Firebrand – L’ultima regina – Recensione

Firebrand – L’ultima regina racconta gli ultimi momenti del matrimonio fra Catherine Parr e Enrico VIII, il re Barbablù, il secondo della dinastia Tudor.

Siamo nel 1546, Enrico VIII, il re dal “divorzio” facile, è sposato con Catherine Parr. Lei è la sesta moglie, delle altre cinque due sono state ripudiate, una è morta di parto e due sono state decapitate con vari pretesti.

La donna, di nobile origine, andata in moglie per la prima volta all’età di 17 anni, due volte già vedova, si è sempre fatta carico dei figli di Enrico rimasti orfani dai matrimoni precedenti, due femmine, Mary, figlia di Caterina d’Aragona, Elisabeth, nata da Anna Bolena, e un maschio Edward, nato da Jane Seymour.

La narrazione del film Firebrand – L’ultima regina si concentra sulla fine del rapporto fra il re spietato, un vero Barbablù nel privato, despota assoluto nel pubblico, e una moglie obbligatoriamente soggetta ma non doma. Catherine infatti, pur cattolica, comprende e in parte abbraccia alcuni dei principi del protestantesimo, religione messa al bando per le sue innovazioni.

Come in tanti altri momenti della storia umana, la questione religiosa era sfruttata per effettuare purghe spietate nei confronti di avversari di vario genere, di semplici dissidenti e ribelli delle classi più umili, brandita come un’arma per sterminare qualunque opposizione, spesso strumentalmente.

Rari gli attimi di normale intimità se il marito è il Re Enrico VIII.

Catherine cercava di dare invano un erede al suo re, di cui diventare poi tutrice legale fino alla maggiore età. Perché la salute di Enrico era pessima ed era chiaro che non sarebbe durato a lungo, afflitto da gotta e diabete, malattie che gli provocavano profonde piaghe nelle gambe, che lentamente gli infettavano il sangue.

Catherine però rischia grosso, avvicinandosi troppo agli “eretici” e tenendo troppo vicino a sé alcuni amici del casato dei Seymour, cui apparteneva Jane, la madre morta di Edward. A sua volta inquisita e a rischio di tortura e rogo grazie alle trame di corte, arriverà a un passo dalla fine.

Il film, diretto da Karim Aïnouz, di cui ricordiamo il bel La vita invisibile di Euridice Gusmao, è tratto da libro Queen’s Gambit di Elizabeth Fremantle. E propone un ritratto di Parr in parte compatibile con la lettura che alcuni studiosi hanno fatto della sua vita, in linea di massima una donna colta e anche troppo civile per i suoi tempi, morta giovane ma di morte naturale (in seguito ad una tardiva gravidanza ma almeno non ammazzata).

Alicia Vikander mentre tenta di rabbonire Jude Law.

A lei si deve inoltre l’educazione (“siberiana” per necessità di sopravvivenza) di due future regine, Mary ed Elisabeth. Accurata ricostruzione dell’ambiente, quanto a scenografia, costumi e illustrazione dello stile di vita del momento, con l’ormai consueta attenzione ai dettagli più disgustosi di quei tempi.

Che dipendevano dall’estrema sporcizia, dalla mancanza di igiene dovuta all’ignoranza, con le malattie e le piaghe purulente e puzzolenti di Enrico, e l’atmosfera avvelenata, oltre che dai miasmi della peste a Londra, dalle feroci purghe dei dissidenti. Oggi ripercorrendo quei tempi, nulla viene edulcorato, a differenza che nelle rappresentazioni del passato, come già si era notato in L’ultima favorita di Yorgos Lanthimos.

Non stupisce che Elisabetta (affidata a Junia Rees), qui tredicenne, che fa da voce narrante e sguardo esterno sugli eventi, sia poi diventata Regina di leggendaria durezza, come abbiamo visto nei molti film che l’hanno vista protagonista fra cui i due di Shekhar Kapur, Elizabeth ed Elizabeth The Golden Age, oltre che i due film con Bette Davis (1939 e 1955) e la miniserie del 2005 con Helen Mirren.

Jude Law, un Enrico VIII di straordinaria violenza.

Incolore e poco espressiva Alicia Vikander, sempre assai ben addobbata. Nel cast di contorno molte facce note fra cui si riconoscono in special modo Erin Doherty, Eddie Marsan e Sam Riley, pur afflitto da barba d’epoca. A giganteggiare è Jude Law, disgustoso, feroce, spaventoso, in una coraggiosa caratterizzazione larger than life. In questo ottimo secondo atto della sua carriera, lo abbiamo di recente apprezzato in The Order e in Eden.

Karim Aïnouz si inventa però un finale storicamente falso e del tutto fantasioso (c’è di mezzo anche una collana compromettente come quella di Milady) per lanciare un messaggio in nome della “sorellanza”, neanche fossimo in un prodotto della bistratta Ditta Disney.

Perché sembra che oggi non si possa raccontare una storia del passato se non attualizzandone le figure femminili, in modo spesso assurdo (le donne in certi periodi storici non potevano azzardare la minima reazione autonoma, senza finire malissimo).

Una brava moglie deve accudire il marito malato fino alla fine.

Qui si vuole confermare la forza di carattere di Catherine, che nella realtà è stata sì una donna di grande carattere e degne intenzioni (anche prima donna a riuscire a far stampare due libri con il suo nome), ma non ha certo potuto sottrarsi all’autorità assoluta del feroce coniuge.

Questa tendenza ad attualizzare tutte le figure femminili della storia passata, attribuendo loro un potere che in realtà non possedevano, è anche diseducativa oltre che fasulla. Resta che tanti sono stati i film che hanno raccontato la storia di casati, re e regine, capaci di rendere appassionanti vicende che sui banchi di scuola fanno invece assopire gli studenti.

E quindi in questo senso Firebrand assolve al suo compito informativo, pur con qualche infedeltà, ma per controllare basta aprire Santa Wikipedia. Il film è stato visto a Cannes nel 2023 e arriverà venne sale solo adesso, distribuito da Vertice 360.

Su Enrico e le sue mogli sono stati realizzati moltissimi film, ne ricordiamo solo alcuni: Le sei mogli di Enrico VIII, La regina vergine, Un uomo per tutte le stagioni, Anna dei mille giorni, Tutte le donne del Re, Enrico VIII, L’altra donna del re.

Fondamentale la serie tv I Tudors che tanta gioia ha dato agli amanti del feuilleton, e anche la trilogia tratta dai libri di Philippa Gregory. Enrico ha avuto la faccia di Charles Laughton, Robert Shaw, Richard Burton, Charlton Heston, Eric Bana e perfino Homer Simpson.

Si conferma così l’enorme appeal delle vicende della dinastia Tudor, che sono arrivate fino ai giorni nostri con la serie The Crown, e dopo altri film sui discendenti di questo casato (Diana Spencer compresa), dei quali per ora l’ultimo è la quasi-soap William e Kate, ben altre vicende e ben altri toni, per fortuna, rispetto agli albori della spietata famiglia.

Scheda tecnica:

Regia: Karim Aïnouz

Cast: Alicia Vikander, Jude Law, Junia Rees, Ruby Bentall, Erin Doherty, Simon Russell Beale, Eddie Marsan, Sam Riley

Distribuzione: Vertice 360

Genere: storico, drammatico

Pubblicato da Giuliana Molteni

Vado al cinema dalla metà degli anni ’50 e non ho mai smesso. Poi sono arrivate le serie tv.