Mufasa Il Re Leone – Recensione

Mufasa, il film, ci racconta come il Re Leone sia diventato un leader saggio e amato e quale destino abbia formato il suo nemico mortale Scar.

Su Instagram capita talvolta di vedere dei filmatini in cui un cane che sta guardando uno schermo televisivo che trasmette uno Star Wars, si metta ad abbaiare ostile quando compare in scena Darth Vader.

Lo stesso capita quando il cane stia guardando Re Leone e compaia Scar. Per dire di che statura sia il “cattivo” leone, responsabile della morte dell’illuminato Sovrano pari inter pares Mufasa.

Quindi le aspettative verso questo film vertevano quasi più sul percorso esistenziale del cattivo che sull’ascesa del “buono”. La storia delle vite dei due e del loro incontro fatale viene raccontata in flashback, un’epica narrazione fatta dal vecchio Rafiki alla piccina Kiara, figlia di Simba e quindi nipote di Mufasa.

Ad assistere per vivacizzare ci sono altri due personaggi noti come Timon e Pumba, con i loro consueti siparietti. Apprenderemo che Mufasa da piccino è stato separato dalla sua reale famiglia da un’inondazione.

Aaron Pierre

Il piccino Mufasa in mezzo ai suoi genitori in un momento di felicità.

Che è stato accolto in un altro gruppo di leoni grazie al coetaneo Taka, che lo ha salvato dall’annegamento, e che è cresciuto con lui come un fratello, di livello però inferiore agli occhi del crudele padre di Taka, che lo stava allevando per succedergli al potere con consigli di vita che si riveleranno nefasti.

Mentre crescono, aleggia la minaccia di un gruppo di leoni bianchi, misteriosamente votati alla distruzione di tutti i loro simili, biechi invasori che vogliono solo conquistare sottomettere e distruggere.

E alla fine scontro sarà e tale da provocare l’inizio dell’avventura di Mufasa, Taka e Sarabi, un’ammaliante leonessa di grande coraggio, incontrata lungo la fuga, mentre sono alla ricerca della loro “Shangri-La”, la mitica terra di Milele, una verde vallata ricca di acque, prati, fiori e frutti, dove tutti potranno convivere liberi e felici.

Aaron Pierre Kelvin Harrison Jr

Mufasa e Taka, due fratelli, due amici, due rivali.

Ma l’equilibrio fra i due giovani leoni si spezzerà e succederà quello che deve succedere, per portare Taka a diventare Scar. Il cerchio della vita non è un affare virtuoso per tutti, come avremo pensato guardando impotenti alla degenerazione di Anakin Skywalker.

Prequel del film del 2019, diretto da Jon Favreau a sua volta remake (in digitale) dello storico film in animazione del 1994, Mufasa, diretto da Barry Jenkins (Oscar per Moonlight), visivamente, tecnicamente cioè, è un film di straordinaria bellezza, con un realismo di tale perfezione sia per quanto riguarda i personaggi animali che per i paesaggi, da sembrare magico, a chi ignorasse (noi, la gran parte del pubblico) quali “magie” al computer ci siano dietro.

Sono anni che sentiamo parlare di CG (Computer Graphic), ma qui siamo davvero su un altro pianeta, quello del fotorealismo, e davvero se si può citare il detto “è del poeta il fin la meraviglia”, questo vale anche per la tecnologia. Pensiamo a quanto siano diversi altri film pur rubricati nel genere animazione, come, per fare un esempio, un altro successo Disney come Inside Out.

Aaron Pierre Tiffany Boone Kelvin Harrison Jr

In viaggio verso la vallata dei sogni.

Tutto questo splendore però è messo al servizio di una storia che proprio Shakespeare non è, che incuriosisce non per l’evoluzione del “buono” Mufasa ma per il percorso che un destino lui sì “cattivo” fa percorrere a Taka per farlo diventare Scar, rendendolo però, come oggi usa, non un villain a tutto tondo, ma un personaggio sfortunato, per il quale si finisce per empatizzare.

Pensiamo al trattamento subito da Maleficent e tutto è chiaro. Inevitabili in un prodotto Disney virtuosi accenni all’attualità, l’accettazione dei diversi, degli estranei, il sacrosanto diritto al riscatto degli emarginati, la non –violenza che non può diventare succube accettazione del più prepotente, una linea ereditaria che passa attraverso una femmina.

Omaggio iniziale al grande James Earl Jones, morto da poco, che era la voce “storica” di Mufasa (da noi era Vittorio Gassman). Di veramente negativo ci sono le canzoni, imparagonabili a quelle originali (terribile il pezzo Bye Bye), basta per favore Lin Manuel-Miranda, ormai “adottato in pianta stabile da Disney, per quanto ci riguarda dopo Hamilton non ha fatto nulla di memorabile. E, relativamente al nostro paese, terribile il doppiaggio, che in certi personaggi provoca disagio vero. Chiariamo che non si tratta della chiacchierata Elodie, che se la cava discretamente.

Restiamo sempre del parere che continuare ad accanirsi sul vecchio materiale sia un errore. Certo tutte le storie sono già state raccontate ma a volte capita di vedere piccole storie originali in altrettanto piccoli film indipendenti, forse Disney e anche tante altre Major dovrebbero sguinzagliare per il mondo dei talent scout più dotati o scegliere amministratori delegati più coraggiosi.

Scheda tecnica:

Regia: Barry Jenkins

Cast: (voci) Aaron Pierre, Tiffany Boone, Kelvin Harrison Jr, Mads Mikkelsen, Seth Rogen, Thandiwe Newton, Luca Marinelli, Elodie, Alberto Boubakar Malanchino, Dario Oppido

Distribuzione: The Walt Disney Company Italia

Genere: animazione

Pubblicato da Giuliana Molteni

Vado al cinema dalla metà degli anni ’50 e non ho mai smesso. Poi sono arrivate le serie tv.