Madame Web è un nuovo, irrilevante capitolo del filone Marvel, con un’eroina, anzi quattro, alle cui avventure proprio non si riesce ad appassionarsi.
Uno spettatore sprovveduto legge Madame Web e potrebbe pensare a qualche avvenente ragazza che traffica su Internet. Invece il web di cui si parla in questo caso è proprio la rete del ragno.
Perché Madame Web è Cassandra Webb, una donna-ragno comparsa per la prima volta nei fumetti Marvel nel 1980, l’ennesima variazione sul tema del contagio, che attribuisce super poteri a chi venga infettato in qualche modo.
Madame Web è il quarto spin-off dello Spider-Man Universe rimasto in possesso di Sony, dopo due Venom e Morbius. E il panorama si fa sempre più desolante.
In un prologo facciamo la conoscenza con la madre della futura eroina, una ricercatrice che ha fatto una brutta fine nelle giungle del Perù mentre cercava un ragno dalla cui tela avrebbe potuto essere ricavata una cura per le solite malattie incurabili.
Una protagonista con una sola espressione.
La donna incinta sarà punta da uno dei ragni ricercati, poco prima del parto. Facciamo anche subito conoscenza con quello che sarà il villain del film, tale Ezekiel (interpretato da Tahar Rahim al suo esordio nei cinecomics).
Molti anni dopo la figlia sopravvissuta, Cassandra appunto, è diventata una giovane donna che fa il paramedico a NY (Dakota Johnson), cresciuta da sola e indurita dalla mancanza di affetto (padre mai pervenuto).
Mentre già si manifestano dei fenomeni che lasciano comprendere la diversità di Cassy, un episodio scatena i suoi poteri, fulminei fastforward le mostrano brandelli di futuro, senza darle però il tempo di agire nel presente per evitare conseguenze drammatiche.
Una chioccia con le sue pulcine.
Durante una di queste crisi, vede in grave pericolo tre adolescenti che aveva incrociato in differenti circostanze. Cercando di intervenire, per proteggere le ragazze, deve finalmente mettersi alla prova.
Mentre cerca di districarsi in questa nuova situazione, ritrovandosi ad accudire tre ragazze indisciplinate e impreparate e pure diffidenti, comincia a capire che tutto ha radici nel passato della madre.
Dopo un viaggio in Perù, ripercorrendo le sue tracce, sarà in grado di affrontare la minaccia che grava su di lei e sulle sue protette. Nessuna scena post credits.
Una Sidney Sweeney in versione dimessa.
Madame Web, distribuito in Italia da Eagle Pictures, nelle recensioni d’oltreoceano è stato definito peggiore di Morbius. Falso, perché lì almeno c’era Jared Leto, che un minimo di presenza scenica ce l’aveva.
Purtroppo qui nessuna situazione riesce minimamente a interessare, ad appassionare, a incuriosire, figurarsi a emozionare, data anche l’assoluta mancanza di empatia con tutti i personaggi, scritti davvero male, in modo da riuscire antipatici o semplicemente assurdi.
La sceneggiatura scritta a più mani prende tutti gli inesorabili passaggi del genere e li mette in fila senza un guizzo di originalità, senza riuscire mai a creare la benché minima curiosità verso svolte narrative scontate e prevedibili.
Tahar Rahim è il cattivo anche se non fa il terrorista o l’assassino.
Inoltre le protagoniste sono risibili, tutte poco espressive, Dakota Johnson per prima e su tutte, che almeno hanno l’alibi della minore esperienza. Le ragazze sono Sydney Sweeney, da poco vista nella commedia Tutti tranne te, e ci sembra a disagio in questo tipo di narrazione.
Isabela Merced, che ha iniziato a recitare a 10 anni, ha più esperienza e ha un curriculum più corposo (è stata anche Dora l’esploratrice), mentre Celeste O’Connor, intravista in un paio di altri film, è solo fastidiosa come copione richiede.
Tahar Rahim, attore francese di origine algerina, che abbiamo scoperto con il film Il profeta, si limita a passare all’incasso. In due ruoli marginali, irrilevanti, compaiono Adam Scott e Emma Roberts.
Adolescenti antipatiche ne abbiamo?
Donna è anche la regista, l’inglese S. J. Clarkson, al suo esordio in un lungometraggio, che in effetti manca di compattezza e non riesce mai a coinvolgere, perdendosi anche in scenette inutili, mancando anche l’occasione nei momenti d’azione, che sono risolti malamente.
Ma siamo davvero sicuri che le platee siano tutte così contente di film che, come The Marvels, non abbiano un protagonista maschile ma solo donne nei ruoli principali, fatta eccezione per il “cattivo”?
Davvero il metoo ha portato a questo? Film così chi li vedrà? Gli uomini dubitiamo siano interessati a storie tutte al femminile con eroine per di più poco carismatiche, e le donne, checché se ne dica, un bell’eroe lo amano sempre.
Parliamo di quelle che restano le maggioranze degli spettatori, escluse minoritarie nicchie con altre preferenze.
Ad andare avanti così, sia per quanto riguarda DC Comics che Marvel, compreso questo filone rimasto a disposizione di Sony, si rischia di ammazzare un genere, affastellando reboot, spin-off e ogni altra contorsione narrativa si voglia, senza riuscire però mai a raggiungere, anche solo sfiorare, i livelli dei decenni scorsi.
E sembra che di errore in errore, di insuccesso in insuccesso, le case di produzione non riescano, non vogliano capirla.
Scheda tecnica:
Regia: S. J. Clarkson
Cast: Dakota Johnson, Sydney Sweeney, Emma Roberts, Adam Scott, Tahar Rahim. Mike Epps, Zosia Mamet, Isabela Merced, Celeste O’Connor
Distribuzione: Eagle Pictures
Genere: azione, fantasy