Magic Mike The Last Dance – Recensione

Con Magic Mike – The Last Dance, Steven Soderbergh ci ricorda che sotto dei pettorali scolpiti ci può essere un cuore.

Avevamo conosciuto Mike nel 2012, un trentenne dalla faccia perbene, civile, molto atletico. Il piano A della sua vita consisteva nell’apertura di un negozio in cui restaurare mobili vintage, la sua passione. Ma nel frattempo, pragmaticamente, per mettere su i soldi necessari, il piano B contemplava lo spogliarello.

Mike infatti esercitava questa attività a Tampa, insieme a un gruppo di ragazzi giovani e belli come lui, che però pensavano soprattutto a divertirsi, senza curarsi troppo del domani.

Mike ci ha sempre pensato invece, come abbiamo viso anche nel film successivo, Magic Mike XXL. Ma non era sempre stato fortunato. Oggi lo ritroviamo vittima anche lui della crisi economica mondiale, che gli ha fatto perdere il suo negozio, costringendolo a tornare a lavorare umilmente come barista.

Per lui, ormai avviato ai 40, i tempi sono cambiati, la sua testa è cambiata. Non ha più voglia di sesso promiscuo, di ecstasy, di soldi infilati nel tanga, di spettatrici urlanti e moleste, di spettacoli che ricoprono una fondamentale volgarità con musiche e travestimenti che sono allusioni all’immaginario collettivo, non ha voglia del giudizio moralmente supponente della “gente”.

Magic Mike The Last Dance Steven Soderbergh
Channing Tatum, Salma Hayek
Provare la merce che si vuole acquistare.

Lui insomma non vuole più “essere il lavoro che fa”. Una sera però, mentre serve cocktail ai ricconi di una serata di beneficenza, tutta gente che nella crisi si è ancor più arricchita, incontra Maxandra (Salma Hayek in versione caliente-chic), una donna, più grande e molto più ricca di lui, sola e infelice, che riesce a convincerlo a un’ultima esibizione per lei.

Dalla conoscenza che ne deriva, Maxandra intuisce le potenzialità del giovane uomo e lo convince ad andare a Londra per usarlo come strumento di vendetta nei confronti del marito, da cui sta divorziando.

Là infatti possiede un teatro dal nome glorioso ma dagli incassi fallimentari, perché legato a obsolete programmazioni, che lei vuole rivoluzionare. E affida questo compito proprio a Mike. Lui sarà capace anche questa volta di fare il salto di qualità, di dimostrare ancora una volta al mondo quello che è capace di fare? In fondo basta ricordarsi che ci piace guardare quello che non possiamo possedere.

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Salma Hayek
Un insolito gruppetto, quasi una famiglia, per Mike.

In questo terzo film, scritto di nuovo da Reid Carolin dopo i due capitoli precedenti, Steven Soderbergh torna alla regia, abbandonando i toni di più cupo moralismo (i soldi guadagnati divertendosi sono soldi del Diavolo) che trapelavano nei due primi film, che mostravano come quel mondo non fosse tutto rose e dollari facili.

E realizza un film più mainstream, che mescola generi diversi, invertendo la classica situazione uomo/maturo/ricco e donna/giovane/spiantata (qui la ricca e matura è la donna e lo spiantato bello è l’uomo).

La storia di Mike, della sua rivalsa, passa attraverso la preparazione di uno spettacolo musicale nato sotto difficile stella, con i canonici passaggi del casting, delle prove, degli ostacoli dell’ultima ora da superare, con il fraintendimento finale fra i due protagonisti, che si risolverà dopo il doveroso successo dello spettacolo (è talmente scontato che non è spoiler dirlo). E questo avverrà attraverso il balletto clou, coreografato come metafora del loro rapporto.

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Uno dei molti, notevoli numeri musicali del film.

La parte della messa in scena dello show è la migliore del film, perché vede una sequenza di numeri di ballo notevoli (gran selezione di ottimi danzatori del genere Urban Dance Street, in tutte le sue varianti). Dopo i quali il film si chiude con un “happily ever after” un po’ frettoloso, che però ai fan del simpatico Mike non può che far piacere.

Perché Magic Mike non è certo My Fair Lady né Pretty Woman, anche se siamo da quelle parti, con una sceneggiatura che spolvera pure di un“femminismo” all’acqua di rose quella che viene serenamente definita una “commedia musicale”. E come tale va presa, con i suoi dialoghi brillanti, le scenografie curate, alcune situazioni divertenti e un coro di comprimari ben descritti (il maggiordomo su tutti).

Channing Tatum (43 anni) dai tempi di Step Up ha dimostrato di saper anche recitare oltre che ballare (ha all’attivo anche la regia di un film insieme proprio a Carolin, oltre che dello spettacolo teatrale Magic Mike Live, e ha pure scritto un libro in onore della figlioletta). Rimasto in spettacolare forma fisica, conferma la sua plastica grazia atletica, una sua flessuosa leggerezza, ipnotica, ammirevole, vedere per credere.

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Channing Tatum
Da Singing in The Rain a Flashdance, i balli sotto l’acqua rendono bene.

In fondo, e nessuno se lo sarebbe aspettato, il suo Mike è un bel personaggio, un giovane uomo che non ha mai perso di vista il suo scopo, che dopo ogni batosta si è rialzato, senza mai cercare scuse, ben conscio della sua essenza, sempre americanamente pronto a cogliere al volo ogni occasione che il destino gli offre.

Lungo il viaggio ha incontrato altri giovani uomini ambiziosi, qualcuno si è lasciato travolgere, qualcuno invece ha costruito una vita. I migliori il film ce li fa rincontrare brevemente in una chat online: Matt Bomer, Joe Manganiello, Kevin Nash, Adam Rodriguez. Il primo film del 2012 raccontava di un mondo nato nel 1979, con il primo gruppo famoso di spogliarellisti chiamati The Chippendales, a Los Angeles (la storia del gruppo e dei loro fondatori si può vedere oggi, che è diventata una serie tv trasmessa su Disney +).

Del reso il sesso è sempre stato uno dei mercati più ricchi e tenerne fuori l’altra metà del cielo, che è anche l’altra metà appunto del mercato, era economicamente una follia. Così i puritani Stati Uniti, e dietro a ruota tutti gli altri paesi “civilizzati”, avevano ammesso le donne a quell’ambiente che era appannaggio esclusivo dei maschi, quello degli spogliarelli, delle danze pesantemente “evocative”.

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E le donne hanno aderito in massa, con un entusiasmo acritico che ha sorpreso un po’ tutti, adeguandosi senza fare una piega a un tipo di sessualità plateale, che si pensava interessasse solo gli uomini. Senza accorgersi di cadere nella stessa trappola lamentata da sempre, finendo per trattare quegli uomini come oggetti, nei cui perizoma stampati sui muscoli sudati infilare banconote, paghe di un illusorio contatto, consolatorio ma fuggevole.

Confermando così che quando sei davvero alla disperazione l’ultima cosa che ti resta da “vendere” è sempre il tuo corpo. E questo, ancora nel nuovo millennio, fa un po’ di tristezza. Per questo motivo, forse, questo terzo capitolo inserisce una trama portante più sentimentale, allietata da performance più “artistiche” del solito, anche se i numeri allusivi non mancano.

Ma la bellezza dei corpi e la bravura degli atleti/danzatori è tale da far passare la voglia di scandalizzarsi anche al più bigotto. Che comunque dovrebbe astenersi proprio dall’andare a vedere certi film, se non altro per non rischiare di finire a rimpiangere tutto quello che si è negato nella vita.

Scheda tecnica

Regia: Steven Soderbergh

Cast: Channing Tatum, Salma Hayek, Ayub Khan-Din, Jemelia George

Distribuzione: Warner Bros.

Genere: commedia, musicale

Pubblicato da Giuliana Molteni

Vado al cinema dalla metà degli anni ’50 e non ho mai smesso. Poi sono arrivate le serie tv.