Gran Turismo – Recensione

Il film Gran Turismo racconta una storia vera nata nell’ambito del celeberrimo gioco di corse omonimo, ben girata ma convenzionale.

Un pilota inesperto, alla guida di macchine da corsa, deve accumulare esperienza, incidenti e vittorie, per arricchire la sua professionalità e, attraverso progressivi miglioramenti, arrivare a guidare auto sempre più belle e veloci lungo alcune delle piste più prestigiose del mondo.

A grandi linee è questa la trama dello storico videogame pubblicato nel 1997 da Sony per Playstation, che nel corso dei decenni ha venduto più di 90 milioni di copie.

Forti di questi numeri, i detentori del marchio devono aver pensato fosse una buona idea realizzare anche un film, scrivendo sopra il gioco una trama che si ispira alla storia vera di Jann Mardenborough, ragazzo di Cardiff in cerca della sua strada, che da campione di gioco online nel 2011 è diventato un vero pilota di macchine da corsa per la GT Academy.

Nel film Gran Turismo (perdoniamo l’esplicativo sottotitolo italiano La storia di un sogno impossibile), distribuito da Eagle Pictures, Jann, affidato all’attore Archie Madekwe, è un asso imbattibile nella simulazione di gare di corse automobilistiche, incompreso dal padre che lo vorrebbe impegnato in qualcosa di più concreto che lo possa condurre all’agognato riscatto sociale.

Archie Madekwe

L’esperienza reale ben diversa da quella virtuale.

Notato grazie ai suoi record e chiamato ad affrontare un’altra prova virtuale, che il ragazzo supera con successo, viene arruolato dalla novella scuderia Nissan per un’ulteriore selezione che però comprende prove su strada con macchine vere. Il che implica anche l’adeguata preparazione fisica, perché i piloti sono a tutti gli effetti dei veri atleti.

Anche questo sarà un bell’ostacolo da superare, perché fra il dire e il fare, fra il simulare e il guidare per davvero ci corre davvero un mare. La poltrona da computer è ben diversa da quella dentro l’abitacolo di un bolide lanciato a 300 km all’ora dove se sbagli non è game over ma ti fai male davvero e ne puoi fare a chi è nel tuo raggio d’azione.

A formare il ragazzo, professionalmente e umanamente, saranno due adulti, Danny Moore, ideatore del contest e direttore del team, e Jack Salter, ex pilota in cerca di un suo riscatto personale, che come istruttore diventerà una vera figura paterna per il ragazzo.

Archie Madekwe David Harbour

Un apprendista e il suo insegnante.

Appena accennati i personaggi di contorno, il solito pilota giovane, ricco e cattivo, suo rivale da manuale, la fidanzatina della vita “normale”, un paio di amici, i famigliari.

Jann salirà di livello, gara dopo gara, sempre più agguerrito e preparato nel superare ogni genere di ostacolo, maturato nel fisico e nello spirito, lungo una serie di corse su piste famosissime, tutte mappe riprese nel videogame, per finire in gloria nella mitica Le Mans.

Non conta come e quanto si cade, ma come ci si rialza. Mai farsi definire dal nostro prossimo, mai farsi chiudere dentro un recinto. Nessuno metta Jann in un angolo. Quando il gioco diventa duro, i duri cominciano a giocare. Non dimentichiamo la solitudine dell’eroe. E così via.

Orlando Bloom, David Harbour

Due adulti anche loro bisognosi di riscatto.

Tutte queste trite (anche se valide) massime di saggezza popolare stanno a indicare che GT non è un “brutto”, film, è solo un film palesemente scritto (e finanziato vistosamente dagli sponsor) a partire da un materiale narrativo di non grande originalità e risulta palesemente senz’anima, senza riuscire mai a emozionare o commuovere per gli eventi o le interazioni fra i personaggi.

Dura inoltre 135 minuti e sono troppi. Ben girate le sequenze delle corse, con molte riprese dal vivo, anche se si adeguano a un modello estetico che si è formato nella serie Fast & Furious. A dirigere è Neill Blomkamp, alla sua prima esperienza in un film di questo genere. Di lui ricordiamo l’esordio con District 9, Elysium e Humandroid, film interessanti seguiti però da un periodo un po’ fuori dai radar.

Attori di comprovata professionalità come Orlando-Legolas- Bloom, David Harbour (che ricordiamo nel recente Una notte violenta e silenziosa) o Djimon Hounsou, rivisto di recente in Shazam – Furia degli dei, non possono uscire dai contorni delle figurine che sono i loro personaggi e figuriamoci se può farlo Archie Madekwe, attore promettente, gradevole ragazzo dall’aria bene educata. A sorpresa, nel ruolo della mamma di Jann troviamo la ex Spice Girl Geri (Horner) Halliwell.

Musiche di Lorne Balfe e Andrew Kawczynski che con tanti accordi epici e nessun tema ricorrente si adeguano ai dettami dell’ultima Hollywood, meglio la scelta delle canzoni, molto heavy metal (Black Sabbath e Iggy Pop) in voluto contrasto con due pezzi storici di Kenn G ed Enya, ascoltati dal protagonista per rilassarsi (anche nella vita vera), come non convenirne.

Sui titoli di coda vedremo le facce dei veri protagonisti dell’umana vicenda. L’evoluzione del ragazzo, e anche della sua famiglia, si è vista in infiniti film su piloti di auto o aerei, atleti di varie discipline o anche artisti (tutto a patto che l’interessato consegua il successo, ovviamente), tanto da far annoverare Gran Turismo fra quei film che potrebbero essere stati scritti da una IA (il che non vuol dire che nella vita le cosa non vadano così, del resto l’eventuale IA lo saprebbe benissimo).

Il film così rientra nei binari del solito percorso di riscatto e formazione, lungo una strada in ripida salita, attraverso sacrifici e sofferenze, umiliazioni e gloria, perché solo con lacrime, sudore e sangue uno su mille ce la fa. E su quest’ultimo luogo comune, chiudiamo.

Scheda tecnica:

Regia: Neill Blomkamp

Cast: Archie Madekwe, Djimon Hounsou, Orlando Bloom, David Harbour, Geri Halliwell

Distribuzione: Eagle Pictures

Genere: azione, avventura

Pubblicato da Giuliana Molteni

Vado al cinema dalla metà degli anni ’50 e non ho mai smesso. Poi sono arrivate le serie tv.