Joika racconta la storia vera della prima ballerina americana selezionata per accedere al Bolshoi.
A quindici anni, sembra che il sogno della vita di Joy Womak, giovane ballerina classica del Texas, stia per avverarsi: sarà infatti accettata in una scuola di ballo a Mosca, per partecipare alla selezione che la farà entrare nel mitico Bolshoi.
Al suo arrivo si scontra subito (e come dubitarne) con la durissima insegnante Tatyana Volkova, una Diane Kruger di adamantina ostilità. Joika però parte a testa bassa, si impegna allo spasimo, viene umiliata, illusa, respinta, frustrata, boicottata, fatta anche oggetto di qualche subdolo sabotaggio.
La sua vita è fatta di costanti diete feroci, articolazioni massacrate che scricchiolano come le fondamenta di palazzi sull’orlo del crollo, unghie spaccate, legamenti tesi allo spasimo, anoressia e bulimia.
E pure non demorde, si isola nella sua ambizione, fa ricorso a qualche espediente poco corretto, anche al limite della sua etica, ferisce chi le sta vicino e le vuole bene, getta nel panico i genitori, non trova mai solidarietà fra altre “vittime del sistema”, cade più volte rialzandosi sempre più a fatica, finché sembra proprio che tutto sia finito. Eppure il destino le riserva ancora una chance, cercando però fin all’ultimo di beffarla.
Il passato che vuole plasmare il futuro.
Storia vera di una passione così divorante da non lasciare spazio a nient’altro, il film Joika è scritto e diretto dal neozelandese James Napier Robertson (The Dark Horse, Whina, film sull’emarginazione della popolazione Maori), ispirandosi a un documentario del 2021, Joy Womack: The White Swan.
Il film non si sottrae al solito percorso dei film ambientati sui palcoscenici di danza classica, ambiente che più di altri sembra girare sotto la legge delle cinque esse, sacrificio, sangue, sofferenza, sesso e soldi.
La narrazione sembra a volte pronta per virare sul thriller, ricordando Il cigno nero, senza risparmiarci i dettagli horror delle piaghe sanguinolente, delle unghie strappate, delle articolazioni incrinate, tutta quella “mistica” da sacrificio martirio logico che sembra accompagnare obbligatoriamente le storie più cinematografiche sul balletto classico.
Diane Kruger nel ruolo della spietata insegnante.
Che certo è un ambiente durissimo e altamente competitivo, mentre costringe e dolorosi sacrifici fisici ed esistenziali il fisico di giovani ragazze ancora non preparate psicologicamente, che forgiano con estrema durezza corpi spesso anche sottoalimentati, perché la magrezza assoluta è d’obbligo.
La vera Joy, che vedremo in una foto nel finale, donna davvero bellissima, è stata una delle prime occidentali a firmare un contratto con il Bolshoi Ballet. Sull’ambiente ricordiamo molti bei film del passato, dallo “storico” Due vite una svolta del 1977, proseguendo con The Company diretto da Robert Altman nel 2003, Dance Academy (2010), stesso anno del tragico Black Swan di Darren Aronofsky, e poi La ballerina del Bolshoi nel 2017, Uccelli del Paradiso del 2021 e lo spagnolo Danzando sul cristallo (2022).
Discorso a parte, ma con qualche assonanza per la passione divorante verso questa forma di arte, è La vita è una danza, che Cédric Klapisch dirige nel 2022, più lieve, meno melodrammatico, che fa da ponte agli eccessi drammatici di qualche titolo precedente con quella leggerezza che spesso solo i film francesi riescono a trasmettere.
Oleg Ivenko, già interprete di Nureyev in The White Crown.
Valide anche le serie tv Flesh and Bone e Tiny Pretty Things. Tono più sobrio per Corpo di ballo, serie tv italiana che raccontava sei mesi della vita di alcuni danzatori della Scala, il lavoro e la vita privata, senza eccessi o drammatizzazioni, in nome di disciplina, controllo, compostezza, richiesti non solo sul palco ma anche nella vita. Citiamo anche la serie tv Smash, che pur in ambito musical, aveva compiuto un riuscito mix di tutti questi temi.
In comune queste narrazioni hanno, con diversi gradi di melò, il racconto della dura lotta per emergere, la rivalità spietata, la durezza degli allenamenti, le gelosie e le invidie, i rancori e le vendette e la figura distante e severa, spesso ai limiti del sadismo, del Maestro/a, il tutto gravato dalle aspettative delle famiglie.
A interpretare la danzatrice troviamo Talia Ryder, di estrema grazia e fragilità, vittima predestinata e in parte complice di un ambiente come quello, mentre l’unico a cercare di dare una mano all’infelice ragazza sarà un altro ballerino, affidato a Oleg Ivenko, già Nureyev in The White Crown del 2018.
L’eterea protagonista, Talia Ryder.
Diane Kruger (che abbiamo da poco visto nel film Marlowe, lei stessa ex danzatrice classica) è algida eppure ferita, ostile eppure empatica, incapace di liberarsi dalle mortifere pressioni di un ambiente misogino, paternalistico e autoritario. La vera stella del balletto russo Natal’ja Osipova (da tempo trasferita a Londra) compare brevemente nel ruolo di se stessa.
Joika, distribuito da Eagle Pictures, racconta la sua storia facendo ricorso a molti passaggi obbligati (che però probabilmente corrispondono alla realtà), riuscendo a interessare per il ritratto di una giovane donna, dotata di una volontà disumana e determinata fino all’autolesionismo nel proprio campo, quasi un caso clinico.
Purtroppo però è vero che per arrivare a certi livelli (e non parliamo solo di quello della danza) viene richiesto quasi l’annientamento della propria esistenza in nome della scalata al successo.
Joy Womack ha compiuto una scelta controcorrente, lasciare l’occidente in favore della gelida, grigia Russia (almeno così viene descritta nel film), che si colora e illumina sono nelle riprese dei momenti di danza, unico rifugio dove dimenticare un mondo che, per persone come la ballerina e i suoi colleghi, è solo una serie di poco interessanti intervalli fra un momento di ballo e l’altro, gli unici degni di essere vissuti.
Sarebbe stato interessante sentire cosa avrebbe avuto da dire su personaggio e film Nureyev stesso, che aveva così drammaticamente compiuto il percorso opposto. Va detto che il film è stato girato in Polonia intorno all’inizio della guerra fra Russia e Ucraina. Con la situazione politica attuale, probabilmente non sarebbe stato realizzato.
Scheda tecnica:
Regia: James Napier Robertson
Cast: Talia Ryder, Diane Kruger, Oleg Ivenko
Distribuzione: Eagle Pictures
Genere: drammatico