grana da anni ’70.

Ma racconta una storia di maniera, quasi un inno a un sistema educativo che ha dimostrato tutto il suo fallimento. Nonostante tanti bravi maestri e qualche studente più ricettivo, non molto è cambiato in 50 anni e questo film elegiaco sembra rimpiangere un bel tempo che fu, solo perché permetteva speranze. Che però non si sono avverate.

Scheda tecnica:

Regia: Alexander Payne

Cast: Paul Giamatti, Dominic Sessa, Carrie Preston, Da’Vine Joy Randolph

Distribuzione: Universal Pictures

Genere: commedia, drammatico

Pubblicato da Giuliana Molteni

Vado al cinema dalla metà degli anni ’50 e non ho mai smesso. Poi sono arrivate le serie tv.