Horizon è il primo film che Kevin Costner dedica all’epopea western, per raccontare la sua “Nascita di una Nazione”.
Come si può rinunciare a qualcosa per cui si è lottato tanto duramente, che ci è costato lutti, sofferenze, “lacrime, sudore e sangue”? Qualcosa che rappresentava la Terra promessa, la nostra unica possibilità di salvezza, di nuova vita per noi e un’amata famiglia. E che poi abbiamo lasciato in eredità ai figli e i figli dei figli e così via. E guai a chi ce la tocca, perché è diventata nostra e che importa a chi era appartenuta tanto tempo fa.
Meglio di molti trattati sociologici le storie americane di Frontiera ci hanno raccontato la genesi di una Nazione con estrema chiarezza, mettendo in luce certi meccanismi di difficile comprensione per noi europei e che rendono le nostre categorie (destra e sinistra, fascisti e comunisti) incapaci di definire una mentalità che si è formata in condizioni del tutto differenti rispetto all’Europa, con un patriottismo e un nazionalismo che ci sono estranei.
Nell’accettazione, inoltre, della mancanza di uno “stato sociale”, uno Stato cioè che si preoccupa del suo cittadino, che lo protegge, lo aiuta. L’americano di questa narrazione è un uomo solo, che da solo lotta per se stesso e i propri cari. E se non ce la fa, è colpa sua.
Il grosso dell’emigrazione bianca verso gli USA è cominciato verso la metà del 1800, dall’Europa del Nord e dell’Est, mentre da Italia, Oriente e paesi latini si è sviluppata agli inizi del ‘900. La gente fuggiva da fame, miseria, soprusi, mancanza di diritti, fuggiva da fallimenti, da guerre, da stragi, spesso in totale povertà e senza sapere altra lingua che la propria.
Un uomo, una pistola, uno Stetson: Kevin Costner.
Per andare incontro alle stesse cose che fuggiva, perché nella ricerca del Nuovo Mondo si portava dietro tutti i vecchi difetti insiti nella sua razza. E, dato che la storia la scrivono sempre quelli che hanno impiccato gli eroi (come si diceva all’inizio di Braveheart), la visione che ne abbiamo avuto per moltissimi anni è stata del tutto “bianca”.
Avevamo incontrato John Dutton, ricchissimo latifondista del Montana, e i suoi figli, ultimi discendenti di una stirpe che era approdata nella terra dei Sogni alla fine dell’800, nella serie tv Yellowstone, 5 stagioni di tale successo da produrre due spin-off, 1883 e 1923, e da sorreggere questo nuovo, faraonico progetto, fortemente voluto da Kevin Costner, che appunto di Yellowstone è il protagonista assoluto.
Oggi con il film Horizon incontriamo un personaggio diverso ma, prima di parlarne, bisogna accertarsi di sapere qualcosa su Costner, sulla sua carriera e sulla sua “poetica”. Portatore sano di una passione per il genere western, incontrato allegramente da giovane con il film Silverado, proseguita con l’epocale Balla coi lupi del 1990 (versione Director’s Cut da 236 minuti).
Un gruppo di indiani messi in scena con rispetto anche estetico.
Poi il crepuscolare Wyatt Earp e il suo Terra di confine – Open Range, che nel 2003 aveva sancito la sua passione per l’argomento, film da lui interpretato e diretto, flop commerciale vissuto con disinteresse, perché se di una cosa si deve dare atto a Costner è la sua coerenza e la convinzione con cui porta avanti i suoi progetti.
Per Horizon Costner abbandona la collaborazione con Taylor Sheridan, autore al quale siamo debitori per il rilancio e l’attualizzazione del genere western, autore delle saghe precedenti (oltre che di film degni di nota) e scrive la storia insieme a Mark Kasdan, fratello di Lawrence e nipote di Jake (il suo legame con la famiglia del noto regista risale ai tempi di Silverado) e all’esordiente Jon Baird.
Costner mette in scena una gran quantità di personaggi, suddividendoli in tre filoni principali: la vicenda di una vedova (Sienna Miller) che dopo un devastante attacco alla sua comunità da parte di un gruppo di indiani, incontra un ufficiale dell’Esercito (Sam Worthington), che ha le idee ben chiare sull’invasione di territorio che sta avvenendo e sull’inevitabile reazione degli indiani nella San Pedro Valley. Con l’emanazione delle gesta criminali di un gruppetto di ex coloni vendicativi, dediti alla collezione di scalpi.
Il buono e un cattivo.
Poi incontriamo la giovane e cinica prostituta (Abbey Lee), che in un autunnale Wyoming incontra il solitario e saggio pistolero (Kevin Costner), trascinandolo suo malgrado nella faida fra una potente famiglia malavitosa e una donna (Jena Malone), sfuggita al loro controllo, con bambinetto a carico. Sulle loro tracce si scatenano due malvagi fratelli, Jamie Campbell Bower e Jon Beavers.
Intanto dalle pianure del Kansas si sta srotolando una carovana infinita di coloni, sotto la guida di un fin troppo civilizzato Luke Wilson, alle prese con diversi personaggi che promettono solo rogne. Siamo nel 1858, poco prima dello scoppio della Guerra civile (1861/65), tutti rincorrono un miraggio, una specie di progetto immobiliare ante-litteram, come si legge in un volantino che cambia continuamente mano, la presunta città di Horizon, lottizzazione fasulla, imbroglio inventato da qualche astuto affarista dell’Est, che ha venduto a tanti ignari emigranti lotti di terra che sono semplicemente territorio indiano.
E su come difenderlo, su come comportarsi con gli invasori, in vista di quale futuro, anche fra le tribù native serpeggiano i primi disaccordi. Racconto corale come quello del caposaldo La conquista del West, il famoso film in Cinerama del 1962, che già sciorinava tutti i passaggi obbligati del genere, i coloni buoni ma impreparati, i “cacciatori bianchi”, i delinquenti incalliti, gli indiani vittime e ostili, gli speculatori senza scrupoli, i truffatori affascinati, gli eroi e i vigliacchi, le donne tradizionali e quelle più libere, la politica sempre in ritardo sui tempi.
Sempre meglio stare dall’altra parte della canna di un fucile.
E la guerra civile, che in Horizon iniziamo a vedere con l’invio al fronte interno di soldati adibiti altrimenti alla frontiera occidentale. Horizon – An America Saga è palesemente un primo episodio in cui presentare i tanti personaggi che ritroveremo nei capitoli successivi, se tutto il colossale progetto arriverà a compimento.
Possiamo dire che non tutto il materiale è dello stesso livello, ci sono parentesi che fanno perdere il ritmo, mentre altre sono dei bei momenti di cinema, in generale possiamo notare come Costner si trovi meno a suo agio quando scrive o interpreta i momenti più sentimentali, che proprio non sono nelle sue corde.
Il film è girato in luoghi tutt’ora di una bellezza infinita e che tali sono incredibilmente rimasti fino a oggi, i parchi dello Utah, che regalano momenti di una bellezza alla Terrence Malick, della quale all’uomo bianco sembra non importare nulla, già intento solo ad ammazzare, distruggere e insozzare mentre persegue quello che pensa essere il suo diritto alla felicità da non molto sancito dalla Costituzione.
Un uomo, una donna e un bambino in fuga.
Sui titoli di coda echeggia Amazing Grace con alcune strofe cantate in linguaggio nativo. Nel cast, infinite facce note chiamate a raccolta e qualche vecchia gloria (Michael Rooker, James Russo, Jeff Fahey, Will Patton). John Debney si immerge con le sue note in atmosfere western, senza temi memorabili, ma è ormai tendenza di questi tempi.
Se di tante serie tv diciamo che vanno guardate come un lunghissimo film, Horizon (distribuito con fiducia da Warner), progetto al momento composta da due film di tre ore ciascuno, va visto come una serie tv suddivisa in più film. Che è una bizzarra concezione e pure coraggiosa.
Diciamo insomma che abbiamo visto la prima delle quattro previste stagioni del progetto Horizon, che si potrebbe suddividere idealmente in tre episodi da un’ora (in realtà le diverse trame sono spezzettate e intrecciate). Tanto che alla fine avremo una carrellata di immagini che anticipano quanto si vedrà nella prossima stagione, cioè nel prossimo film, che sarà nelle sale il 15 agosto (i due successivi film devono ancora essere girati).
E ci poniamo in paziente attesa per vedere se e come i fili narrativi troveranno il giusto intreccio, disegnando la trama che era nella volontà di Costner, mentre i personaggi subiscono il destino che è loro riservato.
Al divo autore sta anche a cuore mandare un messaggio equilibrato, non battendosi vistosamente il petto di fronte alle ingiustizie fatte patire ai nativi da parte degli invasori, ma spiegando attraverso un paio di personaggi (compreso un lungimirante capo indiano) come l’occupazione del territorio fosse un passaggio storico inevitabile, tutto stava nel gestirlo al meglio. Cosa che al cuore nero della maggior parte dell’umanità riesce sempre malissimo, vai a capire come mai.
Scheda tecnica:
Regia: Kevin Costner
Cast: Kevin Costner, Abbey Lee, Sienna Miller, Sam Worthington, Jena Malone, Owen Crow Shoe, Tatanka Means, Tim Guinee, Danny Huston, Will Patton, Luke Wilson, James Russo, Jeff Fahey, Jamie Campbell Bower, Jon Beavers
Distribuzione: Warner Bros
Genere: western