I film di denuncia – Articolo

I film possono denunciare fatti storici, scandali politici, trame finanziarie, abusi di ogni genere, rendendoli più appetibili per il grande pubblico.

Abbiamo detto molte volte che ogni film può rispondere a un’esigenza diversa, può divertire, emozionare, informare, può far volare in mondi di fantasia, attraversando spazio e tempo, vincendo le correnti gravitazionali.

Ci può portare in luoghi mai visti e che mai vedremo, facendoci vivere sentimenti come mai ci capiterà nella vita, e ci può chiarire eventi storici faticosamente studiati a scuola e subito dimenticati. Ci può trascinare in mezzo agli oceani e ai deserti, a scalare l’Himalaya e farci travolgere dai tornado.

E ci può raccontare scandali, truffe, imbrogli, con maggiore efficacia di quanto può fare un articolo su carta stampata. Parliamo infatti dei cosiddetti film di denuncia, non gli altrettanto utili documentari, ma quei film che aggiungono a reali eventi storie di finzione, per rendere più coinvolgente la narrazione.

Molte volte la denuncia è davvero coraggiosa, altre volte è scontata, di comodo, quasi per farsi una reputazione, prendendosela con bersagli facili, su cui ormai nessuno più discute. Mentre sarebbe più rischioso, per fare lo stesso discorso, parlare di problemi più vicini nel nostro tempo, più immanenti. Lo pensavamo tempo fa guardando Campo di battaglia, nobile film di uno stimato regista come Gianni Amelio.

Kirk Douglas

Il “padre” dei film antimilitaristi, Orizzonti di gloria del 1957.

Per fare un discorso antimilitarista nella prima parte, incrociato a sorpresa con una seconda parte a favore della ricerca scientifica (mettete microscopi nei vostri cannoni?), ambienta la storia più di un secolo fa, ai tempi della Prima Grande Guerra. Periodo storico su cui (almeno quello) non si discute più, mentre già scendere alla Seconda Guerra del ‘40/45 può offrire il fianco a polemiche e strumentalizzazioni varie, anche solo volendo mostrare la devastazione che le guerre fanno subire ai poveretti che le combattono.

Ma il revisionismo non muore mai. Avremmo invece preferito una narrazione che riguardasse fatti più attuali, pur non pretendendo un instant movie sulla guerra fra Ucraina e Russia o sul conflitto israelo/palestinese. Sono argomenti spinosissimi, il cui trattamento farebbe imbizzarrire immediatamente le diverse fazioni, con la solita animosità da tifosi. Ma qualcosa di più attuale si poteva trovare, piuttosto che restare a cento anni fa, attualizzando con un vago riferimento alla pandemia (nel caso del film si parla della febbre Spagnola).

Così abbiamo pensato ai tanti film di denuncia da cui abbiamo imparato qualcosa che non sapevamo, o che ci hanno fatto ripassare virtuosamente eventi passati o, addirittura meglio, recenti, a chiarirci le idee, a fare un utile riassunto.

Band of Brothers

Band of Brothers, una serie tv bella come un film, imperdibile.

Per cominciare proprio dalla guerra, anche se ormai rileggiamo in chiave revisionista anche quella di Troia, possiamo dire che dopo La grande illusione del 1937 e Orizzonti di gloria del 1957 forse si poteva smettere di fare film di questo genere, perché già lì l’accusa era potentissima.

Va detto che ogni film bellico, anche privo di critica nei confronti di qualcosa di orrendo ma purtroppo a volte inevitabile come la guerra, può essere guardato (riguardato) con l’attenzione mirata verso gli aspetti meno gloriosi, meno edificanti. Basta pensare al dolore, ai sacrifici, alle sofferenze di chi è rimasto coinvolto. Potentissimo, formativo, da proiettare nelle scuole, è stato lo straziante E Johnny prese il fucile, scritto da Dalton Trumbo, scrittore massacrato dalla caccia alle streghe del maccartismo.

Ma infiniti titoli sono arrivati, qualcuno anche oggetto di un remake, come l’altrettanto basilare All’ovest niente di nuovo, tratto dal romanzo di Eric Maria Remarque, primo film del 1930, recente remake su Netflix del 2022. In generale tutti i film sulla Prima Guerra (1915/1918) si sono focalizzati sulla sua estrema mostruosità, sulla carneficina delle trincee, sull’uso di nuove armi chimiche (i gas fosgene e yprite), sull’indifferenza e anche l’incapacità delle alte sfere, in tempi ancora di grande discriminazione sociale, in cui la fanteria era la proverbiale “carne da cannone”.

La sottile linea rossa

Un crollo psicologico in La sottile linea rossa di Malick.

Il film italiano Uomini contro, del 1970, veicolava una denuncia così forte da far denunciare il regista Francesco Rosi per “vilipendio dell’esercito”. Ricordiamo altri due splendidi film italiani, La grande guerra e Tutti a casa e poi Gli anni spezzati di Peter Weir (1981), che raccontava di soldati australiani schierati contro l’esercito turco, nella Prima Guerra alleato della Germania.

Quasi fuori tempo massimo, per quello che sembra essere il gradimento del pubblico, è stato invece 1917, grande successo, bel film si afferma girato in piano-sequenza, visibile su Netflix. Come non citare i due splendidi film diretti da Clint Eastwood, che per il loro spirito mal si conciliavano con l’immagine che molti si ostinavano ad avere di lui, Flags of Our Fathers e Letters from Iwo Jima.

Su tutti pensiamo però a La sottile linea rossa, il capolavoro di Terrence Malick, che come in altri suoi film successivi sembrava interrogarsi sul mistero della razza umana, incapace di esistere serenamente pur benedetta dal dono di un mondo bellissimo. Anche i più sentimentali Joyeux Noël e Una lunga domenica di passioni riescono comunque nel loro intento di denunciare come alla fine il motto “armiamoci e partite” sia tristemente valido e a pagare di più sono sempre i cittadini comuni, la cosiddetta “povera gente”.

La sottile linea rossa

La Natura, immota e bellissima, assiste alle stragi umane in La sottile linea rossa.

Come diceva Erasmo da Rotterdam:“La Guerra è bellissima per coloro che non l’hanno vissuta”. Ricordiamo anche due serie tv che hanno fatto storia, Band of Brothers e Pacific, che mentre tracciavano un quadro storicamente ineccepibile dell’intervento americano durante la Seconda Guerra in Europa e nel Pacifico, riuscivano a lanciare un fortissimo monito anti-bellico (ma da rivedere anche Il grande Uno Rosso di Sam Fuller del 1980), così come Il giorno più lungo e Salvate il soldato Ryan.

E come dimenticare gli insensati massacri di Hamburger Hill o La battaglia di Hacksaw Ridge. Dopo aver capito come sfruttare il fallimento del Vietnam da un punto spettacolare (Full Metal Jacket, Apocalypse Now, Il cacciatore, Platoon, Nato il 4 luglio), il cinema americano ha ripetuto la mossa con le guerre in Medio Oriente.

Molti i titoli in cui si mostravano anche i meno nobili retroscena politico/economici (The Report, Vice), anche in chiave di satira (La guerra di Charlie Wilson, Trafficanti, L’uomo che fissa le capre), e i danni sui reduci in PTSD e sulle famiglie (Last Flag Lying, Nella Valle di Elah, Home of the Brave). E poi film di accusa di grandi registi, Redacted (Brian De Palma), The Hurt Locker (Kathryn Bigelow), Green Zone (Paul Greengrass).

Jake Gyllenhaal

Il Buon Soldato Jake Gyllenhaal in The Covenant.

Il cinema americano ha pensato di dare un contentino postumo anche all’Afghanistan, versando una lacrimiuccia sui poveri interpreti abbandonati alla vendetta dei talebani dopo l’ignominioso abbandono del 2021: Operazione Kandahar con Gerard Butler e Guy’ Ritchie’s the Covenant con Jake Gyllenhaal. Anche su altri fronti di guerra ci sono prodotti degni di nota, come Lebanon, dall’interessante punto di vista, l’eccezionale Valzer con Bashir, in animazione “adulta”, e No Man’s Land, tragicamente surreale.

La nostra lista è assolutamente parziale, ma solo il recupero di tutti questi titoli costituirebbe una base di conoscenza superiore alla media e spunto per molte sagge riflessioni. Non tocchiamo l’argomento della discriminazione razziale, che pure è stato trattato dal cinema in modo molto esauriente, per quanto riguarda i neri d’America e anche i nativi (in anni più recenti), è c’è anche una serie di validissimi film sull’Apartheid.

Restando sul razzismo, tanti film hanno raccontato della difficile integrazione fra popolazioni all’interno dello stesso territorio, tema che si integra con tanti film che parlano di immigrazione clandestina. E non parliamo di film che denuncino l’Olocausto, perché anche quello è un argomento così ampiamente trattato che l’elenco sarebbe infinito.

Carey Mulligan

Carey Mulligan in Una donna promettente, sanguinaria storia di vendetta.

Parliamo di denunce diverse, di quelle ad esempio successive al caso Weinstein, il più sanguinario Una donna promettente e poi Bombshell che narra lo scandalo legato a Roger Ailes, Presidente della Fox, qui interpretato da John Lithgow, mentre nella serie tv The Loudest Voice era Russell Crowe. Eccezionale il cast femminile. E She Said (adesso su Netflix), proprio sull’inizio del caso Weinstein.

Storie di donne le cui accuse sono spesso sottovalutate le troviamo nelle serie Unbelievable e nella più estrema I May Destroy You, scritto e interpretato da Michaela Coel. Altro ambiente, ma le molestie sessuali sono il fulcro del film North Country con la diva Charlize Theron. Per capire di più sulle situazioni del passato, abbiamo Una giusta causa, sulla vita della femminista Ruth Bader Ginsburg, prima donna giudice di Corte Suprema.

Ma per tante giovani donne sono consigliati anche film sulle suffragette (due titoli, Suffragette e Angeli d’acciaio) e sarebbero utili e andrebbero rivisti i film per cui una relazione extra coniugale, una gravidanza indesiderata portavano alla rovina, in tempi non così lontani.

Carey Mulligan Zoe Kazan

In She Said (in italiano Anche io) si parla del nascere dello scandalo Weinstein.

Un argomento delicato e dolorosissimo è quello della pedofilia e se raccontare casi individuali rischia di indurre a pietà anche per il colpevole (pensiamo a The Woodsman), ci sono grandi film che hanno raccontato con dovizia di particolari scandali di grandi dimensioni, fra cui quelli che hanno riguardato la Chiesa cattolica.

Imperdibile il film Il caso Spotlight, sull’indagine che ha scoperchiato l’enorme scandalo degli abusi commessi nelle parrocchie nell’area di Boston. Così come Magdalene di Peter Mullan, o Philomena, con la grande Judi Dench e anche la serie tv The Woman in the Wall, sugli abusi compiuti fino all’inizio del nuovo millennio dalle suore di alcuni conventi irlandesi (vendita di neonati compresa) sulle sventurate ragazze di umili origini, che finivano a espiare i propri peccati nei loro conventi, sfruttate come schiave.

Film informativi, istruttivi e quindi utili sono stati quelli che hanno raccontato storie di danni inflitti alla collettività da grandi Corporation, l’elenco è appassionante: Erin Bockovich, con una smagliante Julia Roberts; Cattive acque con Mark Ruffalo; A Civil Action con John Travolta; Silkwood con Meryl Streep; Promised Land con Matt Damon, film in cui si parla di inquinamenti nascosti, di fracking, di truffe ai danni della collettività.

Julia Roberts Albert Finney

La diva Julia Roberts è Erin Brockovich, film sull’inquinamento della falde acquifere.

Molti film anche sugli scandali della Grande Finanza, che hanno avuto tragiche ripercussioni sui popoli di tante nazioni. Film “tecnici” che sono riusciti a rendere comprensibili anche alle masse le astruse truffe delle banche, delle borse, film come Inside Job, Too Big to Fail, Margin Call, The Big Short – La grande scommessa, Panama Papers, tutti con grandi cast.

E altri sui tanti scandali politici mai abbastanza denunciati, come dimenticare il “vecchio” Tutti gli uomini del Presidente, sul Watergate, e Il Post, in cui Spielberg racconta lo scandalo dei Pentagon Papers del 1971. E Snowden di Oliver Stone e Il quinto potere con Cumberbatch su Julian Assange (anche i documentari Citizenfour e Risk).

Sui problemi sociali, spesso sottovalutati e volutamente ignorati dal “Sistema”, sta facendo film da anni Ken Loach, di cui consigliamo in massa tutti i lavori, che hanno temi trattati anche da registi francesi come i Fratelli Dardenne o Stephané Brizé con i suoi splendidi film d’accusa con Vincent Lindon.

Dustin Hoffman Robert Redford

Lo “storico” Tutti gli uomini del Presidente, sullo scandalo Watergate.

E per non essere sempre esterofili, consigliamo di cercare anche in casa nostra, perché di film di denuncia, su scandali politici, su strategie della tensione, su corruzione e malgoverno, dagli anni ’60 in poi ne sono stati realizzati tanti. Ma ormai abbiamo superato ogni ragionevole lunghezza di questo articolo, anche perché basta digitare su Wìkipedia per trovare utili elenchi.

Dopo tanti film, se qualcuno li avesse visti e assimilati tutti, sarebbe una persona più preparata, meno manipolabile, forse più interessata a continuare a informarsi, o integrare quanto la scuola o le famiglie non hanno provveduto a fare, più cauta nello sparare assurdità sui social. Insomma il cinema, che non è solo commedie romantiche  o comiche o storie di supereroi, può dare il suo contributo per rendere le persone migliori.

Pubblicato da Giuliana Molteni

Vado al cinema dalla metà degli anni ’50 e non ho mai smesso. Poi sono arrivate le serie tv.