Megalopolis – Recensione

Con Megalopolis Francis Ford Coppola ci affida quello che è forse il suo testamento spirituale, con un film però discutibile.

Mégalo: dal greco, grande, quindi megalomane, megalodonte, termine usato anche in medicina per indicare diverse patologie. Continuando a parlare di misure, in inglese si usa definire “larger than life” un personaggio eccezionale, fuori dai canoni convenzionali.

Quasi logico quindi che Francis Ford Coppola, arrivato alla cospicua età di 85 anni, sia riuscito finalmente a realizzare il suo secondo “sogno lungo un giorno”, in questo caso lungo più di 40 anni, perché Coppola afferma di avere avuto una prima idea per la storia già ai tempi di Apocalypse Now, traendo ispirazione da La vita futura di H. G. Wells, libro del 1933.

Il sogno di cui parliamo è il film Megalopolis, presentato in primavera a Cannes, che arriva al pubblico italiano gravato da infiniti giudizi negativi o anche solo semplicemente perplessi. Ai quali purtroppo dobbiamo unirci, perché niente di questo film ci ha convinto, rapito, emozionato.

Siamo a New Roma, capitale dell’Impero, città che per l’aria che tira sembra più Gotham City, guidata dal sindaco/tiranno Cicero (Giancarlo Esposito), che gestisce ogni potere circondato dalla solita corte di affaristi, banchieri (Jon Voight, Dustin Hoffman) e parassiti, che passano le notti a fare orge in un locale che sembra la versione enhanced dello Studio 54, sesso droga e disco music fino all’alba.

Adam Driver

Adam Driver, oggi un attore per tutte le stagioni.

I personaggi ogni tanto parlano in latino e in quella lingua sono le scritte che scandiscono la narrazione. Un “homo novus” si erge contro questo corrotto status quo, Cesar Catilina (Adam Driver, da poco smessi i panni di Ferrari), architetto che sogna ma anche progetta Megalopolis, una città del futuro in cui l’umanità potrà vivere in pace con se stessa e l’ambiente.

Questa avverrà grazie a un rivoluzionario materiale, da lui inventato, il Magalon, “magica” sostanza che lega architettura e cemento a natura e umanità. Questo potrebbe frenare l’irresistibile decadenza dell’Impero. Cesar inoltre ha un dono, può “fermare il tempo”, ma non si riesce mai a capire a che fine.

Contro di lui, oltre al vecchio establishment, si scatena il degenere cugino Clodio (un viscido Shia LaBeouf), che con fake news e fake video gli scatena contro le solite masse ondivaghe (le masse non capiscono mai niente). Intanto però Julia (Natalie Emmanuel), la bella figlia di Cicero, si è innamorata dell’archistar e inizia a condividere i suoi sogni. Come andrà a finire? La risposta perde interesse troppo presto, mentre faticosamente si dipana un filo narrativo con molte digressioni.

Adam Driver Natalie Emmanuel

L’amore che rende ogni cosa possibile.

Forse il fine era un monito, un messaggio morale tutto sommato elementare, un invito a vivere diversamente, in pace e armonia, passando un testimone virtuoso addirittura lungo tre generazioni finali. In questo caso però si perde in una serie disordinata di eventi, annacquato da un’infinità di massime alate, alcune citazioni di Marco Aurelio, altre degne del comune buon senso, altre ancora proprio da cioccolatino Perugina.

I dialoghi, la recitazione sono teatrali e melodrammatici e si perde qualche raro e velocissimo spunto di satira (Cesar piega foglietti stile Gehry). Alcuni momenti (pochi, si contano sulle dita di una mano) visivamente suggestivi, scorrono via come lacrime nella pioggia. Altri risultano involontariamente ridicoli. Non condividiamo le critiche a tutto l’apparato visivo, perché ci sembra volutamente retrò e ha un suo fascino.

C’è spazio per tutto, dall’opera lirica alle corse stile Ben Hur (panem et circenses ovviamente), alle vergini chiamate Vesta e alle arrampicatrici sociali stile Poppea. Certo Catilina è uomo larger then life come il suo creatore Coppola e la vastità dei loro sogni forse è uguale (non dimentichiamo che il film, dedicato all’amata moglie morta da poco, è prodotto, scritto e diretto da lui).

Adam Driver Natalie Emmanuel

Un momento “futurista”.

Megalopolis, distribuito in Italia da Eagle Pictures, arriva dopo una serie di film anche male distribuiti e poco visti, gli ultimi da ricordare sono Twixt, Segreti di famiglia, Un’altra giovinezza, tutti di scarso riscontro commerciale e poco anche di pubblico, variamente riusciti. Per risalire all’ultimo successo arriviamo al 1997 con L’uomo della pioggia.

Lontani i tempi di Dracula, dei tre Padrini, di Apocalypse Now (e Rusty il selvaggio, I ragazzi della 56° strada, Peggy Sue si è sposata, Cotton Club, Un sogno lungo un giorno, La conversazione). Ma si tratta di film che ce lo hanno fatto amare qualunque cosa abbia poi realizzato e che lo hanno fatto entrare nella storia del cinema, da cui nulla potrà farlo uscire.

Non ci si può quindi esimere dallo stimare un uomo capace di rischiare più volte la bancarotta per realizzare i propri progetti, l’uomo dei sogni capace di ideare e costruire megalo-progetti è indubbiamente lui. Anche se appare chiaro che di cose Coppola vuole dircene e mostrane tante, non tutte arrivano allo spettatore, diluite nell’eccessiva lunghezza del film (138 minuti).

Inutile cercare paralleli con personaggi realmente esistenti, non se lo meritano in effetti. Il dissidio fra detentori del potere e innovatori, fra vecchi e giovani, fra idealisti e corrotti, oltre a rifarsi alle classiche tragedie dell’antichità, rimanda volutamente a Shakespeare, non a caso citato da Cesar alla sua entrata in scena, con il monologo di Amleto.

Quindi, per restare in questo ambito, possiamo sono concludere con un’altra citazione shakespeariana, “molto rumore per nulla”. O anche che, parafrasando Macbeth, il film è “una favola piena di rumore che non significa nulla”.

Scheda tecnica:

Regia: Francis Ford Coppola

Cast: Adam Driver, Aubrey Plaza, Natalie Emmanuel, Giancarlo Esposito, Shia LaBeouf, Jon Voight, Laurence Fishburne, Talia Shire, Jason Schwartzman, James Remar, Dustin Hoffman

Distribuzione: Eagle Pictures

Genere: fantascienza, drammatico

Pubblicato da Giuliana Molteni

Vado al cinema dalla metà degli anni ’50 e non ho mai smesso. Poi sono arrivate le serie tv.