La trama fenicia – Recensione

La trama fenicia, film diretto da Wes Anderson, è una delle storie surreali raccontate con il solito stile da un regista che ormai si è imbalsamato nel suo stile.

Zsa Zsa Korda (Benicio Del Toro) è un famoso affarista senza scrupoli, un rapace capitalista, un manipolatore di mercati, uno sfruttatore senza scrupoli, un mentitore incallito, un astuto calcolatore capace di tessere trame tese solo al suo arricchimento.

Scampato all’ennesimo attentato, quasi resuscitato dopo un catastrofico disastro aereo, è perseguitato da bizzarre visioni bibliche sull’aldilà (in bianco e nero con comparsate di attori celebri, Dafoe, ormai abbonato a ruoli bizzarri, vedi Povere Creature o Nosferatu, Gainsbourg, Kingsley, Murray ovviamente).

Convoca Liesl, l’unica figlia mai frequentata ma unica di cui si fida, fra tutti gli altri nove tenuti a distanza, novizia fumatrice di pipa (sarebbe contento Sorrentino), che sta per prendere i voti e non ha nessuna intenzione di lasciarsi coinvolgere negli affari sporchi del padre.

Zsa Zsa sta cercando investitori per un suo progetto faraonico, ne ha necessità perché gli americani si sono messi per traverso (e pure l’ostile fratellastro Nubar) e va a scovare cinque vecchi partner in varie parti del mondo, tutti scafati quanto lui, tutti con un pregresso conflittuale, storiacce di trucchi e imbrogli.

Mia Threapleton Benicio Del Toro

La bizzarra coppia padre/figlia di questo film.

Sarà un lungo viaggio di formazione che farà cambiare Zsa Zsa, che morirà nelle sue spoglie precedenti per rivivere in un’identità più semplice e soddisfacente, riconciliandosi con i suoi veri affetti. Diciamo subito che una lettura nel senso di un ravvedimento virtuoso da parte di un capitalista immorale, ci parrebbe davvero tirata per i capelli.

Perché il film La trama fenicia si riduce al solito divertissement in salsa Anderson. Quando si scrive un articolo su un film, si preparano anche le foto per illustrarlo. Facendo questo lavoro per La trama fenicia, abbiamo pensato che già solo le foto davano il tono dell’operazione, immediatamente riconducibili allo stile che ormai sta ingessando questo regista in un manierismo esasperato.

Che, se inizialmente lo aveva distinto positivamente, adesso rischia di renderlo stucchevole e indigesto, oltre che ripetitivo. Gli elementi ricorrenti che saltano all’occhio anche dello spettatore meno esperto sono molti e li elenchiamo.

Benicio Del Toro

Una delle inquadrature accuratamente composte, care a Wes Anderson.

La cura negli abiti e dell’arredamento sempre raffinatamente vintage; la presenza di aggeggi strambi; l’accurata composizione delle inquadrature, che seguono rigide simmetrie; le dominanti della fotografia che devono rendere i colori pastello cari al regista.

E poi le espressioni cartoonesche dei personaggi, i dialoghi obbligatoriamente surreali, l’ambientazione temporalmente indefinibile. I suoi ultimi film, dopo una serie di titoli davvero originali si sono ridotti a una serie di leziosi quadretti.

La composizione è perfetta, ogni oggetto, ogni attore, ogni gesto accuratamente inserito in una cornicetta nella quale si muove (poco) o si staglia una galleria di personaggi grotteschi e surreali (scusate la ripetizione di un aggettivo indissolubile dai commenti su questo autore), giocati come figurine, il che costringe gli attori a una fissità espressiva quasi costante (l’inedito duo Tom Hanks/Bryan Cranston è protagonista dell’unico siparietto davvero spassoso).

Tom Hanks Bryan Cranston

Tom Hanks e Bryan Cranston, una comparsata breve ma divertente.

Quanto agli altri, Anderson riesce sempre a mettere insieme cast spettacolari, quando mai ci ricapita di vedere insieme tanti divi. Michael Cera è un timido studioso di insetti nordico (ma nasconde un’identità segreta). Benedict Cumberbatch è il collerico fratellastro Nubar.

In altri brevi ruoli compaiono Riz Ahmed, Jeffrey Right, Scarlet Johansson, Rupert Friend, Hope Davis, Mathieu Amalric e anche altri volti noti. Meno nota è la co-protagonista Mia Threapleton, figlia di mamma Kate Winslet, ma per capire se sa davvero recitare dovremo aspettare qualche altro film.

Wes Anderson dirige (e scrive con l’amico Roman Coppola, a distribuire è di nuovo Universal) l’ennesima versione della solita famiglia difettosa, tema per lui ricorrente, come nel suo capolavoro Tenenbaum, il film che lo ha fatto amare con i suoi strambi, tenerissimi protagonisti, così come Le avventure acquatiche di Steve Zissou e Il treno per Darjeeling, per arrivare a quello che per noi ancora reggeva, pur nel noto manierismo, Grand Hotel Budapest.

Mentre logoranti sono stati The French Dispatch e Asteroid City. Nel mezzo anche i premiatissimi corti per Netflix. La fotografia è del blasonato Bruno Delbonnel, i costumi della mitica Milena Canonero, le musiche raffinate di Alexandre Desplat.

Tutte queste risorse di altissimo livello al servizio di che storia, di che volontà, se non quella del puro gusto sterile della messa in scena? Andare avanti così negli anni, per un pubblico compiaciuto che si sente gratificato da una specie di complicità con l’autore, sembra un esercizio di onanistica auto gratificazione, in cui a divertirsi sembrano essere quelli che giocano il gioco e molto meno chi ne dovrebbe essere destinatario.

Scheda tecnica:

Regia: Wes Anderson

Cast: Benicio Del Toro, Mia Threapleton, Tom Hanks, Bryan Cranston, Michael Cera, Riz Ahmed, Jeffery Wright, Scarlet Johansson, Rupert Friend, Benedict Cumberbatch, Hope Davis, Bill Murray, Charlotte Gainsbourg, Willem Dafoe, Mathieu Amalric

Distribuzione: Universal Pictures

Genere: commedia, avventure, thriller

Pubblicato da Giuliana Molteni

Vado al cinema dalla metà degli anni ’50 e non ho mai smesso. Poi sono arrivate le serie tv.