Uno splendido ritorno di Gary Oldman.
Ci sono i purosangue e ci sono i brocchi, ci sono i cavalli che sfrecciano verso il traguardo in testa al gruppo, mentre gli altri si affannano per restare in gara e con il loro affanno fanno risaltare ancor più la classe del vincitore.
Ci sono cavalli veloci e cavalli lenti. Gli Slow Horses di cui ci racconta la serie tv disponibile si Apple Tv plus , due stagioni e una terza già completa e una quarta in produzione, sono agenti dell’MI5 (sicurezza interna inglese) caduti in disgrazia, per naturale decadenza dovuta a stress, alcol ed età, per errori commessi, per incapacità dimostrate, per intemperanze caratteriali. Sono ancora in pista, cercando di tirare sera con il minimo sforzo, amareggiati e delusi.
Eppure basta l’accenno di un caso denso di sviluppi per risvegliare la loro vera natura. A capo del miserabile ufficio detto il Pantano (Slough House), sporco e cadente, c’è un ancor più miserabile, sporco e cadente responsabile, Jackson Lamb (Gary Oldman al massimo del suo più nobile istrionismo), un ex grande ormai decaduto, incattivito, astioso, cinico, ben deciso a non lasciarsi più incastrare in casi impegnativi.
Arroccato nel suo regno dimenticato, sembra pensare solo a chiudere una giornata dopo l’altra senza far niente, mentre si ingozza di cibo cinese e scola bottiglie su bottiglie, fumando una sigaretta dopo l’altra, sempre chiuso nel suo lurido impermeabile.

Gli altri dell’ufficio sono River, figlio d’arte che però durante un’esercitazione ha commesso un errore che non gli è stato perdonato; il giovane Roddy, odioso mago del computer, presuntuoso e inviso a tutti; Catherine, un’anziana signora, che potrebbe sembrare una banale segretaria, che cerca invano di mediare fra Jackson e il resto della truppa, a lui legata da antichi eventi dolorosi.
Altri colleghi, suscettibili di scomparsa, sono affidati ad attori poco noti ma perfettamente scelti, a conferma del livello sempre alto di un certo tipo di prodotti televisivi, che qui non riusciamo mai ad uguagliare. Nel ruolo del nonno di River, vecchia spia di lungo corso a riposo, compare il mitico Jonathan Price e Kristin Scott Thomas è la Lady di ferro dell’MI5.
Le storie sono tratte dai romanzi di Mick Herron, nei quali aleggia lo spirito di John le Carré, la prima stagione dal libro Un covo di bastardi, la seconda da In bocca al lupo. La prima stagione vedeva i protagonisti alle prese con un caso che mescolava a figure di alto livello la feccia razzista di estrema destra, strumentalizzata per sporchi giochi di potere nell’imminenza delle elezioni politiche.

Nella seconda invece ci sono di mezzo la grande finanza degli oligarchi espatriati e i russi che vogliono metterci le mani sopra, mentre al vertice del Governo si sta consumando una distraente faida per il conseguimento del potere. Solo Lamb si ricorda delle “cicale”, agenti russi infiltrati e dormienti anche per decenni, la cui esistenza non è mai stata presa sul serio dai capi dell’agenzia.
Tutti vorrebbe essere i primi della classe, emergere a ogni costo. E in quest’ansia perdono di vista elementi fondamentali che invece agli agenti senza speranza del Pantano non sfuggono affatto. Slow Horses racconta un mondo di ombre, in cui il successo si misura in quanto sembra non esistere, con quel realismo piatto che non esclude crudeli esecuzioni, perché nel mondo delle spie la realtà supera ogni finzione, ancora oggi, finita la Guerra fredda, caduto il Muro di Berlino. Il Novichok insegna.
E perché tanto lottare, affannarsi, perché affrontare tanti rischi, rischiare di finire ammazzati (qualche volta riuscendoci)? Per il Re e per la Patria? Per gli ambiziosi e arroganti Primi Ministri? Per la loro altezzosa e spietata superiore, l’algida Direttrice dell’MI5? No, e nemmeno per i soldi di un mediocre stipendio.

Talvolta si fa per amore, per amicizia, per vendetta anche. Ma spesso perché i protagonisti di Slow Horses sono così, sanno quello che sono e in fondo non possono fare diversamente, perché quella è la loro natura di vere spie. Sempre con humor beffardo e aplomb molto british. Sigla iniziale sulle note di Strange Game, scritta nientedimeno che da Mick Jagger insieme a Daniel Pemberton: “Circondato da perdenti, disadattati e ubriaconi, appeso per le unghie, hai commesso un errore, sei stato bruciato sul rogo, sei finito, sei sciocco, hai fallito”.
Sintesi perfetta dei nostri Slow Horses, pronti però a stupirci, alla giusta occasione.
Scheda tecnica
Ideata da Morwenna Banks, Will Smith, Jonny Stockwood, Mark Denton
Cast: Gary Oldman, Jack Lowden, Kristin Scott Thomas, Saskia Reeves, Christopher Chung, Dustin Demri-Burns, Rosalind Eleazar
Distribuzione: Apple Tv
Genere: spionaggio, drammatico