Con Oppenheimer Christopher Nolan traccia un affascinante ritratto della figura del noto “padre della Bomba”, ricco di implicazioni.
Christopher Nolan, dopo il suo esordio alla regia con il primo film, Following del 1998, nel giro di due anni, con Memento del 2000, si è guadagnato immediatamente un ruolo di culto, che si è confermato, anzi è aumentato di film in film.
Dopo lavori diversi come The Prestige, Inception, Interstellar, Dunkirk, Tenet e la sua saga su Batman, arriva su grandi e grandissimi schermi il suo Oppenheimer, film girato in pellicola a 70 mm, anche in Imax.
Perché Nolan, qui per la prima volta con Universal, mentre in precedenza aveva sempre lavorato con la Warner, è un fautore estremo della visione in sala e si è sempre fermamente rifiutato di far uscire diversamente i suoi film. E a ragione. E che soggetto ha scelto, per questo suo nuovo esperimento cinematografico?
Ha scelto un personaggio che nella mancanza di informazione dei nostri tristi giorni, a molti potrà dire poco. Julius Robert Oppenheimer, comunemente definito “il padre della bomba atomica”.
Tormentato genio che, dopo i suoi studi negli anni ’20 e le rivoluzionarie teorie successive, negli anni ’40 è chiamato a dirigere il Progetto Manhattan, insieme a un gruppo di eccelsi fisici nucleari, costituendo quel formidabile gruppo di ricerca che ha portato all’invenzione della bomba atomica. Che nell’agosto del 1945 sarà sganciata prima su Hiroshima e subito dopo su Nagasaki, per far capitolare il Giappone.
Evento epocale, portatore però di un’enorme serie di implicazioni morali, capace di gettare una pesante ipoteca sulle future politiche del mondo, trascinandolo in una folle escalation di morte, tanto da far pronunciare allo stesso Oppenheimer la famosa frase “Sono diventato Morte, il distruttore dei mondi”.
Da eroe nazionale però, a causa dei suoi dubbi etici, era stato velocemente retrocesso a nemico pubblico dall’isteria anti-comunista del nascente maccartismo e, nel 1954, trascinato in un’inchiesta non ufficiale, tesa a screditarlo, nonostante le molte manifestazioni di solidarietà da alte figure nel mondo della scienza e della politica (e pure dei militari).
La prima parte della narrazione intreccia velocemente diversi piani temporali, in un’alternanza fra colore e bianco e nero, oggi, ieri e l’altro ieri, il personale e il pubblico, il privato e il politico, per darci un veloce ritratto del personaggio.
Sono messe in scena anche le fasi dell’udienza di Lewis Strauss, fondatore dell’AEC (Commissione per l’energia atomica), per vagliare la sua permanenza al Senato. Poi si prosegue con il celeberrimo “progetto Manhattan”, nel 1943, il trasferimento nelle baracche di Los Alamos, in una pesante atmosfera di massima segretezza, soggetti ai costanti controlli da parte dell’FBI (periodo ben descritto anche nella serie tv Progetto Manhattan).
Il timore era quello di sempre, azioni di spionaggio da parte della Russa, che pur se alleata contro Hitler, era pur sempre vista come lo storico rivale contro cui correre per non venirne superati, anticipati. Nolan in questa parte del film, con una velocità che farà volare le tre ore di proiezione, ci descrive la formazione del gruppo, gli esperimenti, le lotte, le polemiche, i rapporti con militari e politici, sempre mescolati alle sedute della commissione fasulla messa in piedi per emarginare Oppenheimer.
Dopo due ore di film, avviene il Trinity Test, la prova definitiva della Bomba, dopo la quale nulla sarà più come prima, per il mondo e per Oppenheimer. La terza ora si concentra sul dopo-guerra, sulla sua crisi e sul montare dell’ostilità nei suoi confronti, mentre si delineano con precisione le vere stature (la vera lealtà) di molti a lui vicini.
Christopher Nolan mostra con nonchalance tutto il suo potere acquisito sul campo, mettendo sul mercato un film d’autore dalla durata-monstre, storicamente invisa agli esercenti, in pellicola, quindi proiettabile solo in sale selezionate, su un personaggio che la maggior parte delle masse ignora totalmente: la storia di uno scienziato “pazzo”, intendendo quel tipo di ricercatore che vuole conseguire i propri risultati a qualunque prezzo, pur intuendo che il cammino che sta percorrendo può portare a una meta nefasta.
Era questo Oppenheimer? Oppure era un uomo ambizioso che voleva, fortissimamente voleva la gloria, il nome, la fama, i premi? Sicuramente era un essere umano con le sue debolezze, con una mente troppo vasta per un semplice pianeta e per i suoi abitanti, forse per lui stesso.
Possono la speculazione scientifica, la sete di sperimentazione, la ricerca anche estrema disinteressarsi dell’uso che verrà fatto di quanto sarà scoperto, di ciò che di concreto scaturirà da calcoli e filosofie? Del resto per speculare e ricercare c’è bisogno di finanziamenti, dell’interesse di industria o politica e come Oppenheimer ricorderà a uno dei suoi inquisitori, il premio Nobel ha preso il suo nome dall’inventore della dinamite.
Il film è però anche la storia di un paese che nel giro di pochi anni ha toccato uno dei suoi punti più alti, l’intervento nella Seconda Guerra Mondiale che ha provocato la sconfitta del Nazismo, ma lo ha concluso proprio con la sperimentazione sul campo della mortale invenzione, provocando subito dopo l’avvio della Guerra fredda e l’isterismo maccartista, con i suoi processi di stampo “staliniano”.
Oppenheimer, scritto da Nolan, è tratto dal libro di Kai Bird e Martin Sherwin, Robert Oppenheimer, il padre della bomba atomica, premio Pulitzer nel 2006. Ricco di molte accurate spiegazioni scientifiche (come Interstellar), è un big bang che racconta la creazione, la deflagrazione e le conseguenze del ritorno dei frammenti di un’invenzione che ha segnato le vite di tutti.
Oppenheimer resta e giustamente, un personaggio su cui Nolan getta parziale luce, affidandolo con scelta perfetta all’enigmatica faccia di Cillian Murphy (qui al ruolo della vita), con il suo vitreo sguardo lontano, perso dentro la propria anima e il mistero della composizione dell’Universo, anche nella sua invisibilità per noi umani, per sempre diviso fra la conoscenza dell’ignoto e il mistero della propria anima. Chissà cosa avrà pensato guardando il film Il Dottor Stranamore, uscito nel 1964, che portava il sarcastico sottotitolo “Come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba”.
Robert Downey Jr ci offre un’eccelsa interpretazione del personaggio di Lewis Strauss, politicante nell’anima, che acquisterà un peso crescente nel corso della narrazione, durante le sorprendenti udienze al Senato. Intorno un cast eccelso di facce note che si avvicendano, una dopo l’altra, ne citiamo solo alcune: Emily Blunt la moglie, Florence Pugh l’amante, Matt Damon (il Generale Groves, interpretato da Paul Newman nel film L’ombra di mille soli del 1989), solido e positivo come nel recente Air, Dane DeHaan il militare ostile, Josh Hartnett è Lawrence, l’inventore dell’acceleratore di particelle.
E poi Casey Affleck subdolo e odioso, Rami Malek il collega leale, Jason Clarke l’inquisitore. Kenneth Branagh è il Nobel per la fisica Bohr, per Einstein compare Tom Conti, Gary Oldman si presta brevemente nel ruolo di Truman (ma si riconoscono attori a ogni scena). La colonna sonora di Ludwig Göransson sostiene tutta la narrazione senza lirismi, priva di un tema ricorrente.
Di Oppenheimer non ci si può fermare a notare solo la fotografia, perché mai come in questo caso il sonoro è fondamentale, e si nota in continuazione, non solo nelle esplosioni, ricreate con effetti speciali privi di CGI. Inutile dire che il film va visto in sale tecnicamente all’altezza e infatti Nolan stesso ha provveduto a indicare dove dovrà essere proiettato.
Nella frase che compare all’inizio del film, Nolan ci ricorda che Icaro aveva rubato agli dei il fuoco per darlo agli umani e per questo era stato punito con torture eterne. Genio purtroppo non significa saggezza, e non è detto che un uomo capace di comprendere dove va a finire una stella quando muore riesca a guardare con la stessa precisione nel cuore del mondo che lo circonda e nel proprio.
Chi è allora colpevole e di cosa, esiste un innocente? In un panorama di commedie irrilevanti, di action a volte appassionanti ma spesso superflui, fra favole, sequel, supereroi e Barbie, arriva Oppenheimer, un film per un pubblico, informato, interessato, adulto. Finalmente. Uscirà in Italia il 23 agosto.
Scheda tecnica:
Regia: Christopher Nolan
Cast: Cillian Murphy, Emily Blunt, Kennenth Branagh, Florence Pugh, Josh Hartnett, Jack Quaid, Matt Damon, Gary Oldman, Robert Downey Jr, Rami Malek, Dane DeHaan, Alden Ehrenreich, Matthew Modine, Casey Affleck, Jason Clarke, Tom Conti
Distribuzione: Universal Pictures
Genere: drammatico, storico, biografico