The Alto Knights – Recensione

The Alto Knights è un gangster movie vecchio stile, che riesce a spegnere una materia invece appassionante.

Ma davvero ai nostri giorni hanno ancora appeal le storie che trattano dei rozzi gangster italoamericani, che hanno imposto la Mafia ai probi anglosassoni, nonostante la loro volgare presenza? Oggi poi che i grandi gangster sono gli incravattati CEO delle multinazionali, i tecnocrati (loro meno ben vestiti), i boss cafoni della politica corrotta? Ma davvero?

In Warner, gloriosa casa di produzione pensano evidentemente di sì e hanno messo in mano all’80enne Barry Levinson il progetto riguardante la vita di Frank Costello e Vito Genovese. Che sono stati due dei gangster più famosi nella storia della Mafia americana, Costello così celebre che nel 1967 questo è stato il titolo italiano dato al film Le Samourai, del regista francese Jean-Pierre Melville, con Alain Delon come protagonista.

Nato nel 1891 in un paesino della Calabria, arrivato nella NY degli immigrati miserabili nei primi del ‘900, piccoli reati fin da ragazzo, entra poi nel giro che conta, i grandi gangster come Luciano, Lansky, Adonis e poi in associazione anche con Capone e Siegel (nomi che sono miele per gli appassionati del genere, protagonisti di tantissimi film).

Si ricava il suo posto nel giro del gioco d’azzardo e dello sfruttamento della prostituzione e poi del contrabbando di alcolici durante il proibizionismo. Insomma, uno che aveva il suo peso, capace anche di tessere collaborazioni con la politica che contava, nel suo caso quella democratica, e con Cosa Nostra di Palermo.

Robert De Niro

Robert De Niro nei panni di Frank Costello.

Finisce nelle maglie della Commissione del Senatore Kefauver nel 1951, che indagava sul crimine organizzato di cui non si riconosceva l’espansione a livello nazionale (che avrebbe significato la discesa in campo dell’FBI). Il lavoro della Commissione, citata anche nel Padrino II, le cui sedute erano trasmesse dalla televisione, aveva avuto un forte impatto mediatico, ispirando in seguito anche serie tv, film e romanzi.

Kefauver incrocerà la sua carriera con i Fratelli Kennedy, viste le sue ambizioni politiche, con JFK e con il fratello Robert, che aveva già perseguito il sindacalista in odore di mafia Jimmy Hoffa e diventerà consulente giuridico della Commissione antiracket proprio nel 1957/59, mentre Kefauver stava per candidarsi a sua volta alla presidenza.

Denominato dalla stampa il “Primo Ministro” della Mafia, nel 1957 Costello subisce un attentato quasi mortale e da lì decide di cedere il suo potere. Nella storia ufficiale sembra finita qui, mentre il film ci offre lo spunto per una diversa (e spassosa) interpretazione della famosa retata ad Apalachin nello Stato di New York.

Robert De Niro

Robert De Niro nei panni di Vito Genovese.

In quella retata era incappato proprio il gotha dei gangster di quegli anni, rastrellati come polli dalla polizia locale. L’incauta riunione aveva rappresentato un momento di rottura negli equilibri fra Potere e Mafia e, nonostante collusioni e corruzioni con polizia e politica, era iniziato un periodo di crisi.

Anche se sappiamo bene che si è trattato solo di facciata e non di sostanza, perché la Mafia non ha mai smesso di esistere, ha solo cambiato metodi. Metodi che ipotizzava già Costello stesso. Vito Genovese, di origine napoletana, condivideva con Costello la stessa “formazione” giovanile.

Era poi divenuto luogotenente di Luciano e sua longa manu durante gli anni della prigionia del non del tutto “Lucky”. Costretto a rifugiarsi in Italia per sfuggire alla galera per omicidio, Vito era diventato amico di alcuni gerarchi fascisti, ammanicandosi poi con le alte gerarchie dell’esercito americano di liberazione e prosperando con il mercato nero.

Robert De Niro Debra Messing

De Niro e Debra Messing, l’amata moglie di Costello.

Aveva così lasciato il campo libero a Costello, di cui pure era amico d’infanzia. Quando tornerà negli USA sarà ostilità e poi guerra prima clandestina poi dichiarata contro l’ex amico, reo di avergli sottratto la posizione che pensava gli spettasse.

In realtà viste le sue capacità intellettuali, Costello era all’altezza del compito ben più del brutale Genovese, uno che a leggere tanti aneddoti sembra un precursore di Totò Riina, ignorante, animalesco ma così spietato da imporre il suo ruolo col terrore.

Abbiamo estesamente parlato della storia di quegli anni proprio per far capire che infiniti film hanno avuto come protagonisti i nomi che abbiamo citato e quindi di materia per una narrazione appassionante ce ne sarebbe stata tanta. Ma Levinson non è Scorsese e nemmeno Coppola.

i "picciotti"

“Quei bravi ragazzi”, quelli veri.

Il regista, conferendo così al progetto un minimo di originalità, ha affidato a Robert De Niro entrambi i personaggi, qui alla sua quinta collaborazione con l’attore dopo Sleepers, Sesso & potere, Disastro a Hollywood e The Wizard of Lies, film tv sul truffatore Madoff. Il mitico 81enne Bob (ricordiamo una delle sue ultime fatiche, Killers of the Flower Moon di Scorsese) interpreta con pochi aggiustamenti Costello, mentre per Genovese recita con un trucco prostetico, che gli modifica i lineamenti.

Perché questa scelta? Per incuriosire gli spettatori? Più in generale potrebbe voler significare un’intercambiabilità del Male, come se due individui cresciuti insieme e poi coinvolti nella stessa attività, anche se con metodi diversi, non potessero essere poi tanto distanti anche fisicamente, le due metà della stessa mela.

The Alto Knights (nome di un celebre locale in cui i boss si ritrovavano) è un genere di film che è nel DNA Warner fin dai primi anni della settima arte, e traccia un affresco d’epoca curatissimo. Si vede la costosa messa in scena in ogni fotogramma (grazie Dante Spinotti), mentre si rispolvera non solo la storia del rapporto umano fra i due boss, ma si ripercorrono alcuni momenti storici importanti.

Robert De Niro

La famosa riunione ad Apalachin.

Oggi però in questo genere siamo abituati a rappresentazioni più secche, violente, a volte iperrealistiche, oppure, all’opposto, di rigore e sobrietà documentaristica. Barry Levinson come regista ci ha dato film come Rain Man, Good Morning Vietnam, Bandits, Liberty Heights, Rivelazioni, Toys.

Qui si attiene alla cronaca storica, indulgendo in simpatia nei confronti di Costello. Del resto Genovese era davvero un paranoico omicida, finito a occupare una posizione di rilievo senza merito se non per la sua propensione alla violenza assoluta e all’approvazione del traffico di eroina.

Ma non riesce a far scaturire quella scintilla che rende un film davvero appassionante, pur conoscendo la storia e non sentendosi di tifare per nessuno dei protagonisti. The Alto Knights è un film troppo lungo (123 minuti), statico, come una serie di quadri splendidamente composti messi in scena uno dopo l’altro, molti e prolungati faccia a faccia fra coppie di personaggi, con dialoghi lenti, spesso troppo ripetitivi e prolungati.

Si arriva così a sfiorare la noia, peccato mortale vista appunto la sostanza dei personaggi e la loro rilevanza anche se in negativo. E temiamo che la responsabilità si debba proprio attribuire al regista, in quanto la sceneggiatura è stata dallo specialista Nicholas Pileggi (Quei bravi ragazzi, Casino, American Gangster, The Irishman). Per i nostri adrenalinici tempi manca qualcosa, oppure siamo noi ormai irrimediabilmente “tarantinizzati”.

Scheda tecnica:

Regia: Barry Levinson

Cast: Robert De Niro, Cosmo Jarvis, Debra Messing, Katherine Narducci, Michael Rispoli, Wallace Langham

Distribuzione: Warner Bros

Genere: biografico, poliziesco, gangster

Pubblicato da Giuliana Molteni

Vado al cinema dalla metà degli anni ’50 e non ho mai smesso. Poi sono arrivate le serie tv.