Con Insidious – La porta rossa, torna in una nuova avventura la sfortunata famiglia Lambert.
Puoi portare via una famiglia dall’Altrove, ma non l’Altrove da una famiglia.
Abbiamo conosciuta la Famiglia Lambert nel 2010, papà, mamma e tre figli, perseguitati da presenze assai ostili dopo un trasferimento in una nuova casa, coinvolti in eventi così drammatici da provocare nel figlioletto Dalton uno stato di coma.
Entrava in scena il concetto di corpo astrale e si nominava l’Altrove, luogo abitato dalle anime dei morti, solo quelli tormentati però, in cerca di rivalsa sui vivi. Avevamo fatto la conoscenza della madre di Josh, Lorraine, madre single per assenza del padre, e della sua amica Elise Rainer, una medium, figura benefica che sarà la costante della serie di film, e avevamo scoperto che anche Josh da piccino aveva subito gli stessi problemi del figlio.
Era seguito un secondo capitolo nel 2013 e poi due prequel, L’inizio (2015) e L’ultima chiave (2018), che si concentravano sulla figura della donna divenuta suo malgrado demonologa e di due personaggi, conosciuti in corso d’opera, i “ghostbusters” Tucker (Angus Sampson) e Specs (Leigh Whannell).
Queste narrazioni si erano riallacciate ai personaggi della Famiglia Lambert. Abbiamo seguito alcuni di loro nel corso di terrificanti avventure, madri, padri e figli (e amici di famiglia) perseguitati da demoni che avevano origini antiche, con legami che risalivano a traumi precedenti, in un groviglio di gravi disagi famigliari dove i fantasmi del passato erano una realtà concreta e non un modo di dire, dove le possessioni nel mondo reale provenivano e potevano essere sciolte solo nell’Altrove.
Arriva adesso Insidious – La porta rossa, distribuito da Eagle Pictures, che è sequel del film del 2013 e si apre sulla scena in cui tutta la famiglia ha deciso di sottoporsi a un’ipnosi, pratica subita nella speranza di ripulire la mente dalle orribili visioni, per poter cominciare una nuova vita.
Ma qualcosa ha funzionato male e 10 anni dopo ritroviamo Renai (Rose Byrne) e Josh (Patrick Wilson) ormai divorziati. L’occasione per ritrovarsi è triste, il funerale dell’amata Lorraine, mamma di Josh, uomo devastato da un passato che non riesce a ricordare ma che gli provoca ugualmente un forte disagio di vivere, tanto da indurlo a pensare di avere qualche grave malattia.
L’uomo deve gestire il suo difficile rapporto proprio con Dalton, un figlio che lo ha chiuso fuori dalla sua vita, divenuto un adolescente ancora più difficile del prevedibile, per gli stessi motivi del padre ma senza saperlo.
Il ragazzo, che sta diventando un pittore molto dotato, si deve trasferire in un’Università lontana, dove però sarà assalito dal passato, da ricordi confusi e incubi ben più concreti.
Josh e il resto dell’incolpevole Famiglia saranno così costretti a ricordare, per salvarsi ancora una volta ed evitare di proseguire lungo la catena di orrori che arrivano da un “Altrove” che può essere semplicemente un passato contro le cui conseguenze è necessario lottare.
Alla scrittura troviamo come sempre Leigh Whannell e alla produzione Jason Blum “nume tutelare” dell’horror del nuovo millennio, al quale dobbiamo però anche titoli di ben altro livello, come alcuni film di Jordan Peele, Spike Lee, M. Night Shyamalan, la serie The Purge, e la ripresa di alcuni horror classici. E si nota la presenza anche dell’Oren Peli di Paranormal Activity.
Quando un brand ha successo, si cerca di sfruttarlo il più a lungo possibile, con variazioni minimali rispetto agli inizi, per non scontentare gli acquirenti affezionati. Che detto in altro modo, sarebbe il famoso “raschiare il barile”, fino al fondo e oltre.
I due astuti James Wan e Leigh Whannel, artefici nel 2004 della saga Saw , si stanno rimbalzando dal 2010 il progetto Insidious, quanto a regia e scrittura. Wan è responsabile anche della serie The Conjuring, altra saga horror di successo, esplorando poi altri lidi, come regista e/o produttore (citiamo il recente M3gan).
A dirigere questa volta troviamo Patrick Wilson stesso, al suo esordio come regista, che come interprete di Josh riesce a conferire al suo personaggio una certa dolorosa intensità.
Alla sua uscita Insidious aveva riscosso notevole successo, rinnovando il genere con un semplice ritorno alle origini. L’horror tornava a essere inteso non come generatore di raccapriccio e repulsione ma puro spavento dovuto all’ignoto, al sovrannaturale.
Porte che sbattono, luci che vacillano, sussurri nel buio, ombre che si materializzano, spiriti malefici e non sadici killer. Qui la trama è elementare e la storia piuttosto breve rispetto agli standard attuali (il film dura solo 107 minuti).
Ugualmente si stiracchia nei numerosi momenti in cui si costruisce il pretesto per l’immancabile jump scare, annacquando anche quel poco di buono che ci poteva essere, nella prevedibilità dell’insieme. Quindi la parte positiva del film non sta nella trama horror, che è scontata, ma da un’altra parte.
Sta nel rapporto doloroso fra padre e figlio, sta nell’arrivare a capire che in tutta la saga dietro le orribili visioni e le spaventose creature, ci sono ferite ricevute in famiglia, tare ereditarie, traumi mai elaborati, bugie dette a fin di bene che hanno lasciato troppi dubbi. I brutti ricordi non svaniscono se non se ne parla, anzi.
Restano lì nel subconscio (l’Altrove?), che andrebbe tenuto sempre pulito e ben illuminato per evitare che diventi tana di mostri distruttori, metaforici o concreti. I mostri vanno affrontati, portati alla luce, riconosciuti e sconfitti. Solo così si eviterà che la triste catena di lutti prosegua, che le colpe dei padri ricadano sempre sui figli, come recita l’antico detto. E quella porta rossa da chiudere sui mostri, potrà essere aperta verso chi ci ama e tanto si è sacrificato per il nostro bene.
Scheda tecnica:
Regia: Patrick Wilson
Cast: Patrick Wilson, Rose Byrne, Ty Simpkins, Sinclair Daniel, Lin Shaye
Distribuzione: Eagle Pictures
Genere: horror