The Creator – Recensione

Con The Creator, il regista Gareth Edwards ci racconta una sua storia sull’Intelligenza Artificiale, poetica e triste.

Siamo nel 2065, le capacità dell’Intelligenza Artificiale hanno raggiunto livelli inimmaginabili. Anni prima però uno spaventoso incidente nucleare, avvenuto per colpa di una IA, ha messo al bando il suo uso negli Stati Uniti.

Nella “Nuova Asia” invece hanno continuato a usarla e a migliorarla sempre più, dando l’avvio a una convivenza pacifica e virtuosa fra due specie diverse, quella umana e quella delle loro “repliche”, detti Simulant.

Ma figurarsi se gli USA intendono permettere a qualcuno di fare di testa propria e quindi hanno scatenato una guerra spietata contro quella parte del pianeta, alla caccia del “creator” delle nuove tecnologie. Per farlo usano un’arma che sembra la concretizzazione della collera divina, il Nomad, novella “Morte Nera”.

la morte nera

L’ala della Morte.

Si tratta di una specie di astronave da guerra con un’elegantissima linea che la fa assomigliare a una doppia ala, come di un arcangelo sterminatore, che scansiona il territorio e colpisce con precisione infallibile.

Il protagonista, Joshua, è un militare, umano con innesti robotici, scelto per risalire l’organizzazione dei cloni e distruggerla dall’interno. Ma l’amore ci mette lo zampino e provoca un ribaltamento di tutti i valori nei quali l’uomo era stato addestrato a credere, portandolo sulla barricata opposta. I nuovo cloni, governati da una IA sviluppatissima, non sono dei semplici “lavori in pelle” e Joshua ne avrà conferma quando farà la conoscenza del modello di ultima generazione, che ha le fattezze di una bambina.

John David Washington non mostra mai particolare espressività, come del resto anche nei suoi film precedenti. Gemma Chan è la sua amata per sempre. Assai ben scelta l’interprete di Alphie, la IA bambina, che è l’esordiente Madeleine Yuna Voyles, intensa e spontanea quando la sceneggiatura gliene dà occasione.

John David Washington

L’eroe in distress.

Altri volti noti nel cast, da Ken Watanabe a Ralph Ineson, Marc Menchaca e Michael Esper. The Creator è un film in cui un appassionato di cinema e di fantascienza riconosce citazioni ad ogni passo, a volerle chiamare così e non proprio “clonazioni”, tanto per restare in argomento.

Perché c’è l’Asimov di Io Robot con le sue Leggi, c’è (e come potrebbe mancare) Blade Runner con i suoi replicanti, ritirati a piacimento del loro creatore, e questo si riflette anche sull’estetica di molte sequenze e sulle scenografie. C’è tutto il cinema successivo, già a sua volta derivativo, che ha trattato il tema dei cloni.

In un dettaglio c’è anche qualcosa di Altered Carbon e ci sono un paio di robot che hanno il “fisico” di C1-P8 (in originale R2-D2) di Star Wars. Il protagonista difenderà la sua dotatissima protetta come facevano i padri con i propri figli in Fury o L’incendiaria.

Madeleine Yuna Voyles

Un microchip dietro la morbidezza di una guancia infantile.

Gli americani sembrano tornare ai tempi del Vietnam, mentre con mezzi di spropositata potenza cercano di annientare le aree dell’Oriente in cui si sono insediate le IA. E Allison Janney fa del suo Colonnello-donna una carogna degna del suo pari grado Quaritch di Avatar. Per non dire di altre citazioni che costituirebbero spoiler.

La storia, scritta dallo stesso regista Gareth Edwards (Godzilla, Rogue One) insieme a Chris Weitz, mixa e ammoderna il tutto con la sottolineatura del lato Intelligenza Artificiale, argomento oggi assai discusso e di tendenza. Mentre è inevitabilmente di maniera, ormai un grande classico, la cieca violenza e la malvagità incrollabile della razza umana, nella sua negazione dei propri errori e nell’incapacità da quegli errori di imparare.

Eppure, nonostante qualche caduta retorica, un paio di momenti confusi nel sottofinale e qualche coincidenza di troppo, The Creator, prodotto da Fox e solo distribuito da Disney Studios, lascia soddisfatti, un film di fantascienza confezionato con serietà, due ore e 13 minuti che passano veloci, sostenuti dalle musiche di Hans Zimmer.

Madeleine Yuna Voyles

Funziona infatti la fusione di temi pur già messi in scena, perché arricchita da una forte componente emotiva che Edwards ha mostrato di possedere fin dai tempi del suo film d’esordio del 2010. Che era Monsters, altra storia sulla cieca violenza militare, in cui la minaccia era rappresentata più da un’umanità disperata e senza scrupoli che da mostri lontani, e che aveva il pregio di lasciare di sé un ricordo stranamente malinconico.

Quanto alla famosa “Morale della Favola”, che tutti tendiamo a cercare, potremmo dire che, a questo punto, chi salva una IA (buona) salva l’umanità. Sempre nella speranza che lei smetta di imparare da noi e inizi a ragionare con la sua “testa”, riuscendo a evolversi in una direzione ben diversa dalla nostra, che infiniti lutti ha portato a noi e pure alle nostre emanazioni tecnologiche. Come Creatori, come Dio, non siamo stati granché.

Scheda tecnica:

Regia: Gareth Edwards

Cast: John David Washington. Madeleine Yuna Voyles, Gemma Chan, Allison Janney, Ralph Ineson, Ken Watanabe, Sturgill Simpson, Benedict Wong, Marc Menchaca, Michael Esper

Distribuzione: Walt Disney Studios

Genere: fantascienza, azione

Pubblicato da Giuliana Molteni

Vado al cinema dalla metà degli anni ’50 e non ho mai smesso. Poi sono arrivate le serie tv.