Mission Impossible: Dead Reckoning Part One – Recensione

Con Mission Impossible 7 Tom Cruise torna con il suo vero eroe analogico contro un mondo digitale sempre più falso.

Quando Tom Cruise nel 1996 aveva deciso di rilanciare su grande schermo la serie tv creata nel 1966 da Bruce Geller, ci si era interrogati sul senso dell’operazione, in un panorama già affollato da spy/action negli anni sempre più frenetici, con il rilancio di Bond, la nascita di Bourne, film nelle cui trame azione e tecnologia facevano a gare a superarsi, dove la CG permetteva sequenze sempre più iperboliche.

Eppure sono seguiti altri film, diversi ma tutti godibili, nel 2000 (Mission: Impossible 2), nel 2006 (Mission: Impossible 3), nel 2011 (Mission: Impossible – Protocollo fantasma), per arrivare al vero e proprio reboot del 2015 con Rogue Nation, con l’ingresso nelle stanze del potere di Christopher McQuarrie alla sceneggiatura, che del sesto capitolo Fallout ha curato anche la regia (dopo aver già diretto Cruise in Jack Reacher e scritto Edge of Tomorrow e Operazione Valchiria, senza mai dimenticare che si tratta dell’autore de I Soliti sospetti).

Ma a tornare sempre è Tom Cruise, che con il suo Ethan Hunt uno spazio fra tanti eroi se lo è bene ritagliato, approfondendolo film dopo film, mentre invecchiava con lui. Cosa non manca in questo sesto capitolo, dichiarata prima parte di due? Non manca l’azione forsennata ovviamente, mentre nella colonna sonora di Lorne Belfe echeggia il mitico, esaltante tema, e non mancano gli inseguimenti fra auto e naturalmente moto, vera passione di Cruise.

Tom Cruise, Ving Rhames, Simon Pegg, Rebecca Ferguson Venezia
Il nucleo storico degli eroici agenti dell’IMF.

Qui si fa notare un inseguimento per le strade di Roma, fra auto e moto e poi fra un blindato e una 500 gialla che sembra Herbie. Non manca lo stunt supremo, già reso famoso da molti filmati promozionali, che qui è il lancio con moto da un precipizio (girato in Norvegia), usati del resto per mostrare come Cruise lo abbia effettuato personalmente.

E poi inseguimenti come il gioco di inganni e specchi all’aeroporto di Dubai, fughe per i canali di Venezia e corse e combattimenti sul tetto dell’Orient Express in corsa verso un abisso in Austria, stile Cassandra Crossing. Anche se la validissima sequenza della fuga a ritroso dai vagoni che precipitano uno dopo l’altro sembra ispirata a quella del famoso videogame Uncharted 2. E ci sono uccisioni crudeli, inganni e travestimenti e ovviamente le famose maschere, come potrebbero mancare.

Questa volta l’intreccio verte intorno a una IA misteriosa, definita “l’entità”, capace di piegare la realtà a suo piacimento, di comporre inganni indecifrabili, di insinuarsi dovunque, fare i danni che desidera e sparire senza lasciare traccia, di creare fake così deep da ingannare chiunque, tutto a suo esclusivo piacimento, così che l’unica salvezza sta nell’abbandono del digitale e nel ritorno all’analogico.

Tom Cruise Haley Atwell MIssion Impossible 7
Cruise e la new entry Haley Atwell.

Ma anche questa IA ha bisogno di una longa manu nel mondo reale, di un umano che, come Renfield per Dracula, agisca in superficie per lei (o lui, chissà che genere sarà quello dell’intelligenza artificiale). Non si pensi a un furbo sfruttamento del tema dell’IA, oggi fin troppo usato, perché il film è stato girato nel 2020, in tempi di Covid, e comunque l’argomento ha radici antiche, come non pensare a Hal di 2001 Odissea nello spazio.

E c’è una chiave, il solito oggetto per il cui possesso tutti si scatenano, chi per usarlo per biechi scopi, chi per evitarne l’uso criminale. In un tutti contro tutti, solo Ethan e i suoi tre compagni sanno con certezza su chi possono contare, su se stessi. Gli altri, i cattivi, i buoni che tanto buoni mai non sono, i buoni che sono proprio cattivi, i cattivi che qualche volta diventano buoni, fanno parte di un altro universo.

La trama è sempre complessa e stratificata, tutto è sporcato dalla casualità, dall’incidente all’ultimo minuto, dal contrattempo, e tocca arrabattarsi per recuperare, per restare in corsa (I’ll figure it out…è il mantra di Hunt, il ”Cacciatore” per antonomasia). Ma la “resa dei conti” del titolo è rimandata al prossimo film (nessuna scena nei titoli di coda).

Tom Cruise MIssion Impossible 7
Tom sta per saltare.

Nel cast tante facce note, attori ricorrenti nel corso della serie di film, Simon Pegg, Ving Rhames, Rebecca Ferguson su tutti, ma anche molti altri. New entry per il nuovo personaggio per il quale è stata ben scelta Haley Atwell, “eroina” assai renitente. Molto interessante la “cattiva” di Pom Klementieff (Mantis ne I guardiani della Galassia), incontriamo anche Shea Whingham, grande caratterista, ed Esai Morales, l’ombra che emerge dal passato, l’uomo al servizio della “macchina”.

Senza mai fermarsi, senza un attimo di sosta Ethan Hunt procede inarrestabile. Il mondo va salvato ma, a differenza del più emotivamente arido Bond, James Bond, Ethan tiene alla sua squadra e inoltre non potrà mai accettare i “danni collaterali” delle sue missioni, il sacrificio di un essere umano che non se lo meriti, pur se in nome della salvezza collettiva. Perché anche per Hunt chi salva un uomo salva l’umanità.

Questo settimo capitolo della serie Mission Impossible, sulla scia dei già riusciti episodi precedenti, conferma la lungimiranza di Cruise nella scelta del suo personaggio che ha acquisito insospettabile spessore, pur passando attraverso le mani di molti sceneggiatori e registi.

Tom Cruise Haley Atwell MIssion Impossible 7
Una sequenza mozzafiato in un treno che sta precipitando.

Solo con McQuarrie però ha raggiunto il suo apice, con il suo humor sempre cool, sentimentale senza mai scadere nel sentimentalismo, con i suoi incubi e i suoi sogni che palesano un’intima stanchezza.

Hunt/Cruise non è solo rocambolesche fughe, inseguimenti mozzafiato, gesti atletici estremi, combattimenti di estrema durezza, è anche cuore, perché il personaggio è un uomo solitario e in fondo malinconico, qui più che mai, che ogni volta non è obbligato ma sceglie, decide di accettare la missione, prima che il messaggio si distrugga in 5, 4….

Qui il tema della IA sembra sottolineare che se c’è un mondo che può essere falsificato, diventando “un mondo di bugie”, è quello digitale e non c’è niente di più “analogico” di Hunt, che da vero cane sciolto come è sempre stato, sarà definito da uno dei suoi cacciatori “un mentalista mutaforma, incarnazione del caos”, ingannevole dunque come la misteriosa “Entità”. Sarà una battaglia ad armi pari?

Tom Cruise Haley Atwell Roma
Una Cinquecento tutta gialla in giro per Roma.

In Mission Impossible – Dead Reckoning, distribuito da Eagle Pictures, Hunt entra in scena emergendo da un’ombra e dice: “Noi viviamo nell’ombra, moriamo nell’ombra, per proteggere quelli che ci stanno a cuore, anche se non lo sapranno mai”.

Anni sono passati e di avventure Ethan ne ha macinate tante, di lutti tanti ne ha subiti, perdite anche dolorose che lo hanno segnato. Perché proteggere tutti e salvare il mondo è davvero la suprema missione impossibile.

Lui però questa responsabilità se la è caricata sulle spalle e non intende arrendersi. Non sembri l’ennesima variazione sul tema dell’eroe stanco, non sappiamo come Cruise farà finire la saga, se si concluderà come quella di 007 o diversamente.

Noi sappiamo che di eroi action il cinema ha sempre bisogno, finito Bond, ritirato Bourne, quali gradi saghe ci restano, di questo genere? Non se ne vedono altri in giro che sappiano reggere il paragone con la rilettura che di questo personaggio è stata operata da Cruise e McQuarrie.

Come è stato con Top Gun: Maverick e con Avatar – La via dell’acqua, speriamo comunque che questo film compia il miracolo di riportare pubblico nelle sale cinematografiche, dove solo su grande, grandissimo schermo avventure come queste trovano la loro giusta dimensione.

Scheda tecnica:

Regia: Christopher McQuarrie

Cast: Tom Cruise, Ving Rhames, Simon Pegg, Rebecca Ferguson, Haley Atwell, Esai Morales, Shea Whigham, Pom Klementieff, Vanessa Kirby, Cary Elwes,

Distribuzione: Eagle Pictures

Genere: azione, thriller

Pubblicato da Giuliana Molteni

Vado al cinema dalla metà degli anni ’50 e non ho mai smesso. Poi sono arrivate le serie tv.