Gli eroi sbagliati e il cinema – Articolo

Gli eroi sbagliati che il cinema ci ha raccontato sono eroi anche se sono dei fuorilegge, anche se sono “cattivi”, e non importa perché?

Quante volte abbiamo sperato che un “cattivo” se la cavasse e abbiamo tifato perché in un inseguimento in auto l’eroe negativo riuscisse a scappare, che l’auto della Polizia finisse fuori strada, che in una sparatoria il protagonista, colpevole, restasse illeso. Quante volte abbiamo gioito per l’astuzia con cui un personaggio non del tutto limpido la faceva franca.

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I due bellissimi protagonisti di Gangster Story il film su Bonnie e Clyde, film del 1967.

Ci eravamo anche interrogati sul tema “poliziotto buono e poliziotto cattivo”, tipo di professionista che nel caso di interazione con noi ci auguriamo sia “buono” ma che in letteratura e su schermo amiamo molto nella sua versione “nera” (come si nota dal gradimento di tanti polizieschi non del tutto ortodossi).

E così era stato battezzato il genere nato nell’ambito della letteratura “gialla”, dove il protagonista era un delinquente che però alla fine non solo la faceva franca, ma ci portava a tifare per lui, mentre nei decenni precedenti personaggi negativi anche se seducenti finivano inevitabilmente per pagare il fio delle loro colpe.

L’esempio letterario più clamoroso è Parker, criminale incallito disposto anche all’omicidio, privo di una coscienza almeno per come comunemente intesa. Era stato creato nel 1962 da Richard Stark, pseudonimo dietro cui si nascondeva Donald E. Westlake, uno dei migliori giallisti del ‘900, che aveva perfino modificato il suo stile per scrivere le avventure di questo cinico personaggio, moralmente assai discutibile.

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Mel Gibson, nei panni di Porter/Parker, personaggio creato dallo scrittore Richard Stark.

Sotto diverso nome, per volontà di Westlake, è stato protagonista di sette film (due tratti dal primo libro The Hunter, lo splendido Point Black con Lee Marvin e Payback con Mel Gibson). Ma infinte sono le sfumature di nero (e non parliamo di quelle sessual/romantiche dei romanzi di E. L. James), che mettono la Legge a dura prova, perché talvolta la violenza sfuma nella vendetta, che però anch’essa è ripudiata dal Sistema (un esempio recente, il film Silent Night con Joel Kinnaman, diretto da John Woo, uno che se ne intende).

Chi ammazza per difendere la propria famiglia per la legge faticherà a venire assolto, per alcuni di noi ne aveva tutto il diritto (argomento scottante che riguarda anche la difesa dei propri beni, della propria casa), chi anche dopo anni vendica dolorosi lutti o feroci soprusi può finire in galera a sua volta, ma può entrare nei nostri cuori.

Ci sono personaggi amatissimi come Dexter, uno che ammazza assassini impuniti, rimediando all’incapacità della Legge. Quanto bene volevamo a Tony Soprano, pur messi a dura prova da sempre nuove escalation di orrore, perché capivamo che “il fine giustifica i mezzi”? E i rapinatori de La casa di carta, divenuti eroi internazionali perché rubavano alla Zecca dello Stato che è il più ladro di tutti?

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In senso di Dexter per il sangue.

Non parliamo poi del disperato Professor Walter White di Breaking Bad, interpretato da Brian Cranston che poi ci ha dato un altro personaggio assai discutibile, in Your Honor. E quanto ci siamo appassionati al gelido Jason Bateman, il contabile costretto a incredibili contorsioni morali in Ozark. Abbiamo amato il biondo e tatuato Jax pressato dalla responsabilità della sua banda di motociclisti assassini in Sons of Anarchy.

E con quanta passione abbiamo seguito gli “eroi” sanguinari di Peaky Blinders, serie che ha dato fama a Cillian Murphy prima di Oppenheimer? Ci è piaciuta molto la ferocissima killer anaffettiva che ha rivelato l’attrice Jodie Comer nella serie Killing Eve e non dimentichiamo che tanti personaggi di Romanzo criminale e Gomorra sono divenuti veri eroi popolari.

Non sono proprio buonissimi nemmeno i protagonisti di Fast and Furious almeno all’inizio della saga, o i tanti appartenenti a vari corpi speciali che, tornati alla vita civile, a fare le persone normali ci provano ma vengono spinti dal destino a riprendere le armi con effetti devastanti per chi improvvidamente li ha risvegliati (Io vi troverò, John Wick, Io sono nessuno, The Equalizer, Man of Fire, con protagonisti tutti amati dal pubblico).

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I temibili Peaky Blinders nella Dublino dei primi decenni del ‘900.

Ci chiedevamo negli anni ’60 se Bond fosse “buono o cattivo”? Era semplicemente spietato per fare bene il suo mestiere. Su Harry Callaghan nemmeno apriamo la discussione, che già la letteratura è corposa.

Trasferendoci nel fantastico, come non amare incondizionatamente gli psicopatici di The Boys (tutte le stagioni su Prime), fra i più sanguinari personaggi mai visti, sprovvisti di qualunque senso morale, o il Kilgrave così glamour interpretato da David Tennant in Jessica Jones. Loki lo amano grandi e piccini.

Perfino una categoria nata come essenza di pura malvagità, quella dei vampiri, è stata rivalutata, romanticizzata da qualche decennio, portandoci a tifare per i “succhiasangue” (dal Dracula di Coppola a Intervista col vampiro e a True Blood). E una serie “western” come Yellowstone, con lo spietato latifondista Kevin Costner, ha avuto tanto successo proprio per la splendida galleria di personaggi tutti negativi, tutti diversamente disturbati e criminali.

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Uno dei “cattivi” più amati, Tony Soprano, mafioso in psicanalisi.

Questo grazie anche alla scrittura di Taylor Sheridan, autore anche della nerissima serie tv Mayor of Kingstown, con meccaniche simili a molte serie sopra citate. Il Western in generale è un genere che è stato molto rilanciato, dopo anni di appannamento, proprio perché allude al famoso “no trespassing”, per cui per difendere la proprietà prima si imbraccia il fucile e poi si parla.

Tanti pistoleri solitari di infiniti western sparavano solo più in fretta, talvolta per difendere i più deboli (nella storia vera molti di loro sono diventati sceriffi), basta questo per farne eroi passati alla storia (quella vera e quella del cinema)? Certo per ogni malvagio si può trovare una giustificazione, dipende dall’appeal del personaggio, dall’entità dei suoi crimini.

In fondo perfino in Scarface un po’ spiace vedere Al Pacino/Tony Montana finire così, con tutto quello che aveva passato per arrivare dove era e chi lo circondava era anche più feroce di lui. Ma Jefferey Dhamer poteva avere avuto una infanzia di abusi, e spiace per lui, ma nessuno ha mai avuto voglia di vederlo scampare alla galera (ma un poco di pena la faceva Kevin Bacon, in The Woodsman).

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Anche di spalle, Charlie Hunnam in Sons of Anarchy incuteva rispetto.

Certe volte, nella finzione, la sintonia con il lettore/spettatore dipende anche appunto dai crimini, quelli a sfondo sessuale imperdonabili. E anche le stragi di guerra, il terrorismo più spietato sono più difficilmente “empatizzabili”.

Restando in ambiti meno impegnativi, in Heat tifavamo per De Niro o per Pacino? Bonnie e Clyde o il Texas Ranger Hamer, Billy the Kid o Pat Garrett? E interroghiamoci, chiediamoci il perché. La risposta potrebbe rivelarci della nostra personalità molto più di una seduta con lo psicologo. Ovviamente la bravura della scrittura sta nel renderci complici e solidali, costruendo personaggi capaci di toccare più corde possibili.

Tutto questo potrebbe esserci tolto, perché non è più ammissibile che un colpevole la passi liscia, che si tifi per un “eroe sbagliato“, per uno “scorretto”, cioè un criminale. Che va sacrosantamente castigato, perché così “non si fa” (immaginiamo i tanti ditini che si agitano insieme). Quindi forse anticipando “l’indinniazione” dei social, l’auto-censura delle case di produzione sta già facendo danni.

karl urban jack quaid laz alonso tomer capone kaern fukuhara

The Boys, eroi o psicopatici, vendicatori, giustizieri, o salvatori del mondo?

Forse oggi anche i due sublimi protagonisti della Stangata non la passerebbero liscia e chissà, anche Robin Hood susciterebbe qualche smorfia di disapprovazione. La conclusione di alcune serie tv molto note ci ha insospettito e ci ha fatto temere una deriva moralistico/educativa.

Mentre paradossalmente la bacchettona Disney ha iniziato da tempo un percorso di ripresa dei personaggi negativi, costruendo loro un background giustificativo. Per questo motivo ci ha piacevolmente sorpreso lo spiritoso noir Hit Man, che ha osato una conclusione davvero “immorale”.

Resta che sarebbe paradossale che fosse il cinema a tornare a una forma di Codice Hays, censurando certi messaggi, mentre governi e politici di tutto il mondo continuano serenamente a compiere uccisioni e stragi, a incarcerare, avvelenare, rubare e mentire senza il minimo scrupolo.

Pubblicato da Giuliana Molteni

Vado al cinema dalla metà degli anni ’50 e non ho mai smesso. Poi sono arrivate le serie tv.