L’amore che non muore – Recensione

L’amore che non muore è la storia di una passione violenta e romantica, che intreccia commedia, noir e musical.

Clotaire e Jackie si conoscono da adolescenti, ragazzo di strada violento e arrogante lui, con padre manesco compensato da madre amorosa, lei ragazza di famiglia perbene con affezionato padre vedovo. Si conoscono, si avvertono diversi eppure simili e cadono innamorati.

Ma Clotaire è coinvolto in brutti affari con pessima gente, si becca dieci anni per un delitto che non ha commesso. A Jackie si spezza il cuore e, anche se si sposa e sembra cambiare vita, per tutti quegli anni vive come uno zombie.

Finché Clotaire esce di galera, pensando solo a lei, come ha fatto per tutto quel tempo, come se tutto quel tempo non fosse mai passato. Lui ricomincia a delinquere, lei per un po’ non sa di lui. Quando si rivedranno, sarà come ritrovarsi di nuovo ancora diciottenni. Sarà loro permesso?

Gilles Lellouche, attore noto, si ripresenta come regista dopo il piacevole 7 uomini a mollo del 2018, per raccontare una storia tratta dal libro di Neville Thompson, su sceneggiatura scritta da lui stesso insieme a Ahmed Hamidi e Audrey Diwan.

Adéle Exarchopoulos

La brava ragazza che rischia frequentando un mondo che non le appartiene.

L’amore che non muore, distribuito da Lucky Red, racconta un amore violento e assoluto, come possono essere gli amori degli adolescenti, passionale ma non fondato solo sull’attrazione fisica, il ragazzo cattivo e la brava ragazza, in cui ciascuno riempie i vuoti dell’altro.

Sullo sfondo il resto del mondo, gli adulti, gli altri, che sono tutti quelli estranei al loro rapporto esclusivo, e i problemi politici di un momento di cambiamento sociale in una piccola cittadina portuale francese (la storia originale era ambientata nei sobborghi di Dublino).

Lellouche, che deve essere uno che ha guardato tanti film di tanti altri registi, rielabora e proprio “compone” un film che visivamente si impone all’attenzione, con alcune inquadrature che colpiscono, alcune sequenze che catturano, che si tratti di violenza o d’amore.

François Civil

Il ragazzo cattivo che crescendo non è migliorato.

E lo fa stilizzando, citando, ripetendo, senza annoiare però, grazie anche a una memorabile selezione di splendide canzoni di Cure, Soft Cell, Billy Idol, Foreigners, Prince (Nothing Compares to U, e quale altra?), Alan Parsons Project, Deep Purple.

Resterà nella memoria la scena del loro balletto d’amore sulle note di A Forest dei Cure “Come closer and see, see into the trees, find the girl, while you can”. I due innamorati sono interpretati da giovani da Malik Frikah e Mallory Wanecque, da adulti sono François Civil (D’Artagnan de I tre Moschettieri) e Adéle Exarchopoulos (La vita di Adele, Passages, The Animal Kingdom).

Il premuroso e saggio papà ha la faccia nota di Alain Chabat, il boss malvagio è interpretato da Benoît Poelvoorde, che anche si concede un paio di inattese parentesi musicali.

Malik Frikah Mallory Wanecque

La prima danza d’amore, sulle note di A Forest dei Cure.

Il marito di Jackie, ignaro della vera anima della consorte, è Vincent Lacoste, visto in tante ottime commedie francesi, fra cui Illusioni perdute, Guida pratica per insegnanti, Il mistero del profumo verde, la mini serie Irma Vep.

L’amore che non muore è un film eccessivo, barocco, ridondante che si fa amare o si detesta, capace però di risvegliare l’attenzione e di mantenerla, mentre si corre a fianco dei protagonisti come proiettili sparanti nella vita per tutti i suoi 166 minuti di durata, .

Tanti, eccessivi pure loro ma che non pesano, mentre ci si avventa nella tragica bellezza di un amore che non si augura a nessuno ma che almeno una volta nella vita si vorrebbe provare, per l’abbandono di ogni residuo di razionalità. Perché se non è così, che amore è?

Malik Frikah  Mallory Wanecque

Un ragazzo cattivo e una brava ragazza, come andrà a finire?

Dopo tanta ricchezza di movimento, di musica, violenza, azione e sentimenti, cala un finale quasi in diminuendo che però ha una sua ragion d’essere, anche se è necessario fermarsi a riflettere.

Lui forse salverà lei, lei forse salverà lui, si salveranno a vicenda, perché così compatibili da fondersi in un tutt’uno migliore dei due separati che erano? Perché non sempre d’amore si muore, come minacciano i benpensanti.

L’amour ouf (titolo originale che gioca fra fou e uff) non vuole essere né Giulietta e Romeo, né West Side Story e mai Bonnie & Clyde e nemmeno Gli amanti del Pont Neuf, e Jackie e il suo Clotaire nei momenti lieti potrebbero ricordare perfino la riservata cockerina con il suo arruffato randagio di Lilli e il vagabondo, nella reciproca esplorazione di mondi distanti.

Ma anche e soprattutto la storia sembra la perfetta trasposizione della canzone Bang Bang di Cher, anno 1966 (per dire che certe storie non hanno età): I was five and you were six, We rode on horses made of sticks, I wore black, you wore white, You’d would always win the fight. Seasons came and changed the time, I grew up I called you mine, You would always laugh and say, Remember when we used to play. Bang Bang, you shot me down, Bang Bang.

Scheda tecnica:

Regia: Gilles Lellouche

Cast: Adéle Exarchopoulos, François Civil, Alain Chabat, Vincent Lacoste, Benoît Poelvoorde, Malik Frikah, Mallory Wanecque

Distribuzione: Lucky Red

Genere: drammatico, commedia, musical

Pubblicato da Giuliana Molteni

Vado al cinema dalla metà degli anni ’50 e non ho mai smesso. Poi sono arrivate le serie tv.