Il Conte di Montecristo – Recensione

Il Conte di Montecristo con Pierre Niney è una nuova versione del celeberrimo romanzo di Alexandre Dumas, una drammatica storia di tradimenti e vendetta.

Siamo a Marsiglia, nel 1815, Napoleone è ormai esiliato a Sant’Elena, ma i suoi seguaci meditano impossibili piani di rivalsa. Edmond, valoroso ragazzo di umili origini, viene ingiustamente accusato di essere un bonapartista e senza nessun processo è strappato all’altare su cui stava per sposare Mercédès il suo grande amore di nobile famiglia.

Richiuso nella fortezza dell’Isola d’If, calato in una cella sotterranea, rimane da solo per quattro lunghi anni rischiando la salute mentale, finché non viene raggiunto dall’abate Faria, che sta scavando un tunnel per fuggire.

Condivideranno altri dieci anni di prigionia, ma sorretti dalla speranza, durante i quali non solo Faria insegnerà a Edmond tutto il suo enorme sapere, ma gli dirà dove si trova l’immenso tesoro dell’ultimo dei Templari. Quando fortunosamente Edmond riesce a fuggire, quella ricchezza e le conoscenze acquisite gli permetteranno di mettersi alla ricerca dei responsabili del suo tragico destino.

Perché nel frattempo il padre si è lasciato morire e l’amata Mercédès ha sposato ignara proprio uno dei responsabili della sua sciagura. Una volta appreso tutto il disegno, Edmond dimentica la lezione di Faria, che lo aveva messo in guardia, e si getta invece nel suo progetto di vendetta, insinuandosi nella cricca dei suoi persecutori, ormai diventati l’establishment del posto, il potente Procuratore, il valoroso Generale, il ricchissimo Barone.

Pierre Niney Bastien Bouillon Anaïs Demoustier

Un luminoso momento di quello che sembrava un futuro radioso.

Il cinema francese, nella saggia politica di rimettere mano ai propri gloriosi prodotti letterari ottocenteschi, non avendo un immaginario fumettistico come Marvel o DC da saccheggiare, ha già riportato su grande schermo la saga dei Tre moschettieri.

Ora rimette mano per l’ennesima volta al Conte di Montecristo, universalmente ritenuto il capolavoro dei feuilleton, scritto fra il 1844 e il 46, una narrazione pervasa da una forte critica sociale, oseremmo dire di “sinistra”, nel suo castigare nobili, borghesi arricchiti e tutti gli asserviti a un sistema corrotto e ingiusto.

Questo film è sostanzialmente più fedele di alcune delle altre numerose trasposizioni precedenti, specie della serie tv con Gerard Depardieu del 1998 o del film con Jim Caviezel (dal 1922 si contano una ventina di altre versioni cinematografiche e televisive e anche dei musical). Ricordiamo doverosamente anche la nobile rilettura italiana del 1966, lo sceneggiato con Andrea Giordana visibile su Raiplay, dove probabilmente approderà anche questo film.

Laurent Lafitte Patrick Mille Bastien Bouillon

Il corrotto establishment che ha congiurato contro Edmond.

Questa nuova versione, come i trattamenti precedenti, salta diversi passaggi, portandoci nel mezzo a nuove situazioni senza dettagliare come ci si sia arrivati. Problema sempre presente quando si mette mano a un libro di Alexandre Dumas, che scriveva a un tanto a rigo e pertanto arricchiva di molte digressioni i suoi romanzi, che venivano pubblicati a puntate.

Ricordiamo la sua altra opera più famosa, I tre moschettieri, altro libro trasposto più volte su grande schermo, è del 2023 l’ultima versione. Dumas ha scritto anche Vent’anni dopo, Il visconte di Bragelonne, La regina Margot (splendido film di Patrice Chéreau del 1994) e tantissimi altri romanzoni storici, tutti suscettibili di nuove trasposizioni cinematografiche.

Del resto il materiale da comprimere nelle tre ore circa di questa versione non era facile, e in certi punti si avverte l’accelerazione imposta dalla sceneggiatura scritta dallo stesso regista Alexandre de La Patellière con Matthieu Delaporte, già insieme per la trasposizione dell’altro capolavoro di Dumas, I tre moschettieri, i due film D’Artagnan e Milady, cui accennavamo.

Pierre Niney

Una teatrale scena da vero feuilleton.

Qui la quantità di fatti da mettere in scena va a scapito dell’indagine psicologica dei personaggi e la tragica figura di Edmond perde di intensità drammatica, irrigidendosi sotto le sue molte maschere che lasciano un po’ perplessi, anche tecnicamente.

Si tratta di maschere rigide che però una volta indossate aderiscono alla perfezione, perché il personaggio è un po’ Fantomas e Lupin (e perfino Il fantasma dell’Opera) e pure Ethan Hunt, anche si tratta di un eroe di ben altra saga, con la sua capacità diabolica di travestimento che gli consente di calarsi in diversi personaggi, per meglio avviluppare gli avversari nella rete dei suoi mirati inganni. Ricca la messa in scena, quanto a costumi e scenografia.

Pierre Niney, che ricordiamo per i suoi ultimi personaggi di svagata indeterminazione (il bellissimo Il libro delle soluzioni di Michel Gondry, la spassosa serie tv Fiasco su Neflix), qui si cala nei tragici panni del povero Edmond, al quale tutti i tesori del mondo e tutta la più diabolica vendetta non restituiranno la felicità della sua giovinezza spezzata.

Anamaria Vartolomei

Anamaria Vartolomei interpreta un altro personaggio in cerca di vendetta.

Lui vittima di gelosia, invidia, pregiudizio classista, e vendetta, quella vedetta che lui ribalterà sui suoi persecutori, rischiando però di diventare troppo simile a loro. Pierfrancesco Favino compare brevemente nei panni e soprattutto nei capelli e nella barba dell’Abate Faria.

Nominiamo anche Anaïs Demoustier nel ruolo della sfortunata Mercédès, il detestabile Laurent Lafitte, visto in Piccole bugie fra amici e sequel, è il Procuratore de Villefort; l’odioso Barone Danglars è affidato a Patrick Mille, mentre l’avversario più odiato, quello il cui tradimento è stato più feroce, l’amico Fernand de Morcerf, è interpretato da un poco incisivo Bastien Bouillon.

I giovani che rischiano di pagare le colpe dei padri, subendone comunque le conseguenze, sono Anamaria Vartolomei, Vassilli Schneider e Julien De Saint Jean.

Questa ennesima lettura del grande classico, diretta da Alexandre de La Patellière, è una lunga narrazione, mai faticosa, piacevolmente “nazionalpopolare”, che confronteremo volentieri con la serie tv in arrivo, con la regia di Bille August interpretata da Sam Claflin e Jeremy Irons.

Scheda tecnica:

Regia: Alexandre de La Patellière

Cast: Pierre Niney, Bastien Bouillon, Anaïs Demoustier, Anamaria Vartolomei, Pierfrancesco Favino, Laurent Lafitte, Patrick Mille

Genere: avventura, drammatico

Pubblicato da Giuliana Molteni

Vado al cinema dalla metà degli anni ’50 e non ho mai smesso. Poi sono arrivate le serie tv.