Luther: Verso l’inferno- Recensione

Con il film Luther: Verso l’inferno, torna su Netflix l’ispettore di Polizia dai metodi discutibili, ma dalla inestinguibile sete di giustizia.

Nel 2010 fa la sua comparsa nella scena delle serie tv il personaggio di Luther, John Luther.

Luther è un brillante Ispettore della Squadra Omicidi di Londra, mente deduttiva pari a quella di uno Sherlock, totalmente assorbito da un mestiere vissuto come una missione. Uomo è però sempre in preda a sue oscure passioni, a impulsi violenti, afflitto da una dark side molto accentuata, quasi da emendare attraverso l’esercizio del suo mestiere.

Impulsivo, irascibile, anarcoide, Luther non è certo la persona più adatta per essere un tutore della legge, obbligato a ubbidire a regolamenti e superiori. In nome della giustizia, la sua, che spesso è una giustizia quasi divina, superiore a quella terrena, quella dispensata da fallibili umani, Luther ha superato i limiti, tante volte da aver perso di vista dove, come sia questo limite (si sa che a forza di guardare l’abisso, si finisce per somigliargli).

Eppure di questo si rende conto e non se ne assolve. Un personaggio sfaccettato, ben descritto dall’autore Neil Cross nei suoi eccessi delle prime stagioni, che poi però è diventato quasi la caricatura di se stesso.

Luther: Verso l’inferno Idris Elba
Un uomo e la sua Vice City.

Il fulcro delle varie narrazioni non è la scoperta del colpevole, che conosciamo subito a inizio di episodio, ma la caccia che gli darà Luther, il modo con cui arriverà a lui, fra mille ostacoli e depistaggi, aggirando le “regole d’ingaggio” del ruolo che ricopre ufficialmente.

Il successo della serie tv è dipeso in gran parte dalla scelta di Idris Elba come interprete, con una fisicità e un look che ne hanno fatto quasi un’icona. Le stagioni erano state cinque, la prima da sei episodi, poi a calare, la seconda e la terza da quattro, la quarta addirittura solo due e la quinta di nuovo quattro. La qualità era andata calando pure lei, nonostante i molti premi ricevuti.

Arriva adesso il film Luther: Verso l’inferno, distribuito da Netflix, che, pure aprendo a un sequel, non convince, anzi lascia proprio scontenti. Questa volta il nemico di Luther, il malvagio da incastrare, è un super-criminale, che vedremo quasi subito, interpretato da uno spiritato Andy Serkis con inguardabile parrucca.

Luther: Verso l’inferno Andy Serkis
Un miliardario perverso, come da manuale.

Si tratta di un misterioso serial killer, efferatissimo che Saw scansati, diabolicamente imprendibile, inventore di supplizi innominabili e di esecuzioni altrettanto atroci, capace di ricattare chiunque per costringerlo al suo servizio, con capacità economiche tali da possedere dimore dove nascondere cadaveri per anni, e altrettante per mettere in scena le sue allegorie funebri.

Quindi tonnellate di immaginario di genere, accentuate ai limiti del grottesco. Questo malvagio, grazie ai suoi ricattabili informatori, riesce a portare alla luce tutti i segreti che Luther custodisce, tutte le irregolarità, anche pesanti, di cui si è macchiato nel suo ruolo da cavaliere solitario, denunciandolo al mondo intero.

Così, pur essendo un eroe che ha assicurato alla giustizia (o tolto di mezzo) molti mostri criminali, finisce ufficialmente (ufficiosamente c’era già) dalla parte del torto, e rinchiuso in galera. Dove come ben si sa, un poliziotto non fa proprio una bella vita. Può però uno come lui restare chiuso mentre il criminale in libertà continua ad agire liberamente, facendosi anche beffe di lui? Domando ovviamente retorica.

Luther: Verso l’inferno Idris Elba
Luther e il suo iconico cappotto.

Non manca la solita denuncia del web, attraverso il quale si possono commettere nefandezze estreme, sfogare gli impulsi più orrendi e, come non ripeterlo, spiare e controllare l’universo mondo purché connesso, dotato ingenuamente di webcam o di assistenti virtuali vari.

Se la storia di questo film, scritta ancora una volta da Neil Cross, è visibilmente derivativa, non si è fatto lo sforzo per arricchire di qualche sfumatura il personaggio, limitandosi a caricare caratteri e situazioni oltre ogni limite plausibile, sfiorando a tratti il ridicolo, a volte proprio cascandoci dentro (certe assurdità che sfidano leggi naturali si possono accettare solo in Fast & Furious).

Manca un villain all’altezza della mitica Alice Morgan (e della sua interprete Ruth Wilson), presente nelle stagioni precedenti della serie tv, capace di far accettare anche le situazioni più improbabili e di intrigare e coinvolgere. Qui, a forza di accentuare il tono macabro e perverso, si provoca l’effetto opposto.

Luther: Verso l’inferno Idris Elba

Risibile anche il personaggio della detective che dovrebbe sostituire Luther, personaggio su cui far scendere un velo pietoso, affidato alla sempre poco empatica Cinthya Erivo. Torna Dermot Crowley, nel ruolo dell’anziano ex Capo di Luther, personaggio che ha sempre ondeggiato fra ubbidienza ai regolamenti e tifo per il suo irrequieto sottoposto.

A sancire un legame con un passato più glorioso, sui titoli di coda echeggia in versione rinnovata la sempre bella Paradise Circus dei Massive Attack, che era sigla di apertura delle serie tv, qui ricanta da Ghostpoet.

Scheda tecnica

Regia: Jamie Payne

Cast: Idris Elba, Andy Serkis, Cynthia Erivo, Dermot Crowley

Distribuzione: Netflix

Genere: poliziesco, thriller

Pubblicato da Giuliana Molteni

Vado al cinema dalla metà degli anni ’50 e non ho mai smesso. Poi sono arrivate le serie tv.