Maestro – Recensione

Con Maestro, Bradley Cooper torna alla regia dopo A Star Is Born e realizza un film sorprendente, che traccia un ritratto appassionante del compositore Leonard Bernstein.

Maestro, film distribuito da Netflix in streaming dal 20 dicembre, è interpretato da Bradley Cooper che anche dirige, scrive la sceneggiatura insieme a Josh Singer (Il caso Spotlight, The Post, First Man) e insieme a Scorsese e Spielberg produce. Come regista si tratta solo del suo secondo film, ed è questo a rendere stupefacente quanto ha realizzato.

Il “maestro” di cui si racconta l’eccezionale vita è Leonard Bernstein (1918/1990), vera gloria nazionale americana, compositore e direttore d’orchestra, insegnante e divulgatore, una vita pubblica esibita davanti al mondo e una privata dietro le quinte.

Bernstein infatti è stato un uomo che ha vissuto in modo “politicamente scorretto”, perché omosessuale in anni e in un ambiente in cui certe cose si facevano ma non si dicevano, che aveva rotto ulteriormente le regole sposandosi e mettendo al mondo tre figli, mentre scalava il successo come direttore d’orchestra, come compositore di musica classica moderna e di celeberrime colonne sonore.

Ma la scelta di Cooper nel suo approccio al personaggio è intelligente e ci restituisce il ritratto completo di un essere umano, di un artista che ha creato, vissuto, amato in modo totale durante il tempo che gli è stato concesso.

Bradley Cooper

Bradley Cooper uguale all’originale eppure riconoscibile.

Come interprete si è superato, con una recitazione intensa e molto coinvolgente, nonostante una truccatura pesante, che accentua una somiglianza naturale con Bernstein, rendendolo totalmente simile all’originale, nel susseguirsi dei decenni (il responsabile è Kazu Hiro, Oscar per L’ora più buia e Bombshell).

Risibile la polemica squisitamente social di qualche mese fa sul naso finto (che accentua quello di Cooper per accostarsi a quello di Bernstein): sarà “appropriazione culturale” disdicevole anche “indossare” un naso finto uguale a quello del personaggio che si interpreta, perché ebreo? E se invece fosse un semplice naso aquilino di un non-ebreo?

Ma se la sua performance tocca il cuore in diverse occasioni, non gli è da meno Carey Mulligan, che con controllo e sobrietà, regole di vita della stessa moglie Felicia Montealegre, famosa attrice di Broadway, riesce a restituire lo slancio, la convinzione, l’intensità e la frustrazione di un rapporto unico, voluto fermamente e con la stessa fermezza responsabile portato avanti per 27 anni.

Bradley Cooper, Carey Mulligan

Il momento bellissimo dell’innamoramento.

Non c’è però un attore che non sia perfettamente scelto anche fra i ruoli di contorno, ma ci sentiamo di citare Matt Bomer, che compare in alcune brevi scene nella prima parte del film, capace però anche lui di lasciare il segno con uno sguardo.

Gran spazio alla parte musicale del film, per la quale Cooper ha scelto brani da balletti dei primi anni di carriera, da un paio di musical (sublime l’uso di una notissima overture di West Side Story), aggiungendo pezzi di musiche da film e parti di sue opere sinfoniche e altre composizioni.

Perché se Leonard detto Lenny, era eclettico anche nella vita privata, come compositore lo è stato altrettanto, spaziando fra vari generi, contaminando e mescolando, tanto da essere per questo spesso criticato, troppo classico per un mondo, troppo frivolo per un altro.

Bradley Cooper, Carey Mulligan

In quegli anni una delle coppie più glamour, Leonard Bernstein e Felicia Montealegre.

Bernstein è stato un uomo impossibile da classificare, da catalogare come uomo e come compositore e direttore d’orchestra, per una società perbenista, moralista, strozzata da regole scritte da uomini minuscoli.

Eccezionale tutta la sequenza ambientata nella cattedrale inglese di Ely, che replica una leggendaria esibizione di Bernstein del 1973, con l’esecuzione di Resurrezione di Mahler, uno dei suoi autori prediletti, più sei minuti di grande cinema.

Tutti i pezzi sono stati ri-registrati nel rispetto degli originali, con l’intervento di Yannick Nézet-Séguin, direttore d’orchestra canadese assunta da Cooper per imparare a dirigere come Bernstein.

Bradley Cooper

La truccatura è opera del due volte premio Oscar Kazu Hiro.

Bradley Cooper in questi anni ha centellinato le sue prestazioni, fra una breve comparsata in Dungeons & Dragons e in Licorice Pizza, e per dare voce al procione Rocket dei Guardiani della Galassia (solo La fiera delle illusioni come protagonista), mentre evidentemente si preparava a fondo per questa sua seconda opera.

E lascia infatti stupefatti per la strada che ha fatto come regista. Se A Star Is Born era un valido remake di un classico melò musicale, con scelte di regia professionali ma non riconoscibili, con Maestro compie il suo primo salto di qualità.

Al di là della forza, dell’accuratezza del ritratto che voleva tracciare sorprende con dettagli di regia che colpiscono anche lo spettatore meno attento, per alcune inquadrature, certe riprese per geometrie o luci, qualche gioco di sguardi che comunica più di mille linee di dialogo.

E fuoriesce tutto il furore creativo, la sete di vita ma anche di affetti di un ambizioso e vorace narcisista, che voleva il successo, la popolarità, la stima degli amici, voleva la famiglia e i figli, ma anche seguire le sue passioni, le sue pulsioni.

Voleva l’appartamento di lusso a Manhattan e la villa nel Connecticut, le premiére e le discoteche gay, voleva essere libero, ma anche non perdere una donna che gli aveva immolato la vita, non da vittima passiva, bensì da degna compagna, all’altezza di tanta eccezionalità.

E se scrivendone si è parlato più volte di cuore e di sentimenti è perché Maestro non è il solito biopic coretto o scorretto su un noto personaggio, su un artista e un uomo pubblico, Maestro è forse uno dei film che più ci fa capire come sia difficile per un uomo e per coloro che lo amano, vivere e contenere moltitudini.

Scheda tecnica:

Regia: Bradley Cooper

Cast: Bradley Coore, Carey Mulligan, Matt Bomer, Maya Hawke, Sarah Silverman, Gideon Glick

Distribuzione: Netflix

Genere: biografico, musicale, drammatico

Pubblicato da Giuliana Molteni

Vado al cinema dalla metà degli anni ’50 e non ho mai smesso. Poi sono arrivate le serie tv.