Finalmente l’alba, è il “tutto in una notte” di una ragazza che nel dopoguerra romano cerca di guadagnare qualche soldo come comparsa a Cinecittà.
Siamo a Roma, la Roma dell’immediato dopoguerra, dove la gente del popolo cerca con dignità di restare a galla, mentre i soliti felici pochi se la cavano come sempre.
E per una povera famiglia di proletari, sposare bene le proprie figlie è il traguardo supremo, da conciliare con la sopravvivenza però.
Due sorelle, reclutate dal solito viscido traffichino, arrivano a un provino a Cinecittà, dove si sta girando il solito colossal che implica il reclutamento di tante comparse.
Il che faceva accorrere frotte di morti di fame che per pochi soldi e un cestino per il pranzo si mettevano in mutande senza problemi. Le ragazze si dovevano spogliare un po’ di più e Mimosa, la sorella minore, si nega e per questo non viene presa.
Il divo seduttivo e la ragazza del popolo.
Ma si incapriccia di lei la diva del film, un’attrice americana di gran fama, seppure un po’ in discesa, che se la trascina appresso per una notte di mondanità. Mimosa è una ragazza avveduta e rassegnata, pure fidanzata con uno che non le piace, non ha grilli per la testa e si rende conto di essere il giocattolo di una sera.
Per di più la nottata si svolge sotto la cappa di una notizia che si era diffusa in precedenza, il ritrovamento del cadavere di una giovane donna proprio sulla spiaggia vicina alla villa della festa.
Ciò non ostante Mimosa, per una serie di circostanze fortuite, ricava dalla nottata le sue soddisfazioni, anche se le luci dell’alba rimetteranno tutti al loro posto di partenza.
La diva arenata sulle sponde del Tevere.
Il fatto di cronaca nera si riferisce al caso Montesi, grosso scandalo degli anni 50/60 che in Italia è diventato pretesto per varie faide politiche, mentre a nessuno importava come veramente fosse morta la giovane aspirante attricetta di umili origini.
Più che questa citazione, in Finalmente l’alba, scritto e diretto da Saverio Costanzo, conta la ricostruzione accurata di un mondo che non esiste più.
Quel mondo che gravitava fra la Cinecittà dei peplum e i salotti mondani dove una nobiltà decaduta cercava di restare a galla, assediata da “pescecani” di varia natura tutti intenti a spolpare il più debole, parassiti dell’ambiente, profittatori di ogni genere.
Alba Rohrwacher è un’Alida Valli poco somigliante.
Tutti si agitavano alla ricerca di un posto al sole per pochi, dove le ragazze del popolo in cerca di un miglioramento offrivano quello che nei secoli è stata la merce di scambio più immediata.
Ma la protagonista del film, con sano buonsenso, riuscirà ad aggirare gli ostacoli, come una fortunata Alice in un paese che di meraviglioso ha ben poco.
Non sempre devi obbligatoriamente diventare una preda, metafora che emerge dalla presenza incombente di un leone che si aggira nella zona, fuggito da una gabbia di Cinecittà.
La vera vittima, Wilma Montesi.
Nel film si allude a qualche personaggio noto, la diva interpretata da Lily Allen potrebbe essere Linda Christian, qualcun altro è invece citato con precisione, come Alida Valli (Alba Rohrwacher) e Piero Piccioni (l’attore Gabriele Falsetta).
L’attor giovane belloccio ma in cerca di legittimazione artistica è interpretato da Joe Keery, visto da poco nell’ottima quinta stagione di Fargo. Willem Dafoe è un ineffabile faccendiere d’arte e recita deliziosamente in italiano.
Finalmente l’alba non prende subito la sua direzione e resta più godibile per il quadro iniziale dell’ambiente cinematografico di quel momento storico molto particolare, dove tutto era set, che fosse l’antico Egitto o la villa dei corrotti, e si chiude con una nota surreale che inevitabilmente sarà definita” sorrentiniana”, chi vedrà capirà.
Claire Bebawi, protagonista del famoso “omicidio della Dolce vita”.
Costato circa 30 milioni di euro che si vedono nella ricostruzione dell’ambiente, negli arredi e nei costumi, convince meno nell’intreccio fra finzione e realtà, in cui mescola personaggi realmente esistiti ad altri di fantasia.
L’alba arriva finalmente per completare il piccolo viaggio di formazione di una giovane donna che per tutto il tempo chiede di “tornare a casa”, dal suo piccolo “on the Road” Roma/Cinecittà/Capocotta in cui si dipanerà anche la sua educazione “sentimentale”.
Da donne ci chiediamo, sposerà o non sposerà il goffo, poco attraente fidanzato imposto dalla famiglia, il “buon partito” che però potrebbe garantire la stabilità? Ed è così desiderabile la stabilità e a che prezzo?
Hayden Panettiere ha interpretato Amanda Knox.
A questa narrazione, insufficiente a reggere un film, Costanzo aggiunge il ripescaggio del vecchio scandalo, che riempie ancora pagine su Google e non è detto che possa aver fatto piacere a tutti gli eredi dei personaggi allora coinvolti, anche se mai dichiarati colpevoli.
La cronaca nera ha fatto da spunto per numerosissimi film qui e all’estero, anche se in Italia, tranne rarissime eccezioni, mancano i serial killer, fonte infinita d’ispirazione per i paesi anglosassoni e orientali.
Mettendo anche da parte Mafia, Camorra e Ndrangheta, negli anni ‘60 era stato Carlo Lizzani a darci due film come Banditi a Milano (sulla Banda Cavallero) e Svegliati e uccidi, sul rapinatore Lutring.
Scamarcio è “Renatino” in Le verità sta in cielo su Emanuela Orlandi.
Il delitto Bebawi, definito “omicidio della Dolce vita”, avvenuto nel 1964, storiaccia di corna per cui non ha pagato nessuno, è stato trattato in due film tv (1983 e 1996). Il caso Graziosi, del 1891, con Alessandro Haber, raccontava la morte della moglie del pianista Arnaldo Graziosi, caso fumoso e mai davvero risolto.
Nel 1999 è uscita su Rai 1 la serie tv Morte di una ragazza perbene, ispirata all’omicidio di Marta Russo. Matteo Garrone con L’imbalsamatore e Dogman ha ripercorso due atroci fatti di cronaca nera. Il film Percoco – Il primo mostro d’Italia raccontava una storia nerissima ma poco nota, avvenuta degli anni ’50.
L’americana Hayden Panettiere è stata Amanda Knox in un film del 2011, critico con il sistema legale italiano, mentre nel 2021 Marco Tullio Giordana dirige Yara, sull’uccisione della Gambirasio, di cui è stato giudicato colpevole Massimo Bossetti, condanna molto discussa.
L’arrampicatore sociale Franco Percoco.
Il tristemente noto delitto del Circeo è stato trattato in tre film (due del 1976 e il più recente nel 2021, La scuola cattolica) e in due serie tv, di cui una recente su Paramount +. Un altro caso assai dibattuto è stato il delitto di Garlasco, sul quale sono stati girati molti documentari e speciali tv.
La Rai ha prodotto una serie tv sulla morte di Elisa Claps, scomparsa del 1993, il cui cadavere è stato ritrovato 17 anni dopo nel sottotetto di una chiesa. L’incredibile vicenda della Bestie di Satana ha prodotto il film In nomine Satan del 2012 (e anche un podcast e uno spettacolo teatrale).
E che dire della povera Emanuela Orlandi, la cui mai risolta scomparsa è stata soggetto di due film (uno di Roberto Faenza, La verità sta in cielo) e una docu-serie su Netflix. Che, visto il gradimento del pubblico per il genere crime, riproposto anche in infiniti podcast, sta realizzando Il Mostro di Firenze, per la regia di Stefano Sollima, fresco del successo del suo film Adagio.
Simonetta Cesaroni, vittima di un delitto mai risolto.
È in arrivo Avetrana – Qui non è Hollywood sul delitto di Sara Scazzi, su Disney +, su Sky andrà La città dei vivi sull’uccisione di Luca Varani, Cattleya sta producendo due miniserie, sulla strage Erba e sul mai risolto delitto di via Poma.
Ai bambini per farli addormentare si raccontano le “bed time stories”, gli adulti pare preferiscano guardare storie di malvagità, di crudeltà, di efferatezze, forse per consolarsi, accoccolati su un comodo divano, pensando che tanto a loro non succederà mai. Ma chi può avere la certezza.
Scheda tecnica:
Regia: Saverio Costanzo
Cast: Rebecca Antonaci, Lily James, Willem Dafoe, Gabriele Falsetta, Rachel Sennot, Joe Keery
Distribuzione: 01 Distribution
Genere: drammatico