Indiana Jones e il quadrante del destino è il quinto film della gloriosa saga, con Harrison Ford in gran forma.
Nel 1981 faceva la sua comparsa sugli schermi di tutto il mondo Indiana Jones, per gli amici Indy, allora quarantenne professore di archeologia all’Università di Barnett, nato dalla fantasia di George Lucas, affiancato nell’impresa da Steven Spielberg. Poteva mai essere un insuccesso?
Lo stimato professore, insegnante amato dagli studenti (e dalle studentesse), stimato dai colleghi, era in realtà un avventuriero, che sotto la sua fama di archeologo nascondeva anche l’attività di agente segreto.
Dopo I predatori dell’Arca perduta ambientato verso la fine degli anni ’30, erano seguiti tre altri film, Il tempio maledetto (1984), L’ultima crociata nel 1989 con Sean Connery e Il regno del teschio di cristallo (flop del 2008). Il personaggio era stato affidato a Harrison Ford, la cui carriera in quegli anni stava letteralmente esplodendo.
Questo ruolo, più quello di Han Solo nella saga Star Wars e di Deckard in Blade Runner, gli ha fatto conquistare una posizione che pochi altri possono vantare nella storia del cinema. Quando aveva interpretato Indy per la prima volta Ford, nato nel 1942, aveva 39 anni. Oggi, dopo 4 film torna nei panni dell’amato personaggio e di anni ne ha quasi 81, naturale quindi la curiosità nei confronti del taglio dato a questa nuova narrazione.
Siamo nel 1944, Indy (che nella finzione risulta nato nel 1899) sta cercando di sottrarre ai nazisti una reliquia che il Fuhrer fortissimamente vuole, la Lancia di Longino, bagnata dal sangue di Gesù. In queste sequenze Ford è ringiovanito in una CG accettabile ma non perfetta.
Su quel treno carico di tesori razziati dai conquistatori in fuga, c’è però ben altro, c’è la macchina di Antikythera, inventata da Archimede, aggeggio capace di aprire varchi nel tempo. A contendere il manufatto c’è anche il fisico Voller (Mads Mikkelsen, ripassato in CG pure lui nella prima parte del film), posseduto dal lato oscuro della sua scienza.
Ma ovviamente del manufatto c’è solo la metà, perché così ci sarà modo per i protagonisti di correre attraverso il mondo e il tempo per recuperare la parte mancante. Perché più di 20 anni dopo, li ritroviamo in una New York che sta festeggiando i tre astronauti reduci da un allunaggio avvento proprio grazie al lavoro di Voller (personaggio in cui è facile individuare un’allusione a Von Braun).
L’uomo in realtà è ancora in cerca della parte mancante dell’Antikythera e così si scontra di nuovo con Indy, che ormai è un anziano professore proprio al suo primo giorno di pensionamento, disilluso e burbero più che mai.
A unire nuovamente i loro destini, sarà Helena (Phoebe Waller-Bridge, più a suo agio in altro genere di narrazioni), figlia di un defunto collega di Indiana Jones, di cui lui è pure padrino, ragazza cresciuta troppo in fretta, cinica e disillusa quanto lui, ma che ha preso strade ben diverse, più disinvolte: lei i tesori li vende al mercato nero, non li mette nei musei.
Inizia così un classico film alla Indiana Jones, inseguimenti a rotta di collo in giro per il mondo (saggiamente pochi i combattimenti ravvicinati, visti i sacrosanti limiti d’età del personaggio), a cavallo, in auto, moto tuk tuk, per terra, acqua e cielo, sparatorie, reliquie da ritrovare, enigmi da decifrare. Perché il secondo pezzo dell’ Antikythera non può cadere nelle mani di un nazista, che lo userebbe per riscrivere la storia, anche se in modo imprevedibile.
Dopo Marocco, Grecia e Sicilia, sarà ancora nel Mediterraneo che la storia avrà la sua incredibile conclusione, con un colpaccio di scena così sopra le righe da essere fanciullescamente entusiasmante, in cui il Professor Jones ci farà capire che davvero l’unico nemico che non si può sconfiggere è il tempo, che non è mai dalla nostra parte.
Cosa dire di un film così atteso, così carico di ricordi per lo spettatore medio, con un attore tanto amato che si è avuto il coraggio di fare invecchiare con il suo personaggio, primo a non essere diretto da Spielberg che figura solo come produttore esecutivo insieme a Lucas, impegnato oggi con un altro genere di film, come l’ultimo The Fabelmans?
A dirigere troviamo James Mangold (Innocenti bugie, Le Mans ’66, il bellissimo Logan) che di azione se ne intende così come di commedia e qui si presta a rispettare tutti i passaggi obbligati della saga.
Il regista scrive anche la sceneggiatura insieme a Jez e John-Henry Butterwirth e lo “storico” David Koepp e a produrre troviamo i Walt Disney Studios, ai quali appartiene anche questo “marchio” ormai.
Indiana Jones e il quadrante del destino è troppo lungo, 143 minuti che si avvertono, specie a causa di una parte centrale che mette in scena un’avventura superflua, che vede inutilmente coinvolto Antonio Banderas. E due dei personaggi principali, proprio Helena e il ragazzino Teddy suo aiutante, non riescono mai a suscitare simpatia, empatia.
Per il resto però ingrana come deve, come ci si aspetta, con citazioni e attesi rimandi ai film precedenti e un Harrison Ford che è sempre se stesso mentre fa l’amato Henry Walton Jones Jr. Torna naturalmente il mitico cappello, che nessuno si illuda di fargli cambiare testa, e anche la frusta, e tornano i temi musicali di John Williams, mentre echeggiano anche Beatles e David Bowie (i grandi classici non muoiono mai).
Può darsi che quest’ultimo capitolo sia apprezzabile solo dai 40/50enni di oggi e dai loro genitori che allora li avevano portati al cinema a vedere questo nuovo personaggio.
Ma facciamo parte di una di quelle categorie e quindi, nonostante qualche momento meno riuscito, siamo usciti soddisfatti dalla sala, dopo aver anticipato la risposta alla famosa domanda: “Dove ti fa male?” ( cit.). A noi, 42 anni dopo, riesce ancora a far male proprio lì, in alto a sinistra del petto. Il grande sentimentale Spielberg può ritenersi soddisfatto.
Scheda tecnica:
Regia: James Mangold
Cast: Harrison Ford, Phoebe Waller-Bridge, Mads Mikkelsen, John Rhys-Davies, Thomas Kretschmann, Toby Jones, Boyd Holbrook, Antonio Banderas, Karen Allen
Distribuzione: Walt Disney Studios
Genere: avventura, azione