Oh Canada – Recensione

Con Oh Canada, film con Richard Gere e Jacob Elordi, il regista Paul Schrader racconta una storia di colpa ed espiazione.

Nel lontanissimo 1980 Paul Schrader aveva messo un Richard Gere trentenne a sfrecciare sulla sua auto lungo la Pacific Coast Highway di L. A. sulle note di Call Me di Blondie, affidandolo alla posterità, per sempre.

Tante cose sono cambiate da allora, ma con inevitabili saliscendi e assestamenti Gere è diventato un attore migliore, un personaggio influente, un uomo maturo. Paul Schrader, sempre pervaso dal suo pessimismo cosmico, ci ha dato molti altri film, alcuni come sceneggiatore, altri anche come regista.

Alcuni li ricordiamo con piacere, altri non ci hanno entusiasmato, la solita classifica del tutto personale. Resta che Schrader è un autore e quindi ha una sua poetica ricorrente. Ci siamo quindi accinti con curiosità alla visione del suo ultimo film Oh Canada, lui ormai quasi 80enne con un 75enne Gere, che da giovane è interpretato da un altro astro oggi più che nascente, anzi già esploso, come Jacob Elordi, sex symbol del nuovo millennio (anche se la somiglianza è davvero nulla, ma è voluto).

Il protagonista, Leonard Fife, è uno stimato cineasta canadese, famoso per le sue opere di denuncia, in cui rivelava verità scomode, costringendo a prese di coscienza impegnative. Quelle verità su se stesso che esige di raccontare quando lo incontriamo, ormai terminale di cancro, mentre in un momento di lucidità vuole registrare un video con una confessione per lui importante, per scaricare un peso dalla coscienza in punto di morte.

Richard Gere Uma Thurman

Richard Gere e Uma Thurman, a confronto con una scheggia del passato.

Lo assistono due suoi ex allievi adoranti e l’amatissima moglie Emma. Che ignora anche lei cosa dirà l’altrettanto amato marito, molto più anziano, della cui vita prima del loro incontro lei sa ben poco. Solo la versione che lui le ha dato, solo la storia di sé che lui ha voluto dare a lei e a tutti coloro che lo hanno circondato nel procedere degli anni.

Quando però comprende dove il doloroso racconto può portarli, sarà proprio Emma, nonostante la sempre più debole resistenza di Leonard, a interrompere il racconto, ben conscia che a quel punto il cupio dissolvi del compagno, annebbiato per di più dai medicinali, sarebbe inutile.

Dopo una gioventù anticonformista, in movimento attraverso il paese, Fife, che aveva in programma un’audace visita alla Cuba castrista, si era rifiutato di partire per il Vietnam ed era fuggito in Canada (da sempre specie di nazione alter-ego rispetto agli USA, in senso più liberal, argomento oggi come mai d’attualità, in modo imprevedibile).

Richard Gere

Quando i nostri ricordi ci riportano accanto alle persone amate.

Là aveva iniziato una nuova vita, in nome di nuovi principi, e si era costruito una carriera da artista più che stimato. Oppure no, tutto è forse andato così a grandi linee, ma ben diversi sono stati gli snodi e ben diversa la personalità del grande artista, i suoi moventi, i suoi ideali. Che forse non aveva.

Ovviamente l’argomento è quello del senso di colpa e dell’espiazione, temi che hanno sovrastato la vita intima di Schrader, che ne ha fatto il filo conduttore della sua narrazione, sia come regista che come sceneggiatore. Qui la storia è tratta dal romanzo di Russell Banks, autore di cui aveva già trasposto un altro libro, nel film Affliction del 1997.

Schrader ha scritto le sceneggiature di film come Yakuza, Taxi Driver, Toro scatenato, Mosquito Coast, ha partecipato a L’ultima tentazione di Scorsese, ed è anche autore di Al di là della vita, film che andrebbe rivisto, in atteso dell’uscita sugli schermi di Città d’asfalto, con Sean Penn.

Jacob Elordi

Un ricordo di un passato che sembrava luminoso.

Come regista trova il successo con Hardcore, American Gigolo e poi gira Il bacio della pantera, Mishima, Cortesie per gli ospiti, Lo spacciatore, Affliction, Autofocus, The Walker. Seguono il più scontato The Canyons, nel 2013, seguito dai pessimi Il nemico invisibile e Cane mangia cane, entrambi con Nicolas Cage.

Si risolleva con First Reformed e poi ritrova il favore di critica e pubblico con Il collezionista di carte (con quel finale che “cita” quello di American Gigolo e Lo spacciatore) e l’apprezzato Il maestro giardiniere. Abbiamo fatto una lista estesa perché sono tutti film assai indicativi della personalità, della concezione artistica ed esistenziale del loro autore, a volte semplicemente moralista, a volte portatore di discorsi più complessi, come nel caso di Oh Canada (in italiano ha come sottotitolo I tradimenti).

Il film soffre di un montaggio eccessivamente intrecciato, volutamente spezzettato e in cui muta anche il formato del quadro, che si apre dai 4/3 del presente allo schermo pieno del passato, variando fra bianco e nero, colore un po’ sbiadito degli anni ‘60/70, più nitido nel presente, con due diverse voci fuori campo, quella del protagonista da vecchio e quella di un suo figlio mai riconosciuto ormai adulto.

Uma Thurman

Uma Thurman, la moglie, che rivendica il diritto ad un suo giudizio.

Jacob Elordi lo interpreta da giovane e giovanissimo, mentre Gere compare da anziano ancora in salute, anche in alcuni ricordi in cui si affianca ad altri personaggi del passato di cui sta narrando, rivedendosi al loro fianco, e da malato terminale morente. Di quali colpe dunque si è macchiato Fife? E di quale gravità?

Per ciascuno la risposta sarà diversa, chi stigmatizzerà, chi sarà più comprensivo, chi minimizzerà. Chi si farà prendere dal discorso più intellettuale della rappresentazione della vita, che per lui, documentarista, vale solo se filtrata attraverso una macchina da presa, che ci ha toccato meno. Per noi è più importante il discorso morale e quello sentimentale.

Ricordando i lavori precedenti di Schrader abbiamo pensato che la confessione è un sacramento cattolico, così come l’afflato alla redenzione in momento di morte fa parte di quella cultura, un confrontarsi con la morte affrontando in extremis il peso di quanto di poco convincente abbiamo fatto nella vita, a volta anche assai criticabile, con gli errori commessi, con le ipocrisie quando non menzogne, per Schrader operazione da compiere con calvinistica durezza.

Jacob Elordi

Jacob Elordi interpreta il protagonista da giovane.

Oggi invece siamo abituati, incoraggiati a piangerci addosso, a giustificarci sempre e comunque, a esigere indulgenza sempre e comunque e a recitare sui social vite ben diverse dal reale. L’operazione più dolorosa sarebbe conciliare con noi stessi prima che con gli altri come siamo, come abbiamo vissuto, cosa ci siamo raccontati di noi stessi, a noi prima che agli altri, per riuscire a tollerare tutta la vita quello che sappiamo essere stato un colossale bluff, un inganno.

Oh Canada si rivela così un film cerebrale, complesso, su cui rimuginare all’uscita dalla sala, anche se magari qualche aspettativa è stata delusa. Il film si avvale di ottime interpretazioni, oltre a Richard Gere (visto da poco in Era mio figlio) e Jacob Elordi (i suoi due ultimi film sono Priscilla e Saltburn, visibile su Prime Video), troviamo Uma Thurman, Michael Imperioli.

Ben scelte come accompagnamento della vita di Fife le note indie di Matthew Houk, leader del gruppo Phosphorescent. Cosa ci resta della figura di Leonard Fife? Resta solo l’immagine finale di un uomo che davanti a un bivio fatale, ritorno alla vita di prima e nuova vita, compie la sua scelta e poi si inoltra su un vasto e inesplorato territorio, calando una saracinesca a dividere il prima e il poi.

Sta facendo del male a qualcuno, in questo modo, per arrivare a quel punto ha mentito, ha commesso azioni il cui ricordo come minimo lo imbarazza? Come sopporterà il peso di quella che lui è una colpa insostenibile? E se chi lo ama non fosse d’accordo con il suo giudizio, conterebbe qualcosa?

Conta solo la percezione che un individuo ha di se stesso, lui che sa bene da dove è partito e come e dove è arrivato, lui solo che sa i tradimenti ai propri ideali (o alla mancanza degli stessi, invece sbandierati per una vita) e lui solo ha il diritto di macerarsi, punirsi, assolversi. Non c’è niente di più personale del senso di colpa.

Scheda tecnica:

Regia: Paul Schrader

Cast: Richard Gere, Jacob Elordi, Uma Thurman, Michael Imperioli, Carolina Dhavernas, Victoria Hill

Distribuzione: Be Water

Genere: commedia, drammatico

Pubblicato da Giuliana Molteni

Vado al cinema dalla metà degli anni ’50 e non ho mai smesso. Poi sono arrivate le serie tv.