Maria racconta gli ultimi giorni di Maria Callas, la mitica soprano, cui Pablo Larrain dedica un film splendido.
Chi è stata Maria Callas lo sappiamo, un’artista divenuta primadonna, diva, divina, idolo, mito. Anche della sua vita sapevamo, pur considerando che un tempo (anni ‘50/60 in particolare) il gossip era meno invasivo e si diffondeva solo attraverso carta stampata e qualche servizio in tv o un cinegiornale. Ma i rotocalchi femminili, quelli che strabordavano dai raccoglitori dei parrucchieri e in generale delle sale d’aspetto, erano pieni delle sue vicende personali.
Nata a New York, era tornata con madre e sorella nella sua Grecia a subire sulla propria pelle l’occupazione nazista, poi l’impegno durissimo nel costruirsi una carriera, decollata nel 1949, passata sotto l’ala protettiva del primo marito, l’impresario Meneghini, imprenditore della provincia veneta a lei totalmente dedito.
Da lì l’espandersi della fama mondiale grazie alle sue doti vocali e interpretative eccelse. Sempre però una vita di duro lavoro e sacrifici (e la famosa dieta dimagrante che le aveva fatto perdere 36 chili). Fino all’incontro fatale con l’arrogante miliardario Aristotele Onassis, un altro parvenu che però viveva per far pagare al mondo le sue umili origini e la fatica della sua scalata al bel mondo internazionale.
Per Maria arriva il jet set, gli eccessi di una ricchezza esibita senza pudore, la passione per un uomo brutto eppure affascinante, che però mai la sposerà, la allontanerà dalla sua carriera e poi la lascerà per il conveniente matrimonio con Jacqueline Bouvier vedova Kennedy.
Quando nasce una “divina”.
Dal momento dell’abbandono inizia la discesa di Maria e il film scritto da Steven Knight (La promessa dell’assassino, Locke, Spencer, Peacky Blinders, Tutta la luce che non vediamo) e diretto da Pablo Larrain, ci racconta i suoi ultimi giorni, un lungo flirt con la morte (a soli 54 anni), che assedia un fisico minato da denutrizione, depressione e medicinali di ogni tipo.
Una morte che compare nelle vesti di un immaginario intervistatore, che la segue in giro per la città, con il quale Maria dialoga e interagisce, chiamato con il nome del suo principale barbiturico, Mandrax (un potente sedativo ipnotico, il metaqualone).
Si usa dire che prima di morire tutta la nostra vita ci passa davanti agli occhi, e quella vita ci viene mostrata, mentre Maria perde gradualmente il contatto con la realtà, che si rifiuta di accettare, persa nei ricordi che si sovrappongono al suo presente.
Mandrax, un intervistatore, il suo sedativo, la Morte, forse.
Un presente in cui si è ritirata nel suo appartamento parigino con la sola compagnia di Ferruccio e Bruna, i suoi domestici, due cagnolini e un pianoforte che nessuno suonerà più per accompagnare il suo canto.
Perché la sua voce non è più quella di un tempo e una divina come la Callas non può che aspirare alla perfezione. Nessuno avrebbe potuto prevedere la serie di film dedicati a personaggi femminili come Jackie Kennedy, Diana Spencer e adesso Maria Callas da parte di un regista come Pablo Larrain, che si era imposto all’attenzione del mondo con Tony Manero, Post Mortem, No, Il club, film che si compiacevano di mostrare l’abiezione e il degrado cui la dittatura cilena aveva portato il proprio paese.
Se molte volte abbiamo sottolineato l’importanza di una sceneggiatura valida ai fini della riuscita di un film, mai come in questo caso però si impone l’importanza dell’occhio del regista, del suo modo di raccontare una storia che sceglie i giusti passaggi per darci il quadro di un personaggio.
Quando tutto il mondo sembra essere ai tuoi piedi.
Ma per affascinarci, per coinvolgerci, il peso della “messa in scena” in questo caso è quasi tangibile (va citata la fotografia di Edward Lachman). Ovvio che a essere amanti della lirica, è ancora più facile farsi prendere da questo film (anche se nel finale echeggiano le note pop di Moby con la sua elegiaca An Ending Ascent).
Maria, distribuito da 01 Distribution, è un’opera elegantissima, ammaliante e gelida come la sua protagonista e la sua interprete, eppure toccante. Sorprende Angelina Jolie, che riesce a far dimenticare l’abissale differenza fisica fra lei e Maria, diventando l’essenza devastata di una femminilità vulnerabile e insicura, nonostante la sua eccezionalità.
Pierfrancesco Favino (sugli schermi anche con Napoli New York) e Alba Rohrwacher (protagonista di Le occasioni dell’amore) interpretano le uniche due persone rimaste a lei vicine fino alla fine, il maggiordomo e la governante, unica famiglia per una donna totalmente sola.
Onassis è reso alla perfezione da Haluk Bilginer, Mandrax è il pallido e filiforme Kodi Smit-McPhee. Valeria Golino compare brevemente nel ruolo della sorella. Larrain così procede nella sua galleria di ritratti di donne particolari, dopo Jackie e Spencer, a ricordarci che anche Maria Callas è stata in qualche modo vittima di se stessa nel rapporto con gli uomini, uomini amati o subiti, ma che hanno inciso irrimediabilmente anche su vite all’apparenza così dorate. Ma, come si dice nel film, “possiamo andare dove vogliamo, ma non possiamo scappare”.
Scheda tecnica:
Regia: Pablo Larrain
Cast: Angelina Jolie, Pierfrancesco Favino, Alba Rohrwacher, Kodi Smit-McPhee, Haluk Bilginer, Valeria Golino
Distribuzione: 01 Distribution
Genere: drammatico