Una bella mostra ci ricorda come l’oro non abbia avuto sempre lo stesso valore per tutti.
Cosa cerca l’uomo bianco? Cerca potere, gloria, oro, cerca la vita eterna. E mentre li cerca, in giro per il nostro mondo, pensando di essere autorizzato a prendere ciò che trova, dove e come vuole, rade al suolo qualunque altra popolazione, con la scusa di “civilizzarla”, di convertirla, di elevarla al suo presunto livello superiore.
Nel corso dei secoli, si è quindi espanso, sotto forma di un’orda di avventurieri brutti, sporchi e cattivi e ha spianato tutto ciò che si trovava fra lui e l’oggetto delle sue brame, per poi assoggettare e schiavizzare il popolo locale, mentre ovviamente devastava l’ambiente accuratamente preservato fino a quel momento.
Perché lui è superiore, lui può. Non che le civiltà che venivano distrutte o asservite fossero composte da illuminati amministratori o angelici religiosi, sia chiaro. Si trattava di popoli altrettanto spietati e crudeli, i diritti umani non esistevano (stiamo parlando di un periodo che va dal 5000 a.C al 1500 d.C).
Ma ciascuno dovrebbe essere padrone a casa propria e non dovrebbe trovare scuse per andarsene a invadere altri popoli, regola aurea pure lei, che varrebbe anche ai nostri giorni. E invece.
Uno dei tanti dettagliati manufatti realizzati in oro.
Facevamo questa riflessione durante la visita all’interessante mostra Più che oro, sui manufatti della civiltà colombiana preispanica, al Museo Rietberg di Zurigo, dove sono esposte tante opere che dimostrano il talento artistico ma anche la disinvoltura con cui veniva usato l’oro in quelle antiche civiltà.
Minerale di cui quelle terre erano ricchissime, e che per gli abitanti non aveva il valore che gli attribuivano gli invasori, che avrebbero sterminato chiunque per impossessarsene, sciamando in massa da lontani paesi oltreoceano. Perché nulla valeva più dell’oro.
E, visto che qui si parla sempre di cinema, il pensiero è andato ai tanti film ambientati in Sud America, in cui abbiamo visto la brutalità dei conquistadores spagnoli e portoghesi nei confronti degli abitanti di quel continente.
Così arrivavano i conquistatori, a vele spiegate.
Anche ostinarsi a voler convertire gente che stava benissimo con la religione degli avi, ci è sempre sembrato un sopruso, a meno che non fosse sottintesa una serena convinzione, una pacifica conversione, che non mettesse però il tapino in contrasto mortale con le sue autorità.
Perché andare a stuzzicare simili vespai (pensiamo al tragico film Mission)? In tutto questo gli occidentali si rivelavano poi incapaci di vivere in equilibrio con una natura che vedevano solo come oggetto di saccheggio, da sfruttare e abbandonare, per passare ad altro.
Dice una didascalia della mostra: “La dicotomia del mondo occidentale fra natura e cultura ci differenzia da chiunque altro, nega le origini condivise sulla condivisione di spazio e di bisogni. La conoscenza degli indigeni insegna che gli esseri umani sono tutti uguali nel loro abitare il pianeta. Tutti gli esseri umani hanno una coscienza interiore che li rende uguali. L’unica differenza è il corpo che abitano e il punto di vista che hanno sul mondo”.
L’esploratore Percy Fawcett, un “conquistatore” pacifico.
Solo per citare qualche titolo, ricordiamo Civiltà perduta del 2016, con Charlie Hunnam, che raccontava la storia vera (in questo caso pacifica) di una grande ossessione, quella di Percy Fawcett, esploratore appassionato, che pur amando molto la moglie e i figli, ha trascorso lunghi anni in territori selvaggi e pericolosi.
Intorno al 1910 compie un viaggio in Bolivia, su commissione della Royal Geographic Society, perché ha sentore dell’esistenza di una civiltà sconosciuta, un’antichissima enclave nella giungla profonda, la città perduta di Z, forse addirittura la mitica El Dorado.
Non si toglierà più questo chiodo dalla mente, tornerà invano ancora una volta, sempre arrivando al limite della scoperta e di se stesso, sempre costretto a ritirarsi da diversi problemi, fino alle estreme conseguenze.
Due classici conquistadores, brutti sporchi e cattivi, dal film Oro, la città perduta.
Anche Oro – La città perduta, film spagnolo del 2017 era una storia di conquistadores spagnoli, mercenari in fuga dalla miseria della Spagna, alla ricerca di una mitologica città interamente fatta d’oro, sempre la mitica El Dorado, con altri disperati come loro.
La ricerca di questa favolosa città aveva scatenato la bramosia di personaggi storici come Hernán Cortés e Francisco Pizarro che, partendo dall’occupazione di Cuba ed espandendosi poi verso Sud, si erano impadroniti di enormi quantità d’oro, facendo crescere la leggenda su questa città, spingendo molti altri esploratori a cercarla per tutta la vita, percorrendo il paese per anni, contribuendo così anche alla sua mappatura.
Le conseguenze di questa violenta occupazione sono state tragiche, gli indigeni sono stati decimanti da uccisioni, malattie importate dagli occidentali, schiavitù. Per sopperire a tutto ciò ha avuto inizio nel 1510 la tratta degli schiavi dall’Africa, perché serviva sempre nuova manodopera da sfruttare selvaggiamente nelle miniere e nelle coltivazioni, dove i bianchi instauravano monoculture, devastando il territorio rispetto a come era originariamente.
Lo scenario di una strage nel film La otra conquista.
In questo modo si sono enormemente arricchite Spagna e Portogallo, ma anche Inghilterra, Belgio e Paesi Bassi. La otra conquista, film messicano del 1999, è ricordato come una delle migliori esplorazioni cinematografiche sugli effetti della colonizzazione, anche sul lato religioso.
La grande strage dell’impero del sole, film del 1969, con un gran cast (Robert Shaw, Christopher Plummer truccato da indio) era la storia dell’invasione e del saccheggio del territorio Incas da parte di Francisco Pizarro, accolto come un semidio nel 1530.
Per il pensiero semplice della cultura pop può valere anche la storia del popolo di Wakanda, simbolo di una situazione applicabile a tante altre nazioni di altri continenti, assediato e in guerra contro disonesti sfruttatori occidentali.
Alla faccia della politica correttezza, Christopher Plummer fa l’indio.
Ma preferiamo ricordare il doloroso finale di 1492, il film su Cristoforo Colombo del 1992, diretto da Ridley Scott, in cui le note di Vangelis cullavano la delusione e il rimpianto del protagonista.
Oggetto di ricerca intensiva è stata anche la mitica Fonte dell’eterna giovinezza, che dopo la scoperta delle Americhe, era stata situata in Florida dall’esploratore spagnolo Juan Ponce de Léon (intorno al 1500), tema affascinante, trattato al cinema da film come Star Trek: L’insurrezione, The Fountain, e perfino Pirati dei Caraibi – Oltre i confini del mare.
E così continuiamo a vagheggiare città tutte d’oro, civiltà primitive e misteriose, fonti dell’eterna giovinezza, Shangri-la sperse fra i monti, adesso anche altri pianeti, dove trovare tutto quello che avevamo qui e che qui abbiamo saccheggiato, distrutto, restando irrimediabilmente caduchi, mortali. Siamo la specie più feroce, su questo non c’è dubbio. Ma anche la più stupida.