Hit Man – Recensione

Hit Man, una divertente black comedy, ci racconta il viaggio di un uomo qualunque verso la sua vera identità.

Cosa ne sappiamo di chi e cosa vogliamo essere, quando siamo giovani e in generale le nostre vite vengono instradate dalle famiglie o dagli amici o addirittura dal nostro immaginario. Che si è nutrito di libri, fumetti, film, e studi e letture, se siamo stati così fortunati da avere insegnanti validi.

Chissà chi potrebbe influenzare il protagonista del film Hit Man, l’ultima spiritosa opera di Richard Linklater, dopo film di genere diverso come il recente Apollo 10 e mezzo, e poi commedie malinconiche o elegiache (Last Flag Flying, Tutti vogliono qualcosa, Boyhood), l’interessante esperimento di A Scanner Darkly e la ormai mitica serie dei tre film Prima dell’alba, del tramonto e di mezzanotte.

Siamo nella torrida New Orleans, Gary è un ancor giovane insegnate di filosofia dall’aspetto dimesso, vive da solo con due gatti, guida una Honda Civic. Insegna però anche Friedrich Nietzsche, incoraggiando i suoi studenti a fare scelte di vita audaci, rischiose. Insegna, senza mettere in pratica lui per primo.

Forse per controbilanciare questo basso profilo, fa anche un secondo lavoro, collabora con la Polizia come tecnico per le intercettazioni, per incastrare persone in cerca di un killer per ammazzare mariti, mogli, concorrenti. Un giorno deve prendere il posto del poliziotto che di solito simula di essere il sicario da ingaggiare e si trova benissimo, così bene che il posto diventa suo.

Glen Powell

Il look può fare molto, anche imbruttire uno come Glen Powell.

Dopo una serie di esilaranti incontri con una casistica di individui folli ma anche stupidi, in cui Gary, con il nome di Ron, si scatena in travestimenti e diversi approcci al personaggio che interpreta con grande godimento (perché lui, come noi “contiene moltitudini”, un multiverso di identità), si imbatte in Madison, una potenziale cliente che gli sembra diversa dagli altri.

Dato che se ne innamora al volo e la sua storia gli sembra umanamente comprensibile, una giovane sposa vessata da un bruto, riesce a convincerla a desistere dal suo intento. E inizia a frequentarla, ovviamente sotto l’identità di Ron, il killer. Potrà andare tutto liscio in un rapporto in cui nessuno la racconta giusta?

Dopo una serie di intoppi potenzialmente distruttivi, Gary ormai infettato da Ron troverà la soluzione definitiva, dando così alla sua vita la sterzata definitiva. La storia del film è liberamente tratta dalla vita del vero Gary Johnson, personaggio evidentemente larger than life, cui il film è dedicato, con tanto di foto sui titoli di coda.

Glen Powell Adria Arjona

Un professorino, dimesso e solitario, che l’amore farà sbocciare.

Con humor anche nero e mai gratuito, Hit Man, distribuito da BIM, è una commedia d’azione piena di dialoghi scritti in modo impeccabile, affidati a un gruppo di attori particolarmente convincenti. Glen Powell già promettente nel film Tutti tranne te, dopo la comparsata in Maverick, e spesso insieme al regista Linklater anche come sceneggiatore, qui potrebbe trovare la sua consacrazione come attore, bello in modo molto americano, brillante e spiritoso nella resa del suo doppio personaggio, che per di più si moltiplica in tante altre identità passeggere.

Al suo fianco Adria Arjona, bella ma non pupattola. Il “cattivo” del film è l’odioso poliziotto Austin Amelio. E anche fra i comprimari non c’è ruolo che non sia stato perfettamente assegnato (segnaliamo Mike Markoff, che interpreta il primo dei “clienti” di Ron/Gary, faccia molto “cinematografica” che si fa notare).

Trattandosi di un film scritto dallo stesso regista insieme proprio a Powell, tratta dall’articolo scritto da Skip Hollandsworth, pubblicato sul Texas Monthly nel 2001, era ovvio che Hit Man non si sarebbe ridotto a una divertente storia nera, a una commedia d’azione spolverata di rosa.

Un eroe e la sua pulzella.

Il film è un apologo, cinico il giusto, sulla storia di un uomo qualunque che scopre se stesso nel modo più anomalo e imprime una conversione a 360 gradi alla sua vita, come un occhialuto Clark Kent che si mette un abito diverso e diventa Superman.

E se questo si può nascondere dietro la facciata della solita villetta da Sogno americano, della solita famigliola da Mulino bianco d’oltreoceano, sta a noi giudicare. Con qualche dissertazione colta, il bel Professore nel corso delle sue lezioni, sempre più appassionate e approfondite (perché se si dice “medice, cura te ipsum”, anche per insegnare filosofia un po’ di vita è bene averla vissuta) ci spiega le fondamenta della teoria di Freud.

Noi siamo il frutto dell’equilibrio che riesce a raggiungere il nostro Ego, strattonato fra Id e Superego. Fra la passione divorante per la bella e disinvolta amata (soddisfazione del bisogno primitivo) e il Super-Ego che fa da Grillo Parlante, il suo insospettato Ego forte troverà il modo di adattarsi alla situazione e risolvere i problemi, soddisfacendo entrambi.

E quindi il fine per raggiungere questo risultato, giustifica i mezzi. Del resto, la saggezza popolare insegna, a mali estremi, estremi rimedi. Alla fine, Gary è un bravo ragazzo, Madison è una vera vittima?

E noi dobbiamo vivere in base a ciò che ci sembra di essere e accettarci serenamente o dobbiamo scegliere di cambiare in base a come vorremmo essere? Aspettiamo di incontrare chi potrebbe mettere in moto il cambiamento.

Scheda tecnica:

Regia: Richard Linklater

Cast: Glen Powell, Adria Arjona, Retta, Austin Amelio, Mark Markoff

Distribuzione: BIM

Genere: commedia, thriller, azione

Pubblicato da Giuliana Molteni

Vado al cinema dalla metà degli anni ’50 e non ho mai smesso. Poi sono arrivate le serie tv.