Talk to Me – Recensione

Talk to Me, diretto dai Fratelli Philippou, è un horror tradizionale che però offre la possibilità di una lettura più intrigante.

Cosa sarebbe del cinema horror senza l’imprudenza di tanti adolescenti superficiali, annoiati, scontenti, che non hanno mai visto nessun film horror che parli di loro e delle tragiche conseguenze delle loro sciocchezze?

All’ozio, notoriamente padre di ogni vizio, si è aggiunto come stimolo la voglia di comparire sui social. E così via a ogni malsana idea tale da provocare qualche situazione che poi acchiappi like su TikToc o Instagram.

Questi giovani improvvidi nei decenni ne hanno fatte di ogni, hanno aperto quelle porte, svoltano nelle strade sbagliate, fatto weekend in posti infestati, sfogliato libri demoniaci, usato tavole Ouija, telefonato all’aldilà, evocato spiriti in ogni modo possibile. Quasi sempre pagando a caro prezzo la propria leggerezza.

Oggi arriva sugli schermi un film che sembrerebbe l’ennesima variazione sul tema e invece, grazie a una sceneggiatura meno banale del solito, lascia piacevolmente sorpresi, per la piega che prende la narrazione. Che si avvia inizialmente lungo binari ben noti, per poi svoltare in una direzione più interessante.

Sophie Wilde

Quando il gioco diventa troppo reale.

Siamo in Australia in un contesto di non disagiata middle class, un gruppo di ragazzi si ritrova ogni tanto per una serata “sovrannaturale”, in cui chi stringe una mano imbalsamata appartenuta a una medium, si può mettere in contatto con l’altro mondo, dove si sa che, come nel mondo reale, ci sono spiriti buoni e altri cattivi.

Il fine è girare video inquietanti che assicurano grande popolarità a chi li posta sui social. Fra i partecipanti, qualcuno pensa sia tutta una montatura, qualcuno è solo curioso, qualcun altro pensa di diventare protagonista per un breve momento. L’anello debole della giocherellona catena di sciocchi ragazzi è Mia, già ferita dal suicidio della madre.

Ha trovato conforto in una famiglia di vicini da cui è stata quasi adottata, con una madre affettuosa, una figlia che è diventata la sua migliore amica e un fratellino minore affezionatissimo.

Joe Bird

Quando il gioco diventa mortale.

Un piccolo screzio con l’amica, che sembra dimenticato, resta però a scavare in background e anche la mancanza di popolarità di Mia presso i membri dell’allegra compagnia contribuisce a forzarla ad atteggiamenti che le possano dare quella visibilità positiva cui aspira.

Quando Mia decide di partecipare alla serata spiritica, sarà proprio lei a dare inizio a quella che diventerà una tragedia. L’inferno esiste, forse esistono gli spiriti malvagi, ma a fornire materiale per tutto questo siamo noi, con i nostri fantasmi personali. Perché si sa che il male si insinua là dove trova una crepa, che mette radici in un terreno fertile.

Talk to Me è diretto dai due promettenti gemelli australiani Danny e Michael Philippou, responsabili del canale YouTube RackaRacka, che raccoglie video comico/splatter, parodia di altri prodotti horror (Danny scrive anche la sceneggiatura insieme a Bill Hinzman e Daley Pearson).

L’inquietante co-protagonista della storia.

A produrre, tanto per cambiare, da A24, ormai una certezza per vari generi di storie, perché solo negli ultimi tempi ha messo sul mercato film molto diversi come Creature di Dio,  The Whale, Beau ha paura. Come oggetto scatenante si mette una mano, elemento anatomico già molto presente nel genere horror.

Uno dei primi a farlo però era stato Guy de Maupassant con il racconto La mano scorticata, poi il primo film muto del 1924 era stato Le mani di Orlac, tratto dal romanzo di Maurice Renard, oggetto di un primo sequel con Peter Lorre e di un secondo in cui compare Chistopher Lee, che nel 1965 interpreterà un episodio del film Le cinque chiavi del terrore, in cui pure c’è una mano vendicativa.

Maurice Tourneur, padre di quel Jacques che dirigerà Il bacio della pantera, nel 1943 è il regista di La mano del diavolo. Nel ’63 La mano strisciante metteva in scena il braccio di un astronauta posseduto da una volontà aliena. Peter Cushing salva una famiglia da una mano assassina nel film La maledizione (1973).

Zoe Terakes

Uno degli organizzatori della serata, in cerca di visibilità social.

Il più ricordato è La mano di Oliver Stone del 1981, dal romanzo di Marc Brandell. E come dimenticare la mano di Bruce Campbell in La Casa 2 e altri prodotti di allegra demenzialità: Waxwork 1 e 2, Giovani diavoli, Splinter.

Un ruolo a parte è quello della simpatica Mano della Famiglia Addams. Anche nell’animazione non è mancata una mano omicida, nel giapponese Bem (1968). Qui una mano appartenuta a una defunta è il tramite fra questo e l’Altro Mondo e si sa che invece andrebbero tenuti accuratamente separati.

Film horror convenzionale fino ad un certo punto, con qualche momento splatter e i “jump scare” mai ricercati con effetti plateali, Talk to Me finisce per raccontare la storia di un profondo disagio emotivo, di una grande solitudine e di un’infelicità la cui profondità non viene riconosciuta in tempo e in questo modo il film riesce a trovare una sua dimensione meno convenzionale del previsto.

Senza ridursi a dover parlare con i morti, per vedersi riconosciuti nella nefasta dimensione social, sarebbe bene che nelle famiglie tutti si parlassero di più, per evitare che le ferite inevitabili si infettino e incancreniscano, per tenere i figli e i genitori più vicini, evitando che si allontanino inoltrandosi su strade da cui tornare sarà difficile.

Come già dicevano i Pink Floyd nel Processo di The Wall: “Avresti dovuto parlarmi più spesso”. E avresti dovuto anche ascoltarmi, ci sentiamo di aggiungere.

Scheda tecnica:

Regia: Danny e Michael Philippou

Cast: Sophie Wilde, Miranda Otto, Joe Bird, Zoe Terakes, Alexandra Jensen, Chris Alosio

Distribuzione: Midnight Factory

Genere: horror

Pubblicato da Giuliana Molteni

Vado al cinema dalla metà degli anni ’50 e non ho mai smesso. Poi sono arrivate le serie tv.