Opus – Recensione

Opus racconta con sarcasmo e humor nero il nulla che prospera dietro certe facciate di successo, senza particolare originalità però.

Venera la tua stella, è il sottotitolo italiano del film Opus, perché il proprio idolo non si ammira, non si stima, si venera.

Quando si sparge la notizia che il famoso Alfred Moretti, divo canoro pop del passato ormai anziano, dopo vent’anni di pausa, ha finalmente inciso un nuovo disco, la curiosità mondiale esplode, ben manovrata dalla “propaganda”, che trova la sua eco sui media tradizionali e sui social.

Il nuovo disco sarà presentato a un gruppo ristretto di eletti, in una località segretissima, e si scatena la caccia all’invito. Nella redazione di una storica testata musicale, lavora da tre anni la frustrata Ariel, che non riesce ad ottenere l’evidenza desiderata, forse meritata, da Stan, il suo capo maschilista.

Quando a sorpresa riceve anche lei l’invito, la sua curiosità esplode, pur scettica nei confronti di tutta la faccenda. Finirà in una località davvero segreta, un compound colonizzato da Moretti e dai suoi seguaci, insieme a un gruppetto di “eletti”, patetici avanzi di un ambiente in decadenza, e una sola coetanea, una frivola influencer.

Ayo Edebiri

L’austera e professionale reporter, in maglioncino di lambswool in mezzo a lustrini e lamé.

Dubitiamo forse che sul posto cominceranno ad accadere inquietanti fatti, mentre la “setta” di collaboratori del divo prepara gli invitati per l’evento supremo? Opus non è un Invito a cena con delitto o un qualche clone di Cluedo o Knives Out, con i “figli minori” Invito a un assassinio e Invito a un omicidio o la serie tv Morte e altri dettagli.

Non è nemmeno una variante senza sesso di Blink Twice, così come manca la satira sociale di Triangle of Sadness. Sembra ricordare A Murder at the End of the World, la serie tv con Emma Corrin, e di più il film The Menu. Quanto alla riflessione sulla celebrità, ci ha ricordato Vox Lux, di Brady Corbet, che ugualmente non ci aveva convinto.

John Malkovich si diverte a vestirsi di bizzarri costumi e a esibirsi in canzonette imbarazzanti, roba dance stantia con testi che invitano allo sballo e al sesso, che esegue addobbato da far impallidire il caro Elton, con mossette allusive fuori tempo massimo (e tutto questo fa parte della satira).

John Malkovich

Il Divo, in stile Liberace.

Ma gli invitati sono deliziati, si esaltano e manifestano incondizionata approvazione, entusiasmo a palla. Il compiaciuto direttore Stan (Murray Bartlett) si gratifica del far parte di un mondo ben più scintillante della sua redazione, la conduttrice di talk Clara, party girl attempata (Juliette Lewis) rimpiange antichi sballi.

Il giornalista (Mark Siversten) che vanta intransigenza di giudizio e purezza professionale, non avrebbe di che campare se non criticando il suo stesso ambiente. La fotografa di presunte celebrità del nulla (Melissa Chambers), “maschiaccia” che si atteggia a novella Lee Miller, è un’anziana di cui non importa più a nessuno, come è per la rampante socialité (Stephanie Suganami) in cerca di visibilità.

L’amato caratterista Tony Hale (un titolo per tutti, Veep) interpreta l’agente di Moretti, venditore di fumo senza arrosto, spiritoso avanzo anche lui di glorie passate. Ayo Edibiri (The Bear) è Ariel, la protagonista, la giovane ambiziosa cronista di cose superflue, che non riuscirà mai a farci parteggiare per lei, perché già prematuramente presuntuosa e giudicante.

Ayo Edebiri Juliette Lewis Murray Bartlett

Chissà cosa starà per succedere ai baldi invitati.

Nella valida colonna sonora, dai disturbanti accordi, si notano le “canzonette” scritte anche dal glorioso Nile Rodgers. Scrive e dirige il quasi esordiente Mark Anthony Green e lo aspettiamo alla prossima prova.

A parte la prevedibilità della trama, così prevedibile che lo spettatore si aspetta in continuazione di essere stupito da qualcosa di diverso (e non succede), Opus, distribuito da I Wonder, si rivela una satira palese del nulla su cui si basano certe attività “artistiche”.

Che vivono di uno scambio di fasulle news, di trionfalistici comunicati, di novità ammuffite, di rivoluzionarie uscite che tali non sono neanche lontanamente, alimentandosi a vicenda in un ipocrita circolo vizioso che impedisce a tutti di rinnovarsi.

Fra sepolcri imbiancati dovrebbero capirsi e collaborare e invece l’arroganza, la presunzione, la boria di ciascuno sarà rovinosa. Tutto potrà rivelarsi come un piano macchinoso per proseguire nella stessa direzione, in eterno, nonostante o proprio grazie a nuovi metodi di comunicazione.

Ma quando il “witz” finale è fumoso e la storia non ha appassionato, allo spettatore passa anche la voglia di interrogarsi e questo sancisce la scarsa riuscita di un film.

Scheda tecnica:

Regia: Mark Anthony Green

Cast: Ayo Edebiri, John Malkovich, Juliette Lewis, Murray Bartlett

Distribuzione: I Wonder Pictures

Genere: horror, drammatico

Pubblicato da Giuliana Molteni

Vado al cinema dalla metà degli anni ’50 e non ho mai smesso. Poi sono arrivate le serie tv.