Si può essere eroi anche se sconfitti, si può lottare anche con metodi sbagliati contro ingiustizie imposte con cinica indifferenza.
Parlavamo di eroi sbagliati, in un articolo di qualche giorno fa, di quei personaggi così ben scritti su pagina stampata o su grande schermo, da suscitare ammirazione, simpatia, solidarietà, comprensione.
Due degli eroi sconfitti più amati.
Anche quando le loro azioni, francamente disdicevoli, hanno portato a un lieto fine che a norma di morale corrente non sarebbe stato meritato. Pensiamo a quante volte si sarà rivoltato nella tomba Will H. Hays, l’inventore dell’insieme di risibili “linee guida morali” che hanno imperversato a Hollywood fino agli anni ’60.
Ma c’è un’altra categoria meritevole di un pensiero, forse più vicina a noi, alla sensibilità più comune, quella degli eroi sconfitti. Perché se non è molto facile avere nelle proprie conoscenze qualche fuorilegge simpatico o giustificabile, può succedere di avere conosciuto più “eroi” quotidiani, più persone che ci hanno provato ma hanno fallito, che si sono sacrificati invano, che hanno sfidato e perso, senza nemmeno avere la soddisfazione di allontanarsi, pur da soli, in un radioso tramonto.
Quanti eroi per niente, quanti eroi invano, quanti eroi caduti abbiamo visto nel cinema americano? Parliamo di quella Nazione perché è proprio là che è nato il mito del “loser”, il perdente con cui identificarsi, con cui empatizzare, per cui tifare.
Lo storico inseguimento di Sugarland Express di Spielberg.
Quante volte li abbiamo visti in fuga, tallonati sulle infinite strade del grande paese da schiere di macchine della polizia, mentre nel cielo volteggiavano elicotteri, oppure braccati nel loro nascondiglio, vittime senza speranza di colpe di cui in fondo non avevano responsabilità, portati su una strada di non ritorno dalle famiglie, da circostanze avverse, da un destino impietoso.
Navigatori che non hanno concluso la loro navigazione in solitaria (Il mistero di Donald Crowhurst, che giustamente in originale si intitolava The Mercy), esploratori che hanno fallito nelle loro ricerche o sono scomparsi mentre le effettuavano (Civiltà perduta), donne stanche di soprusi e mancate occasioni, spinte al limite da una società ciecamente maschilista.
O anche persone emigrate, spinte dal sogno di una vita migliore, che non è mai arrivata, oppure semplicemente persone che ci hanno provato, a trovare la vita bella come era stato loro promesso, e fallendo in questa ricerca, se ne sono colpevolizzati e si sono arresi.
Tre fratelli Carradine nel bellissimo I cavalieri dalle lunghe ombre.
E poi soldati che non hanno potuto compiere la loro missione, non perché non ne sarebbero stati capaci, ma per l’incompetenza di chi li guidava. E poi, tornati a casa, sono finiti a farsi maltrattare dal direttore di qualche miserabile fast food. Ma anche delinquenti che hanno scontato la loro pena ma ai quali non è stata data una possibilità di rientro e, spinti sempre ai margini, non hanno avuto scelta.
Quante volte abbiamo sofferto vedendoli schiantare sulle barriere, precipitare esplodendo lungo una scarpata, frantumarsi contro gli ostacoli messi per fermare la loro corsa, saltare fuori sparando da un nascondiglio in un disperato tentativo di fuga, oppure in una scelta suicida che si fa beffe dell’ordine costituito scatenato alle loro calcagna.
Nel Sistema non c’è spazio per chi ha sbagliato strada e non interessa perché, quando, cosa ha determinato una deviazione fatale, che ha portato troppo lontano per poter tornare indietro.
Una tragica messinscena nel vuoto dell’oceano.
Si diventa eroi negativi, ribelli, banditi, imbroglioni, per sfortuna, per ribellione, per stanchezza, per disperazione (per esasperazione). Spesso il sopruso è arrivato da qualcuno infinitamente più potente, un boss spietato o una banca o una multinazionale. O dal Potere stesso che è al governo, che schiaccia chiunque osi ribellarsi.
Un ribelle era Robin Hood e come lui tutti i ladri che rubavano per sopravvivere, protagonisti di tanti western e dei film sulla Grande Depressione (i vari Butch Cassidy, Jesse James, Billy the Kid, la Kelly Gang, il tragico protagonista di Gang di Altman).
Si può essere due motociclisti che sono solo in cerca di peace and love ma danno fastidio, perché hanno i capelli lunghi e si drogano. Ma si può essere un “mucchio selvaggio” di grandi falliti, che decidono che per un amico si può sacrificare la vita, come gli eroi di Peckinpah o I cavalieri dalle lunghe ombre di Walter Hill.
Michael Douglas, un uomo che sta “Falling Down”.
Si può essere due donne, Thelma e Louise, in fuga da storie sempre sbagliate (che abbiamo citato anche fra gli eroi “sbagliati” perché le due categorie si intrecciano spesso) o il padre e la madre ignoranti e disperati di Sugarland Express, ma anche il DogMan senza speranza di Besson, un ragazzino massacrato dalla vita che mai avrà risarcimento, come il protagonista del sanguinario Monkey Man.
E se parliamo di militari, pensiamo ai due disturbati veterani di Senza lasciare traccia e Encouter (su Prime) e a tanti samurai antichi e moderni del cinema orientale. Se restiamo in ambito “guerrieri”, si può risalire nel tempo ed essere Spartaco, essere un Gladiatore, stanco di troppi combattimenti, di troppa morte.
Eroi stanchi, sovrastati da vite spese male e in cerca di redenzione, che finalmente trovano la forza di fare la cosa giusta, la scelta estrema. Forse in certi casi per evitare la stortura di certe vite sarebbe bastato poco.
Nel Mucchio selvaggio cavalcavano insieme.
Per parafrasare i Pink Floyd di The Wall sarebbe bastato che qualcuno li ascoltasse di più. Non è successo e sempre, quando hanno telefonato, nessuno ha risposto (“When i pick the phone, it’s nobody home”).
Pensiamo ai tanti spinti alle estreme conseguenze come Michael Douglas in Un giorno di ordinaria follia. Ed è un eroe Nicolas Cage in Pig, uomo solitario in cerca solo di pace che, come John Wick, il mondo proprio non vuole lasciare in pace?
Altrettanti con coerenza esemplare hanno deciso di pagare il prezzo, consci che il Sistema mai avrebbe capito (L’evaso con la sublime abbinata Delon/Signoret) e che una vita passata a scontare una pena ingiusta sarebbe stata insopportabile.
Finalmente liberi…
Meglio allora schiantarsi con la propria Dogde Challanger contro un bulldozer, meglio volare sopra un dirupo, farsi crivellare di proiettili. Un giorno forse avranno giustizia, il mondo forse capirà. “Ma non adesso, non ora…”.