Torna nelle sale Sugar Man, la biografia di Sixto Rodriguez, originale cantautore dalla strana carriera.
Per festeggiare il suo decimo anniversario, la casa di distribuzione I Wonder ha deciso di riportare in sala il film documentario Sugar Man, che anche lui compie i suoi dieci anni di vita, per ricordare Sixto Rodriguez, morto nell’agosto di quest’anno.
Da una delle sue canzoni deriva anche il nome della società stessa, che di recente ha distribuito due film interessanti come Rheingold e Piggy. Sugar Man, documentario addirittura vincitore dell’Osca 2013, racconta una storia ignota ai più.
Sixto Rodriguez, cantautore nello stile di Bob Dylan (in Italia definito spesso “menestrello”), era un poetico Hobo nella grigia Detroit degli anni ’70, sconosciuto anche per sua volontà, mentre passava di locale in locale per cantare le sue composizioni, in un perenne on the road come quei tempi sembravano imporre.
Nato nel 1942, sesto figlio di un messicano e di una donna di origini europee, Rodriguez viene notato da due produttori che gli pubblicano i due primi (e unici) LP nel ’70 e nel ‘71, Cold Fact e Coming from Reality, che però vendono pochissime copie.
Sixto Rodriguez, un’icona di nicchia.
La casa discografica Sussex, diretta da uno dei boss della Motown, Clarence Avant, rescinde il contratto. E Sixto, dopo la notizia di un suo suicidio durante un’esibizione live, cade nel dimenticatoio.
L’artista è insomma arrivato a sfiorare la fama internazionale ma il destino lo ha voluto protagonista di ben altra parabola esistenziale. Paradossalmente infatti diventa un’icona di culto assoluto per vie traverse (le vie del Signore sono sempre infinite). I suoi LP arrivano in Sud Africa e là spopolano.
Sono i tempi del governo Botha, delle sanzioni internazionali per l’apartheid, il regime è spietato e repressivo, moralista e conservatore (c’è solo una Tv di Stato) e grazie ai suoi testi Rodriguez diventa un’icona per i giovani ribelli, un “hippy scuro” (dalla copertina del suo disco) sempre schierato contro il “sistema”.
A long and winding road.
La canzone Cold Fact diventa inno di questi contestatori e all’interno della comunità Afrikaans nasce un movimento di protesta musicale, dichiaratamente ispirato al misterioso cantante. Trent’anni dopo sulle sue tracce si avventurano due fan appassionati, cresciuti con la sua musica: Stephen Segerman, oggi proprietario di un negozio di dischi a Cape Town, e Craig Bartholomew Strydom, critico musicale, che sono riusciti a rintracciarlo.
Grazie a questa ostinata ricerca Sixto a 70 anni ha ricevuto un riconoscimento tardivo, un risarcimento dell’ingiusta sorte subita. Nel 1998 ha tenuto sei concerti sold out in Sud Africa, dopo anni di duro e coerente lavoro passati lavorando nell’edilizia, senza smettere di impegnarsi nella politica e nel sociale.
Lo svedese Bendjelloul ha realizzato un’opera che ricorda certi astuti mockumentary, intrigando nella ricerca lo spettatore. Le riprese sono state effettuate con il suo telefonino, per sfruttare l’agilità del mezzo tecnico, aggiungendo qualche originale inserto animato e arricchendo le riprese con un’applicazione che riproduce in digitale la rimpianta imperfezione della vecchia pellicola, del tutto adatta alla storia narrate, dai sentimenti “vintage” anch’essa.
Il film contiene 14 canzoni di Rodriguez e la colonna sonora del film è stata pubblicata da Sony Music Italia e Legacy Recordings. Unico appunto, Bendjelloul omette di raccontare che dal 1970 all’81 Rodriguez ha portato con successo la sua musica in Australia, forse per semplificare l’arco narrativo.
“Se la realtà respinge i tuoi sogni, bisogna adattarsi per continuare a vivere senza abbandonarli del tutto”, e Sixto ha continuato a crescere la sua famiglia in base ai suoi principi, insegnando loro l’amore per l’arte e la bellezza. “For a blue coin, won’t you bring back all those colours to my dreams”.
Scheda tecnica:
Regia: Malik Bendjelloul
Documentario
Distribuzione: I Wonder, Unipol Biografilm Collection
Genere: documentario, musicale