Piccole cose come queste – Recensione

Piccole cose come queste è un film che racconta una drammatica storia sui conventi della Magdalene ma con un approccio narrativo diverso.

Siamo in Irlanda, negli anni ’80, in uno di quei paesini dove tutti si conoscono e si fanno i fatti degli altri. Il mite Billy, uomo ferito da una vita dolorosa, ha una piccola attività di commercio di carbone e legna, con cui mantiene a stento la sua famiglia, moglie e cinque figlie.

Il suo cliente più importante è il vicino convento, gestito con pugno di ferro da una rispettata e temuta Madre Superiora. Tutto il paese, tutta la zona sa che è lì che vengono portate dalle famiglie le figlie che hanno peccato e sono rimaste incinta, portando il disonore in casa.

E tutti sanno che è durissimo il trattamento cui sono soggette le ragazze, spesso giovanissime e vittime dell’atteggiamento predatorio dei maschi locali, che al contrario non pagano mai le conseguenze del loro gesto.

Come abbiamo visto altre volte su grande e piccolo schermo, anche nel caso del film Piccole cose come queste si racconta una vicenda che riguarda le tristemente famose Magdalene, quella rete di conventi che dagli inizi del ‘900 ha dettato legge impunemente in Irlanda, compiendo veri e propri crimini ai danni di vittime innocenti (ma questi conventi per donne “peccatrici” erano nati già verso la fine del 1700).

Cillian Murphy

Un uomo solo fra i tanti mali del mondo.

Le ragazze infatti, trattate come schiave, venivano sfruttate per mandare avanti redditizie attività a costo zero e i loro bambini erano rivenduti a coppie benestanti, che li pagavano a peso d’oro, si dice 1000 sterline a neonato.

Tutto questo grazie a protezioni a vario livello, i loro superiori religiosi, avvocati e amministratori che fingevano di non sapere, intoccabili dietro lo scudo della loro indiscussa autorità, grazie a un sistema di intimidazioni di stampo mafioso.

A tutto questo sistema, noto ma sotterraneo, non riuscirà a non ribellarsi Bill quando il caso gli sbatterà in faccia quello che succede nel convento, facendo scattare il meccanismo dei suoi ricordi d’infanzia, finora rimossi.

La falsa tranquillità di un piccolo salotto assediato dai problemi.

Ma agire, anche solo parlare e non accettare il ricatto implicito di suore, della sua comunità e perfino della famiglia, nella ristretta comunità può portare all’emarginazione, alla sconfitta.

Cllian Murphy, oberato di proposte di lavoro dopo il successo di Oppenheimer, per tornare sugli schermi ha scelto un piccolo film che sembra non raccontare niente di nuovo. Ma in Piccole cose come queste, distribuito da Teodora Film, tratto dal libro Piccole cose da nulla di Claire Keegan, a contare non è tanto per la storia che narra, tristemente nota, ma accettata e quasi giustificata, visti i lunghi anni per i quali si è protratta, grazie alla potenza degli appoggi di cui le suore godevano.

Altri film hanno ben raccontato delle “Magdalene Laundries”, perché l’attività principale di questi posti era il lavaggio dei panni sporchi, concretamente, al di là di ogni facile metafora, fenomeno durato fino all’inizio del nuovo millennio, quindi pochissimi anni fa, con oltre 30.000 ragazze sfruttate e devastate psicologicamente e poi restituite al mondo esterno senza nessun appoggio.

Cillian Murphy

I reprobi a cospetto dell’autorità.

Ricordiamo il tesissimo film Madgalene di Peter Mullan, Leone d’oro a Venezia nel 2002, l’altrettanto drammatico Philomena di Stephen Frears, che 2013, con Judi Dench. Ma merita una menzione anche la serie tv The Woman in the Wall, con Ruth Wilson.

Il film è diretto dal belga Tim Mielants, amico di Murphy dai tempi di Peaky Blinders, autore fra l’altro della bellissima serie tv Tales from the Loop e del film De Patrick. Mielants gira con tonalità scure e molte scene poco illuminate, a rendere l’oppressione delle vite dei personaggi, mentre fa della storia una favola alla Dickens, autore del resto citato nel film proprio da Bill.

L’ambientazione bene rende la soffocante miseria, la grettezza di una comunità abbrutita, il peso del ricatto subito da tutti. Non è casuale l’insistenza sul rituale lavaggio delle mani sporche di carbone da parte di Bill, gesto pilatesco, suscettibile di metafora.

La sceneggiatura è di Enda Walsh, già responsabile del memorabile Hunger, e Claire Keegan (The Quiet Girl). Il film si appoggia su un intenso Cillian Murphy con i suoi limpidissimi occhi specchio di tutte le miserie che ha dovuto subire, cui deve costantemente assistere, pochissime le battute che pronuncia.

Splendida Emily Watson, la Superiora, donna di potere che trasmette costante, velata minaccia. In questo film non conta tanto ripercorrere il caso delle Magdalene, qui a contare, attraverso la toccante figura del protagonista, è il discorso della coscienza individuale, del prezzo che si paga quando si decide di fare la cosa giusta, anche se sembra davvero un gesto di autolesionismo.

Più comodo fare finta di niente, restando nell’aura della benevolenza del potente di turno. Discorso che vale sempre, quando parliamo del rapporto fra un potere incontrollato e un cittadino messo in situazione di soggezione. Ma chi salva una ragazza salva l’umanità.

Scheda tecnica:

Regia: Tim Mielants

Cast: Cillian Murphy, Emily Watson, Eileen Walsh

Distribuzione: Teodora Film

Genere: drammatico

Pubblicato da Giuliana Molteni

Vado al cinema dalla metà degli anni ’50 e non ho mai smesso. Poi sono arrivate le serie tv.