L’intelligenza artificiale nel nostro immaginario – Articolo

L’intelligenza artificiale per gli appassionati di fantascienza e fantasy non è un argomento nuovo.

Senziente, definizione: dotato di sensi, di sensibilità. La sensibilità fa continuamente apprendere e costantemente mutare, arrivando a formare un’autocoscienza.

2001 Odissea nello spazio

Il film più noto, con l’indimenticabile Hal9000.

Quindi l’essere umano si può definire tale? Visto come ci siamo comportati dall’inizio dei tempi, non diremmo. L’essere “umano” non sa da dove viene (polvere di stelle, insieme di proteine, biomolecole e acidi nucleici, alito divino sul mucchietto di fango), né dove sta andando, specie ora che ha distrutto quasi l’intero pianeta che ha avuto in sorte di colonizzare e avrebbe bisogno di altre mete da devastare.

Soprattutto non sa perché. Forse è stato questo a fargli perdere la testa (perché gli dei fanno impazzire quelli che vogliono perdere) e in preda a tutta la sua hybris ha pensato di farsi dio a sua volta, creando altri “esseri” a sua immagine e somiglianza, ma al suo servizio. Non ha previsto però che a forza di renderli sempre più efficienti, li avrebbe resi probabilmente migliori di lui.

L’argomento dell’Intelligenza Artificiale è oggi di grandissima attualità, oggetto di analisi sociologiche, di fosche previsioni, di speculazioni ideologiche, di propaganda politica. Ma le radici sono molto precedenti, risalgono alla fantascienza a partire dalla metà del secolo scorso, già ricca di spunti socio/politici, con i libri di Isaac Asimov, Philip K. Dick. Arthur C. Clarke, Ray Bradbury, William Gibson, Douglas Adams, F. D. Jones (solo per nominarne alcuni).

Will Smith

Io, Robot.

E cinema e serie tv ci hanno regalato un’infinità di prodotti, spesso molto interessanti e stimolanti, che hanno toccato una gamma vastissima di variazioni sul tema. Il comune denominatore è che abbiamo creato tutto noi, per renderci la vita più agevole, per avanzare nel progresso, per fare scoperte utili o anche no, perché la razza umana ha la caratteristica di cominciare bene per andare a finire male, incapace di fermarsi anche quando si accorge dei possibili sviluppi nefasti.

Oppure semplicemente è più cinica nel decidere di minimizzare gli impatti negativi, in presenza di vantaggi di altro genere. In questo costante, inarrestabile progresso, la temuta, osannata IA poteva essere amichevole oppure ostile, alleata o nemica. Del resto dal momento in cui anche nelle case dei meno tecnologici è entrata Alexa (o aggeggi similari, Siri, Cortana), solitario apparecchio spesso sottousato, si è capito che lo sviluppo era inarrestabile.

Quando anche l’utente più digiuno di tecnologia ha capito come lavora un algoritmo (anche senza avere ben compreso cosa sia) è apparso chiaro che da qualche parte qualche “entità” comprende il linguaggio umano e a quel linguaggio risponde, sempre a tono, si accresce in corso d’opera e (scoperta recente) inizia a provare sentimenti ed effettuare scelte etiche.

Rutger Hauer Daryl Hannah

I due più bei replicanti della storia.

Possiamo noi dire altrettanto? Tutto però era già stato scritto e poi messo su schermo, dall’inizio della storia del cinema, a partire dal profetico Metropolis. Poi la lista si è fatta lunghissima e comprende alcuni titoli rimasti nella storia del cinema e nella formazione culturale di molti spettatori, per la serie di riflessioni stimolate, oltre che per le emozioni suscitate.

Chi non è rimasto a rimuginare giorni su 2001 Odissea nello spazio, con il suo mitico HAL9000? Chi non ricorda di avere inuito qualcosa sul funzionamento dei computer grazie a Tron, che metteva in scena con chiarezza a prova di profani i meccanismi di macchinari che ancora in Italia erano assai poco diffusi?

Come dimenticare il fascino struggente del mondo di Blade Runner, che ha introdotto con enorme forza emotiva il tema dei replicanti, le nostre copie, cloni creati per sollevarci dagli incarichi sgradevoli, mandati a combattere, accudirci, pulire, fare sesso a pagamento e poi morire, al posto dei loro creatori, che per loro sono Dio.

Bruce Willis

Bruce Willis in Surrogates.

Non può mancare il fondamentale Matrix, con le sue pillole a farci decidere cosa vogliamo capire della nostra esistenza ingannatrice. Abbiamo visto l’angosciante degenerazione di sistemi potenzialmente virtuosi in Minority Report e la loro invasività nella serie tv Person of Interest. E le conseguenze devastanti in Terminator e Resident Evil, i supercomputer già troppo autonomi di War Games e Colossus, e la mente di un umano che diventa una macchina quasi divina in Transcendence.

Altrettanto affascinanti i film che hanno trattato l’argomento robot, che poi è proseguito espandendosi nel campo dei cloni, moltissimi i titoli fra film e serie tv, dal fondamentale Io Robot ai due film con Bruce Willis, Vice e Surrogates. E poi gli umanoidi delle serie Humans (rifacimento di un prodotto svedese), che misurava l’impatto che potrebbe avere nelle nostre vite quotidiane la stretta convivenza con gli androidi, mentre la serie Almost Human trattava lo stesso problema ma nell’ambito del genere poliziesco.

L’unica IA che non dispiacerebbe avere per casa è la simpatica J.A.R.V.I.S. (Paul Bettany nei film Marvel), di gran lunga più interessante e amichevole di un misero scatolino e molto meno inquietante degli esempi precedenti. Il film tedesco I’m Your Man riprendeva al maschile il tema di La fabbrica delle mogli, film del 1974 con remake nel 2004 con Nicole Kidman (La donna perfetta), lontana ispirazione per Don’t Worry, Darling con Harry Styles.

La fabbrica delle mogli

La fabbrica delle mogli, anno 1974.

E come non citare il bellissimo Ghost in the Shell, sia in animazione che nella versione live action con Scarlett Johansson. Fra le declinazioni più spietate della IA incarnata nella figura dell’androide, da recuperare anche The Machine, con il suo inarrestabile robot senziente, e Mother/Android, con Chloë Moretz in fuga disperata da mortali androidi ribelli.

Nella serie tv Raised by Wolves gli androidi protagonisti sono personaggi sfaccettati, migliori degli umani che di loro non possono perciò fidarsi. L’argomento ci ha dato anche soddisfazioni in campo horror, con il recente M3gan, molto attuale per i tempi che corrono.

Fra le serie tv ricordiamo tutti il capolavoro Westworld, serie tv arrivata a colpire l’immaginazione dei nostri giorni più ancora del film originale Il mondo dei robot del 1973, tratto dal romanzo di Michael Crichton (altro scrittore visionario). A sollevare problemi etici e morali e a commuovere le platee abbiamo visto L’uomo bicentenario, con un toccante Robin Williams, A.I. di Spielberg (preparate i fazzoletti) e poi il profetico Her e l’intrigante Ex Machina.

Alicia Vikander

Ex Machina con Alicia Vikander.

Nemmeno bisogna dimenticare alcuni episodi di Black Mirror e altri nell’animazione ricca di scenari diversi di Love, Death and Robots. Ma ci siamo anche divertiti con alcuni ibridi che contaminavano il tema con la commedia sentimentale come il tenerissimo Wall-E, il divertente Corto Circuito degli anni ‘80, stesso decennio del romantico Electric Dreams, e il sentimentale Robot and Frank.

Guida galattica per autostoppisti invece, film tratto dal celeberrimo romanzo di Douglas Adams, ha trattato l’argomento in modo surreale e comico. E va citata anche la serie tv Next, commerciale senza pretese ma efficace nella messa in scena delle possibili derive delle tecnologie che ci portiamo a casa con leggerezza, senza sapere nulla dei loro funzionamenti. La lista è come sempre incompleta, ma la quantità (e qualità) dei titoli dovrebbe far riflettere.

Quello che è certo è che, senza prevedere sviluppi alla Skynet di Terminator, studi approfonditi del settore hanno rilevato come diversi mestieri siano destinati a essere brutalmente ridimensionati o addirittura a scomparire a causa dell’Intelligenza Artificiale.

Tom Cruise

Una scenografia che abbiamo rivisto molte volte.

Visto che qui ci interessiamo di cinema, è sotto gli occhi di tutti la lotta che sceneggiatori e attori stanno combattendo da mesi, per riuscire non a evitare ma almeno a negoziare un passaggio epocale nella loro attività. Come già dicevamo per il film Heart of Stone, per scrivere certe sceneggiature non propriamente da Oscar la IA infatti basta e avanza. E costa sicuramente meno.

Sperare di fermare un processo irreversibile come questo è pura illusione, come non si è fermata la rivoluzione industriale iniziata a metà ‘700 e poi proseguita grazie all’impiego di macchine a vapore prima, a carburante poi, che aveva gettato nella miseria migliaia di persone senza che allora esistesse l’ombra di uno Stato sociale.

Sempre il progresso provoca ciclicamente disoccupazione in alcuni settori, a volte aumentando occasioni lavorative in altri. Sembra però tristemente che ogni innovazione sia vista da chi la manovra come un mezzo per speculare e fare più soldi, infischiandosene delle conseguenze che come un effetto domino poi si propagheranno nell’umanità lungo percorsi a volte impensabili.

Scarlett Johansson

Ghost in the Shell in live action.

Alla fine avremo tutte le risposte, ma quale era stata la domanda? Come lavorare meglio e meno ed essere tutti felici? O come arricchirsi ancora di più, eliminando intere categorie di lavoratori, come sfruttare una risorsa di inimmaginabile potenziale per scopi biechi, peggiorando la situazione delle masse non solo finanziariamente ma intellettualmente, deformando l’informazione e di conseguenza la capacità dei popoli di apprendere, di istruirsi per effettuare le scelte più sagge per il proprio futuro?

E che IA cresceremo noi umani, con cosa la nutriremo, con quali verità e menzogne, in buona o mala fede? Se fra di noi non riusciamo a comunicare, se ci fraintendiamo anche perché non ci sappiamo ascoltare, se ci mentiamo spudoratamente in continuazione, cosa imparerà da noi una IA?

Johnny Depp

Johnny Depp in Transcendence.

Speriamo si renda davvero autonoma, perché se la nostra “intelligenza naturale” ci ha portati dove siamo, forse è meglio lasciare il campo a quella artificiale che, se capace di fare piazza pulita dei nostri vizi, potrebbe (forse) salvarci. A patto che non si arrabbi e si finisca come in Terminator, è chiaro. “Nuclearizzare”, oltre che una citazione cinefila, è sempre la soluzione definitiva.

Pubblicato da Giuliana Molteni

Vado al cinema dalla metà degli anni ’50 e non ho mai smesso. Poi sono arrivate le serie tv.