September 5 ricostruisce le tragiche ore dell’impresa terroristica compiuta da Settembre nero nel 1972.
Ci sono eventi storici, diversi in base all’età, che ciascuno di noi ha impressi nella memoria, come ne ha avuto notizia, dove si trovava, cosa stava facendo in quel momento. Senza forse riflettere da dove gli sono arrivate queste notizie, una voce per radio, un filmato in un telegiornale, oggi un video sul cellulare.
E le immagini rimaste nella memoria da chi sono state fotografate, filmate, commentate, chi ha scelto quali e come diffonderle? Problemi di un tempo, oggi tutti girano video e in tempo reale li diffondono grazie a Internet. Ma prima del web, come funzionava?
L’ottimo film September 5 (sottotitolo italiano per spettatore distratto “La diretta che cambiò la storia”) ce ne parla, raccontandoci da un’angolazione insolita uno di quegli eventi storici che hanno segnato un’epoca, facendo da spartiacque fra un prima e un dopo, il sequestro degli atleti israeliani nel villaggio olimpico a Monaco avvenuto il 5 settembre 1972.
Il gruppo dei terroristi si chiamava Settembre nero in memoria della repressione e delle stragi nei confronti dei palestinesi avvenute in Giordania a partire dal 1970, per mano dei Re Husayn (in Italia noto come Hussein) con l’appoggio di Stati Uniti e Israele.

Tre grandi professionisti, nella finzione e nella realtà.
Una troupe di giornalismo sportivo della rete americana ABC aveva preso stanza vicino alla residenza degli atleti israeliani. A loro dobbiamo l’immagine simbolo di quella tragica giornata, uno dei terroristi sul balcone di una delle stanze in cui erano asserragliati, con il viso nascosto da una specie di passamontagna, immagine inquietante che, pure sgranata dalla distanza, è rimasta nella storia.
Tutto sarà raccontato da quel punto di vista, mentre la frenesia professionale afferra tutti i giornalisti e i tecnici, i dirigenti e i cameramen, tutti impegnati a superare ogni ostacolo tecnico e fisico per diffondere le immagini che loro per primi avevano catturato, dando copertura mondiale a un evento che tutto il mondo doveva vedere.
Finirà malissimo, come la cronaca ci insegna. Ma la loro diretta farà storia e sarà vista da 900 milioni di persone. Nel film non si discute su chi avesse ragione o torto, non importa chi fossero e che radici avessero i terroristi, si dà giustamente per scontato che lo spettatore sappia e comunque l’enormità del gesto allora era stata tale da sovrastare le polemiche ideologiche.

Leonie Benesch interpreta l’indispensabile, coraggiosa interprete.
Colpisce che si discutesse se chiamare i sequestratori “membri di un commando” o più giustamente “terroristi”. Quella giornata è stata ovviamente trattata da altri documentari e film, il primo è stato 21 ore a Monaco, del ‘76 con William Holden, poi il celebre Munich di Steven Spielberg (che nel suo incipit usa proprio immagini della ABC) e l’ottimo documentario Un giorno a settembre di Kevin Macdonald del 1999.
Settembre 5 è diretto dallo svizzero Tim Fehlbaum, che insieme al tedesco Moritz Binder e ad Alex David, scrive una sceneggiatura candidata giustamente agli Oscar. Pur nella frenesia di una troupe sovrastata da problemi inizialmente tecnici più ancora che morali, riesce con contenuta emotività a far trasparire l’enormità dell’impatto che quella vicenda ha avuto sul mondo.
Perfetto tutto il cast, Peter Sarsgaard (visto da poco in Memory) è il leggendario produttore Roone Arledge e Ben Chaplin l’altrettanto famoso Marvin Bader, John Magaro (The Agency) interpreta il giovane Geoff, alla sua prima diretta, Leonie Benesch è la giovane interprete (indispensabile, nessuno nella troupe parlava tedesco). Pieno di facce note il gruppo degli altri collaboratori (Zinedine Soualem, Corey Johnson fra gli altri).

John Magaro è Geoffrey Mason, il direttore al suo primo incarico importante.
Affascinante, e fa strettamente parte della riuscita del film, la ricreazione dei “semplici” problemi tecnici che tutti affronteranno, dei dubbi etici che si affacciavano alla coscienza dei vari personaggi mentre le ore passavano. Inoltre vedere oggi come funzionava uno studio televisivo sembra davvero archeologia tecnologica, un miracolo dell’ingegno umano.
Tutto era concreto, niente era digitale, i negativi andavano consegnati e sviluppati, le didascalie composte a mano, le telecamere pesantissime spostate fisicamente con grande sforzo. Impalpabile ma pesantissima era la regola di dare solo notizie confermate da almeno due fonti, e lo scrupolo di mostrare eventuali uccisioni in diretta.
Quando tutto finirà, meno di 24 ore dopo, la tensione calerà, il gruppo si scioglierà, conscio di avere portato a termine un lavoro che sarebbe passato alla storia. A bocce ferme, dopo l’enorme fallimento cui avevano assistito, la vergognosa incapacità di gestione politica e la tragedia dei destini che si era compiuta, un solo fotogramma, troncato, ci farà capire più di mille melodrammi.

Peter Sarsgaard interpreta il leggendario produttore della ABC Roone Arledge.
Qualunque opinione si abbia sulla situazione attuale, sul rapporto fra l’Israele di oggi e il resto del mondo, su quanto sta succedendo dal 1948 a oggi in quelle aree, resta che l’azione terroristica del 1972 ha dato il colpo di manovella per avviare un tragico processo che è peggiorato nei decenni, come la famosa pallina di neve che rotolando diventa una valanga devastante e per questo consigliamo di rivedere anche Munich (visibile su Paramount +), nel quale perfino Spielberg già nel 2005 esponeva i suoi dubbi attraverso alcuni personaggi.
Chi per primo e con quali intenzioni abbia iniziato a far rotolare quella pallina ormai è sterile dibattito da talk show, contano i risultati e quelli sono lì a mostrare l’ormai irremovibile groviglio di colpe, di reazioni, di stragi, di altre stragi in risposta, di abusi, di prepotenza, di altre reazioni e provocazioni e così via in un odio irrimediabile, che si trascinerà fino alla fine dei tempi. Figurarsi adesso che si pensa di risolvere parlando di Riviere.
Siamo partiti da Caino e Abele, forse Caino era stato provocato, esasperato, forse Abele non era un santo come ce lo hanno disegnato, come in tante storie in cui un fratello riesce a far sempre sembrare l’altro il colpevole delle sue malefatte.

Di tutto noi sappiamo quello che qualcun altro ci ha raccontato, fedelmente o falsando ad arte, documentando con prove sincere o artefatte, suggerendo interpretazioni oneste o ingannevoli. Poi sono arrivate le fotografie e poi i filmati. Eppure tutto è relativo e il taglio che si imprime a qualunque narrazione è sempre personale, anche nell’assoluta presunzione di obbiettività del narratore.
Oggi il problema è tragico, non si crede più a nulla perché tutto potrebbe essere falso nella stessa percentuale del vero. Onore al merito a chi, senza pensare alla propaganda (e solo in seconda battuta agli indici di ascolto), ma seguendo solo la propria passione per un mestiere non a caso oggi in estinzione, il giornalista, il 5 settembre 1972 è andato a caccia di quelle immagini che ancora oggi ricordiamo, quando, dove e come abbiamo visto.
Scheda tecnica:
Regia: Tim Fehlbaum
Cast: Peter Sarsgaard, John Magaro, Ben Chaplin, Leonie Benesch, Corey Johnson, Zinedine Soualem
Distribuzione: Eagle Pictures
Genere: drammatico, storico