The Beekeeper – Recensione

Con The Beekeeper torna Jason Statham con una storia di vendetta, ma si sarebbe meritato un film migliore.

Dici allevatore di api e pensi a un saggio imprenditore, rispettoso dell’equilibrio ecologico, abituato a un rapporto pacifico con la natura e con una specie che può diventare letale, se maneggiata senza la dovuta cura.

In effetti il tranquillo e solitario Clay, che alleva api nei campi a lui concessi da un’anziana signora perbene, è uno pacificato, che vive in un ritiro dal mondo che lascia immaginare un passato turbolento da rimuovere.

Quanto turbolento lo capiremo quando la signora incappa in una truffa informatica, che le svuota i conti bancari lasciandola in uno stato di prostrazione totale.

Lo spettatore gongola, ben immaginando cosa succederà quando la vendetta di Clay colpirà i responsabili, odiosi truffatori di anziani indifesi e ingenui (fenomeno diffuso dovunque, ben reale e drammatico).

Jason Statham

Un uomo in giaccone vs due in completo, come finirà?

E per una parte del film si viene accontentati, mentre apprendiamo che Beekeeper non significa solo apicoltore ma è anche il nome di un gruppo di ex militari, segreto anche alle agenzie più segrete, incaricati di mantenere il Sistema dentro binari di accettabili regole di convivenza civile.

Si chiamano così perché l’insieme della società civile viene paragonato a un alveare (termine che ricorda in modo inquietante Resident Evil), dove vigono leggi severe, crudeli se necessario, atte a preservare l’equilibrio vitale.

Guai però se il comportamento di qualche elemento porta a un disordine che può essere fatale per il sistema, gli equilibri vanno ripristinati con rigore e senza fermarsi nemmeno se si rischia di arrivare alla Regina.

Josh Hutcherson

Josh Hutcherson, un viziato rampollo di potente famiglia.

Quando il Sistema è fuori controllo, io lo correggo. Siamo nel mood di Stallone/Cobretti: “Tu sei il male, io sono la cura”.

Quando però la caccia al “regolatore” si dispiega, da parte della misera FBI ma soprattutto da parte dei “cattivi”, il film deraglia su un piano che forse si voleva surreale stile John Wick mentre diventa solo grottesco, mischiano qualche personaggio con un minimo di plausibilità ad altri comicamente “ganassa”.

Del resto pure le gesta di Clay sono degne di un Ercole sovrumano, per forza, astuzia, imprendibilità, e chi più ne ha più ne metta.

Jeremy Irons

Jeremy Irons, o l’errore delle cattive frequentazioni.

Capace da solo di sgominare battaglioni e sicari che sembrano Hulk, Clay scalerà fino alle massime cariche la sporca piramide di potere, edificata anche con i soldi rubati alle vecchiette.

Che non vanno mai toccate, come già diceva il titolo italiano di un film di Mel Brooks nel lontano 1968.

La storia è scritta da Kurt Wimmer, che è stato anche regista di Equilibrium e Ultraviolet, poi autore dei remake di Atto forza e Point Break e di Mercenari 4, già a fianco del regista David Ayer per La notte non aspetta e nel complesso ci aspettavamo qualcosa di migliore.

Jason Staham

Jason Statham, convertito alla dolcezza.

A fianco di Statham, sempre monoespressivo e laconico come da suo canone recitativo, troviamo la sempre poco simpatica agente FBI Emmy Raver-Lampman, divisa fra Legge e Ordine e Giustizia, Bobby Naderi è il suo collega con le idee più chiare.

Il villain di stupida e spietata cattiveria è Josh Hutcherson, che deve interagire con Jeremy Irons, che con tutto il suo aplomb cerca di dare un minimo di credibilità al suo personaggio, ex capo della CIA passato incautamente al privato.

“Mammina cara” del cattivo è Jemma Redgrave, della nota famiglia, nipote di Vanessa ma non ha modo di farlo notare.

Jason Staham Jeremy Irons

Due diversi tipi di potere a confronto.

Si intravede una splendida Minnie Driver, mentre fra i gorilla-killer scatenati contro Clay si fa notare il monumentale Taylor James, con buffo accento (abbiamo visto il film in originale).

La povera pensionata ha la faccia nota di Phylicia Rashad. In generale, i film di vendetta sono liberatori, si sa, lo dicevamo di recente anche per Silent Night di John Woo.

Quando si vede qualche carogna abusare di un innocente, abbiamo la certezza che su di lui si abbatterà il castigo non divino (hai voglia aspettare) o legale (hai voglia sperare), ma quello impartito dall’eroe di turno, discutibile finché si vuole, ma ogni tanto un po’ di soddisfazione ci vuole.

Jason Staham

La pace bucolica di un guerriero.

Ma la bilancia che pesa i vari elementi di cui è composta la storia deve essere assai precisa, perché altrimenti la storia può risultare sbilanciata, o troppo elementare se eccessivamente sobria, o eccessiva, se si esagera nell’iperbole.

Che si accetta solo nel caso di una scrittura di personaggio davvero originale (Wick) o se sostenuta dal carisma dell’attore protagonista.

E Jason Statham di carisma ne ha, duramente guadagnato mentre scalava le classifiche con i suoi film, dagli action di onorata serie B per approdare alla serie A di Fast & Furious e di registi come Guy Ritchie (che gli aveva però dato fiducia fin dall’inizio con Snatch e Revolver).

Jason Staham

Un innocuo redneck ripulito?

Con i suoi due ultimi film Mercenari 4 e questo Beekeeper, sembra tornare allegramente alle sue vecchie produzioni di serie B/Z, e, vista la sua presenza anche fra i produttori, ben convinto quindi del progetto, che però la sua presenza non basta a salvare.

David Ayer è un regista discontinuo, sue le regie e le sceneggiature di Harsh Times, La notte non aspetta, Fury, Suicide Squad, il sanguinosissimo The Tax Collector, e ha scritto ma non diretto il primo Fast and Furious, End of Watch e Training Days.

Qui dirige con la mano sinistra, in modo piattamente televisivo, nell’accezione più negativa dell’aggettivo, piazzando anche un finale così brusco da far restare seduti fino alla fine dei titoli di coda, speranzosi che una scena post-credits giustifichi tanta fretta. Invano.

In Italia The Beekeeper è distribuito da 01 Distribution, mentre per gli USA campeggia il marchio Miramax, la gloriosa casa di produzione affossata dalla follia di Harvey Weinstein che il fratello Robert sta cercando di far risorgere. Non sarà questo il film che provocherà il miracolo.

Scheda tecnica:

Regia: David Ayer

Cast: Jason Statham, Josh Hutcherson, Jeremy Irons, Minnie Driver, Phylicia Rashad, Taylor James, Jemma Redgrave, Emmy Raver-Lampman, Bobby Naderi

Distribuzione: 01 Distribution

Genere: azione, thriller

Pubblicato da Giuliana Molteni

Vado al cinema dalla metà degli anni ’50 e non ho mai smesso. Poi sono arrivate le serie tv.